MASSAINI, Girolamo
– Nacque intorno al 1460 da Francesco di Iacopo di Antonio, verosimilmente nel territorio di Poppi (presso Arezzo); il nome della madre è sconosciuto.
Poco è noto della sua formazione. Entrato in religione in data ignota, frequentò l’ateneo pisano in un periodo compreso tra il 1480 e il 1493-94, prima in veste di studente chierico, poi come maestro di teologia e filosofia. A Pisa conseguì le lauree in arti e in diritto canonico e il 1° giugno 1482 fu nominato rettore della chiesa parrocchiale di S. Stefano da Calcinaia, presso Lastra a Signa, non lontano dalla città. In data imprecisata, verosimilmente dopo l’insegnamento pisano, si trasferì a Firenze, sua patria elettiva, dove frequentò gli alti prelati umanisti fautori del rinnovamento della Chiesa. Fu molto vicino a Roberto Pucci, fratello di Lorenzo (che fu cardinale dal 1513); tra gli amici più cari fu anche il medico e astrologo senese Lucio Bellanti. A fianco di R. Pucci il M. intrecciò rapporti con il mondo della stampa e assunse la cura redazionale degli Opera di L.B. Alberti. Il De commodis litterarum atque incommodis, il De iure, i Trivia, l’epicedio Canis e gli Apologi apparvero così per la prima volta uniti, con dedica a R. Pucci, nella silloge affidata per l’impressione al prete-stampatore Bartolomeo de’ Libri, che la concluse non prima del 1499 e non oltre il marzo 1502. Nell’epistola prefatoria a Pucci, unico testo del M. dato alle stampe in vita, egli fa cenno ai numerosi viaggi condotti per tutta la penisola alla ricerca dei manoscritti albertiani. Si tratta di un ricordo legato alla topica del genere, piuttosto che a esperienze realmente vissute, per quanto è certo che il M. si sia allontanato da Firenze sin dal gennaio 1499, seppur per brevi periodi, come provano documenti notarili. Tramite la collaborazione con B. de’ Libri e durante i frequenti spostamenti degli ultimi anni fiorentini, poté forse conoscere Marco Antonio Sabino da Imola, governatore dei conti Bolognini da Correggio, il quale firmò il carmen a chiusa del volume albertiano.
Dopo Firenze il M., grazie anche all’appoggio politico dei Pucci, trovò l’ambiente propizio all’avanzamento della carriera ecclesiastica nella Roma di Giulio II e di Leone X. Nel settembre 1503, in occasione del conclave che elesse Pio III, fece parte del seguito del cardinale Ludovico Podocataro insieme con Tommaso (Fedra) Inghirami e con Marco Antonio Regini da Feltre. Il 28 genn. 1505, già familiare di papa Giulio II, fu nominato protonotario apostolico, carica che ricoprì almeno sino al maggio 1512. Morto il Podocataro (25 ag. 1504), il M. trovò appoggi nei cardinali Galeotto e Sisto Franciotti, nipoti del pontefice, che lo designarono loro segretario e gli consentirono di accedere così a privilegi e pensioni anche a danno di esponenti di famiglie illustri di Firenze. Così accadde a Simone Rucellai, costretto a sborsare al M., a partire dall’11 febbr. 1513, la cospicua pensione annua di 40 ducati d’oro a titolo di indennizzo per la perdita di una rendita legata alla chiesa di S. Leonardo a Cerreto Guidi (presso Firenze), assegnata a Rucellai da Giulio II sin dal 1506. Il M. ottenne conferma di questa rendita da Leone X il 19 marzo 1513 in un documento che congiuntamente sanciva i suoi diritti nei confronti del chierico tedesco Balthasar Grumbach, in una disputa insorta a proposito di una prebenda nella diocesi di Magonza. Il 6 maggio dello stesso anno, grazie alla rinuncia ai benefici provenienti dalla chiesa di S. Giovanni alla Vena di Pisa, maturò il diritto a una nuova pensione annua di 10 ducati d’oro. Sempre grazie ai favori dei Franciotti, il 20 genn. 1516 fu autorizzato a riscuotere altre rendite dalla diocesi di Lucca; in seguito si procurò l’assoluzione da eventuali ammende per l’incompatibilità dei molti benefici acquisiti nelle diocesi di Salamanca, Palencia e Bergamo. Nel dicembre 1520 ottenne il titolo di canonico della chiesa di Adria, con annessi altri introiti dal Ferrarese, oltre alla cappellania perpetua della chiesa di Massa Fiscaglia.
