LOMBARDO (Solari), Girolamo
Figlio dello scultore Antonio e di Adriana Vairà, fratello di Aurelio e Ludovico, nacque entro il primo decennio del XVI secolo a Ferrara, dove il padre fu scultore di corte dal 1506 fino a quando morì, nel 1516 (L.N. Cittadella).
Le uniche testimonianze note sulla formazione e l'attività giovanile del L. sono offerte da G. Vasari (IV, p. 514), secondo cui l'artista fu allievo di Andrea Contucci detto il Sansovino, del quale possedeva un taccuino con disegni di "alcune cose stravaganti e difficili d'architettura".
Vasari afferma poi (VI, p. 188) che il L., "d'età di trenta anni e con poco disegno", si perfezionò a Venezia presso Jacopo Tatti detto il Sansovino, "ancora che avesse inanzi lavorato di scultura alcune cose, essendo piuttosto uomo di lettere e di corte, che scultore; attese nondimeno di maniera, che in pochi anni fece quel profitto che si vede nelle sue opere di mezzo rilievo, che sono nelle fabbriche della libreria e loggia del campanile di San Marco".
Sono state avanzate diverse proposte di identificazione degli interventi del L. in queste due costruzioni, emblematiche dell'attività di Jacopo Sansovino alla guida di un gruppo di collaboratori impegnati nella realizzazione di sculture e ornamentazioni da lui disegnate. Si ritiene però che il L. abbia ricoperto incarichi di minore importanza rispetto ad altri assistenti del Sansovino, quali Danese Cattaneo, Tiziano Minio, Tommaso Lombardo e Alessandro Vittoria, ricordati da Vasari e da altre fonti.
Non è chiaro se il L. si trovasse a Venezia già prima dell'apertura dei due cantieri, avviati tra i tardi anni Trenta e i primi Quaranta, e non è nemmeno chiaro se Vasari (VI, p. 188) intendesse alludere ad altri lavori lagunari del L., affermando che "di marmo e di bronzo ha in Vinezia molte opere lavorato" (per attribuzioni al L., ora smentite, di opere erratiche in S. Maria dei Miracoli a Venezia si veda: Ceriana).
È stato proposto di riferire al L. e ai fratelli la base bronzea del cosiddetto Idolino (Firenze, Museo archeologico), realizzata poco dopo che tale reperto antico era stato ritrovato a Pesaro nel 1530 (Middeldorf).
Dal gennaio 1543 il L. è documentato nella basilica di Loreto (Grimaldi - Sordi, 1999, pp. 261 s.), dove già dalla fine del 1539 era operoso il fratello Aurelio, che aveva lavorato alla prima statua del ciclo dei dieci profeti, disposti sul rivestimento della S. Casa. Sono numerosi i compensi rilasciati al L. per l'esecuzione di quasi tutte le altre statue di quel ciclo, completato di due o tre pezzi da Giovanni Battista e Tommaso Della Porta, attivi a Loreto dal 1570.
Tali note di compenso nominano con precisione una sola delle figure eseguite dal L., quella del profeta Amos, menzionata nel 1579 (ibid., p. 281). Quella di Davide è ricordata incompiuta nel 1554 nel primo testamento del L., il quale chiedeva che, in caso di morte, venisse ultimata dal fratello Aurelio (Weil Garris, p. 94). Sia pure non unanimemente, la critica riconosce al L. anche quelle di Ezechiele, Zaccaria, Malachia, Daniele e Mosè, ammettendo un suo possibile intervento su quella di Geremia, riferita al fratello Aurelio.
Un documento lauretano del maggio 1560 informa che il L. aveva anche iniziato a lavorare una statua di Sibilla per la S. Casa (Grimaldi - Sordi, 1999, p. 268), sebbene l'intero ciclo delle dieci figure risulti eseguito dai Della Porta. Smentita dai documenti è poi l'affermazione di Vasari (IV, p. 279) circa l'intervento del L. sul riquadro istoriato della S. Casa con l'Adorazione dei magi, che lo storico aretino riferisce lasciato incompiuto da Andrea Sansovino, ma sul quale risulta invece aver lavorato Raffaello Sinibaldi da Montelupo nel 1533.