A Roma il M. rimase in contatto con gli amici fiorentini, ma la fama di uomo colto si diffuse anche fuori dalla ristretta cerchia dei propri benefattori. Nel giugno 1507, da Roma, intrattenne rapporti epistolari con l’umanista Jacopo Gherardi, che era stato un protetto del cardinale Giacomo Ammannati Piccolomini (morto nel 1479) e suo referente negli affari stretti con le potenti famiglie degli Strozzi e dei Medici. Frequentò con assiduità la Biblioteca Vaticana, e nell’agosto 1514 il suo nome figura tra i testimoni di un prestito a favore del cardinale Lorenzo Pucci. Legato ai circoli degli umanisti che gravitavano intorno alla Curia, il M. entrò in rapporti con Celio Calcagnini, anch’egli protonotario apostolico e diplomatico estense, che nel 1519 lo menziona a fianco di Girolamo Aleandro, nominato da Leone X in quello stesso anno (27 luglio) prefetto della Biblioteca. Nella corte papale il M. destò un certo imbarazzo quando, nel 1512, gli fu richiesto dal cardinale Niccolò Fieschi di stendere un trattato, intitolato De conciliis (Biblioteca apost. Vaticana, Reg. lat., 392, autografo; Vat. lat., 3919), sui rapporti tra il pontefice e il concilio ecumenico.
Nell’imminenza del quinto concilio Laterano (1512-17), convocato a Roma, la dedica del manoscritto fu accolta con freddezza dal dedicatario. Le posizioni sostenute dal M., apertamente favorevoli a una profonda riforma della Chiesa (a partire dalla revisione del potere assoluto del vescovo di Roma e dei cardinali), tutta ricondotta al serrato confronto con le fonti evangeliche, storiche e patristiche; l’aspra critica rivolta alla scuola scettica, ad Aristotele e alla filosofia scolastica a vantaggio del messaggio di Socrate e di Platone; la polemica contro i nominalisti e contro la teologia dispensata nelle piazze da filosofastri domenicani e francescani; la preminenza del concilio, in cui sono presenti il papa, i patriarchi e i vescovi, espressione autentica dello spirito evangelico: questi e molti altri argomenti suscitarono a tal punto le ire dell’ala più tradizionalista della Curia da spingere il M. a redigere una nuova stesura.
Intorno al 1523 il M. ripropose la materia conciliare nel De conciliis et Ecclesiae statu monarchico et aristocratico, noto anche con il titolo di De statu et regimine Ecclesiae (Milano, Biblioteca Ambrosiana, P.238 sup., mutilo; I.228 inf.).
Rielaborò il testo originario, corresse alcuni errori, fornì prove ulteriori per corroborare le proprie tesi, intensificò l’apparato di fonti (che dà il polso delle vaste letture maturate a contatto con l’ambiente dell’umanesimo romano), inasprì gli attacchi sferrati ai canonisti e ai teologi degli Ordini predicatori, mutò dedicatario, rivolgendosi all’austero pontefice venuto dal Nord, Adriano VI, nel quale il M. ripose invano le proprie speranze di riforma.
Deluso e amareggiato, il M., che dal 1520 non aggiunse più alcun beneficio alla lista delle proprie dotazioni, nel 1527 ripiegò a Venezia, ospite del cardinale Lorenzo Campeggi, per fuggire la peste e il sacco di Roma.
A Venezia il M. morì nel 1527, dopo aver perso tutti i privilegi e i beni.
Fonti e Bibl.: Il diario romano di Jacopo Gherardi da Volterra, dal VII sett. MCCCCLXXIX al XII agosto 1484, a cura di E. Carusi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXIII, 3, pp. 5-155 passim; L.B. Alberti, Opera, Firenze [1499-1502 circa]; Id., Opere volgari, a cura di A. Bonucci, I, Firenze 1843, pp. CCXXXV-CCXL; C. Vasoli, Bellanti, Lucio, in Diz. biografico degli Italiani, VII, Roma 1965, p. 599; N.H. Minnich, G. Massaino: another conciliarist at the papal court, Julius II to Adrian VI, in Studies in Catholic history in honor of John Tracy Ellis, a cura di N.H. Minnich et al., Wilmington, DE, 1985, pp. 520-565; A. Verde, Lo Studio fiorentino 1473-1503: ricerche e documenti, IV, 3, Firenze 1985, pp. 1363-1366; L. Boschetto, Leon Battista Alberti e Firenze: biografia, storia, letteratura, Firenze 2000, p. 180; L. D’Ascia - S. Simoncini, Momo a Roma: G. M. fra l’Alberti ed Erasmo, in Albertiana, III (2000), pp. 83-103; G. Bertoli, Documenti su Bartolomeo de’ Libri e i suoi primi discendenti, in Rara volumina, 2001, n. 1-2, pp. 19-56; P. Tinti, Stampa e fortuna di Leon Battista Alberti nel primo Rinascimento, dissertazione, Università degli studi di Firenze, 2007; L. Böninger, Leon Battista Alberti in tipografia: le stampe del Quattrocento, in Leon Battista Alberti umanista e scrittore: filologia, esegesi, tradizione. Atti del Convegno internazionale, Arezzo… 2004, a cura di R. Cardini - M. Regoliosi, Firenze 2008, pp. 611-630.