Nel 1550 compare nei libri contabili della basilica di Loreto anche l'altro fratello Lombardo, Ludovico (Grimaldi - Sordi, 1999, p. 265). Verso il 1552 i tre si stabilirono a Recanati, dove aprirono una fonderia per la lavorazione del bronzo e dove, morto Aurelio entro il 1565, il L. e Ludovico ottennero ufficialmente la cittadinanza nel 1566 (Scultori a Loreto…, p. 40).
Che Ludovico, nato probabilmente a Ferrara intorno al 1507-08, fosse bronzista provetto è riferito già da Vasari (V, p. 420), secondo cui "in simili cose di getto è valent'uomo" e "ha fatto in compagnia di maestro Girolamo in Roma molte altre cose". Oltre che per le opere eseguite coi fratelli, Ludovico risulta documentato alla corte papale nel 1546 per un faldistorio in ottone, nel 1559 per il basamento bronzeo di un busto di Cesare e, come fonditore della Camera apostolica, è menzionato nel 1570 per la realizzazione di cannoni, armi e rilievi decorativi (Bertolotti, 1885). È noto un busto con la sua firma nella collezione dei principi di Liechtenstein a Vaduz (Venturi). Morì tra il 1575 e il 1576.
Per la cappella del Ss. Sacramento nella basilica lauretana, tra il 1547 e il 1550 il L. eseguì, in parte coi fratelli Aurelio e Ludovico, un candelabro (perduto; altre fonti ne citano sei; secondo Vasari [V, p. 419] erano "alti tre braccia in circa, pieni di fogliami e figure tonde di getto tanto ben fatte, che sono cosa maravigliosa") e una cornucopia in bronzo, uguale a un'altra poi realizzata dal L. nel 1581 (Scultori a Loreto…, pp. 28, 30, 50).
L'operosità del L. alla basilica si interruppe temporaneamente nel maggio 1560, in concomitanza con l'impegno dei tre fratelli nel tabernacolo bronzeo dell'altare maggiore del duomo di Milano, che reca la loro firma e l'indicazione del donatore, il papa milanese Pio IV (Venturi, pp. 697-705). L'opera era stata progettata nel 1558 da Pirro Ligorio su richiesta del papa Paolo IV, che intendeva destinarla alla sua cappella privata nella residenza vaticana e che, rimasta sulla carta alla morte del pontefice, fu realizzata a cura del successore, che ne fece dono alla cattedrale di Milano (Benedetti).
Le otto scene dell'Incarnazione e della vita di Gesù raffigurate nel tabernacolo, alle quali sono ricondotti quattro modelli in terracotta (Scultori a Loreto…, p. 12 n. 42), vennero in gran parte replicate dal L. e dal fratello Ludovico nelle quattro porte bronzee del rivestimento della S. Casa, realizzate tra il 1568 e il 1576 (con saldi finali l'anno seguente; ibid., pp. 9-12, 14), e nel tabernacolo, anch'esso in bronzo, della cattedrale di Fermo, commissionato ed eseguito tra il 1570 e il 1571 (Raffaelli). Nella stessa cattedrale, è stato attribuito al L. e bottega il Monumento funebre di Orazio Brancadoro, morto nel 1560, localmente riferito ad Alessandro Vittoria (Davis).
Nel novembre 1573 la Municipalità di Ascoli commissionò al L. e al fratello Ludovico una monumentale statua in bronzo raffigurante il papa Gregorio XIII.
Il termine di consegna entro un anno fu però disatteso a causa della coeva e problematica lavorazione delle porte della S. Casa, oltre che per una malattia del L. e per la sopraggiunta morte di Ludovico. La statua fu quindi portata a termine entro il dicembre 1576 dal loro allievo Antonio Calcagni, sotto la guida del L., finendo poi distrutta nel 1798 (Scultori a Loreto…, pp. 12 s. n. 43).
Tra il 1582 e il 1583, coadiuvato dal figlio Antonio e dall'allievo Tiburzio Vergelli, il L. realizzò la statua in bronzo della Madonna col Bambino, sua ultima opera nota, posta sulla facciata della basilica di Loreto.
Il L. dettava le sue ultime volontà a Recanati nel gennaio 1584. Morì entro il giugno del 1589 (ibid., p. 13).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite…, a cura di P. Barocchi - R. Bettarini, IV, Firenze 1976, pp. 275, 279 s., 514; V, ibid. 1984, pp. 419 s.; VI, ibid. 1987, p. 188; S. Serragli, Nuova relatione della S. Casa abbellita, Macerata 1633, pp. 85-90; D. Calcagni, Memorie istoriche della città di Recanati, Messina 1711, p. 256; C. Cittadella, Catalogo istorico de' pittori e scultori ferraresi, delle opere loro con in fine una nota delle più celebri pitture delle chiese di Ferrara, I, Ferrara 1782, pp. 173, 188-191; A. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti nella Marca di Ancona, II, Macerata 1834, pp. 47-53, 73 s.; G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi, a cura di G. Boschini, I, Ferrara 1844, pp. 228-238; L.N. Cittadella, Documenti e illustrazioni riguardanti la storia artistica ferrarese, Ferrara 1868, pp. 189-201; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII, I, Milano 1881, p. 145; Id., Artisti bolognesi, ferraresi ed alcuni altri del già Stato pontificio in Roma nei secoli XV, XVI e XVII, Bologna 1885, pp. 75 s.; F. Raffaelli, Il tabernacolo di bronzo e il ciborio in marmo nella chiesa metropolitana di Fermo, in Arte e storia, IV (1885), 2, pp. 9-12; P. Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, II, Venezia 1893, pp. 221, 251 s.; G. Pauri, I Lombardi Solari e la scuola recanatese di scultura, Milano 1915; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 2, Milano 1936, pp. 683-719; U. Middeldorf, Notes on Italian bronzes, III, G., Aurelio and Lodovico Lombardi and the base of the "Idolino", in The Burlington Magazine, LIII (1938), pp. 251-257; G. Medri, La scultura a Ferrara, Rovigo 1957, pp. 102-111; K. Weil Garris, The S. Casa di Loreto. Problems in Cinquecento sculpture, I, New York-London 1977, pp. 92-102, 302 s., 318-337, 348; S. Benedetti, Un'aggiunta a Pirro Ligorio: il tabernacolo di Pio IV nel duomo di Milano, in Palladio, XXV (1978), 1, p. 62 n. 41; Scultori a Loreto. Fratelli Lombardi, Antonio Calcagni e Tiburzio Vergelli. Documenti, a cura di F. Grimaldi - K. Sordi, Ancona 1987, pp. 1-54; B. Boucher, The sculpture of Jacopo Sansovino, New Haven-London 1991, I, pp. 150 s., 273 s., nn. 63, 73; II, p. 335; M. Giannatiempo López, I Lombardi-Solari e la porta centrale di Loreto, in Le arti nelle Marche al tempo di Sisto V (catal.), a cura di P. Dal Poggetto, Cinisello Balsamo 1992, pp. 218-231; L. Arcangeli, La scuola cinquecentesca della scultura in bronzo, in Scultura nelle Marche, a cura di P. Zampetti, Firenze 1993, pp. 361-366; C. Davis, recensione a B. Boucher, The sculpture of Jacopo Sansovino [1991], in Kunstchronik, XLVI (1993), 7, p. 357; F. Grimaldi - K. Sordi, L'ornamento marmoreo della S. Cappella di Loreto, Loreto 1999, ad ind.; M. Ceriana, L'architettura e la scultura decorativa, in S. Maria dei Miracoli a Venezia. La storia, la fabbrica, i restauri, a cura di M. Piana - W. Wolters, Venezia 2003, p. 120 n. 415; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 342.