GIROLAMI, Girolamo
Nacque a Firenze da Salvi di Chiaro, appartenente al ramo dei cosiddetti del Chiaro della famiglia dei Girolami, verosimilmente intorno al 1255-60. La storia personale del G. deve essere inquadrata nell'ambito delle fortune politiche e sociali del suo casato, asceso nel corso della seconda metà del Duecento a livelli di rimarchevole importanza.
Secondo N. Ottokar "i Girolami appartenevano all'antica nobiltà cittadina" (p. 67) ed erano parte integrante dell'antico patriziato cittadino, possedendo, fra l'altro, in Firenze e nel contado, numerose case e torri; bisogna tuttavia distinguere due casati di questo stesso nome, o almeno due rami distinti dello stesso casato, residenti l'uno, il casato del G., a S. Pancrazio, nel settore occidentale della città; l'altro, che si professava discendente dell'antico vescovo Zanobi, in S. Pier Scheraggio. Sulla base di questa distinzione sembra si possa affermare la natura perfettamente popolana dei Girolami del Chiaro (si osservi che a suffragare la tesi di Ottokar soccorre solo la cronaca malispiniana, notoriamente discussa quanto ad autenticità), per i quali peraltro non si dispone di testimonianze documentarie anteriori alla seconda metà del secolo XIII, proprio allorché il G. compare tra i consiglieri nel 1278.
Partigiani dei Cerchi, esponenti del ceto popolano, i Girolami potevano vantare tra i loro membri la figura del frate domenicano Remigio, lettore a S. Maria Novella e fratello del padre del Girolami. Dino Compagni fa, eloquentemente, del ramo del Chiaro della famiglia un gruppo compatto che risponde al nome di "quelli di Salvi del Chiaro Girolami". Gli esponenti del casato appartenevano nella loro maggioranza all'arte della lana, sebbene vada ricordato che sono presenti anche nelle matricole dell'arte del cambio e dei giudici e notai. Come risulta in Ghibellini, guelfi…, questa famiglia è in assoluto quella che può vantare il maggior numero di priorati negli anni 1282-92: i Girolami avevano infatti avuto accesso dodici volte alla suprema magistratura comunale, e assai spesso in momenti cruciali della vita politica cittadina: con Salvi, padre del G., nel 1282, 1283, 1284, 1285, 1286, 1289, 1292; con Chiaro di Salvi nel 1287 e 1290; con Mompuccio di Salvi nel 1292 e 1293; con Guido del Chiaro nel 1290 e ancora nell'anno successivo; lo stesso G. ricoprì più volte la carica di priore.
In particolare il padre del G. aveva goduto in Firenze di grande prestigio: aveva partecipato all'impresa di Montaperti con un cavallo consegnatogli dal padre e nel Libro di Montaperti figura come "bandifer banderie Mercati pro sextibus Ultrarni et Porte Sancti Pancratii" (p. 15); ma ciò che conferisce maggior spicco alla sua carriera politica è la partecipazione al Collegio del primo priorato in qualità di rappresentante dell'arte della lana; già nell'aprile del 1280 era stato membro della magistratura dei Quattordici.
La prima attestazione dell'attività politica del G. risale, come abbiamo già detto, al 1278, quando prese parte a un consiglio cittadino. Nello stesso anno è citato tra i testi dello strumento di procura stipulato dal Comune di Firenze con gli umiliati, riguardante la vendita e la locazione di alcuni beni alla chiesa di Ognissanti.
Successivamente, nel 1280, fu tra gli "expromissores pro guelfis" per il sesto di S. Pancrazio nella pace del cardinal Latino, presenziando anche alla ratificazione della stessa pace e figurando tra gli "arringatores", dopo la pace, all'elezione dei Quattordici. Il 16 ag. 1286 fu presente come testimone in un atto di restauro e divisione del palazzo Tornaquinci; nel 1290 fu tra gli eletti dai Priori a riformare, con Dino Compagni e Geri del Cardinale, gli Ordinamenti della gabella (Consulte, I, p. 478). Nel 1296 è ricordato in alcune provvisioni come "operaio" di S. Reparata insieme con Tedice Manovelli.
Il G. ricoprì più volte la carica di priore, nel febbraio-aprile 1288, nell'aprile-giugno 1291, nel febbraio-aprile 1298 e quindi nell'ottobre del 1301. Gli interventi del G., insieme con quelli dei fratelli Chiaro e Mompuccio alle sedute dei Consigli cittadini ai quali prese parte, confermano l'impressione che l'intero casato fosse compattamente coinvolto nell'azione di sostenimento di una politica di forte intervento delle arti nel governo della città. A riprova di ciò osserviamo che il G. non partecipò più alle consulte fiorentine a partire dal 1295, e il fratello Chiaro a partire dal 1296: l'affermarsi del governo popolare determinò il calo dell'incidenza politica e sociale del casato, sebbene il G. fosse chiamato a far parte del Collegio dei priori nell'autunno del 1301. Con quel priorato, peraltro, la sua ascesa politica conobbe una fine drammatica, determinata dall'avvento di Carlo di Valois e dalla destituzione del Collegio, con il bando e la successiva fuga di numerosi membri del casato da Firenze: i Girolami furono infatti coinvolti nelle vendette dei neri come molte altre famiglie fiorentine.
Insieme con i fratelli Chiaro e Mompuccio - anch'essi esponenti di primo piano della vita politica cittadina - il G. fu inviato in esilio a Spoleto, da dove si allontanò poco dopo per recarsi a Venezia. Qui il G. e Mompuccio furono raggiunti dalla notizia che erano stati accusati in patria di essere stati i mandanti dell'omicidio di Buono di Baldo del "popolo" di S. Michele nel novembre del 1302. Tornati a Firenze nel tentativo di ribattere all'accusa, i due fratelli incontrarono sorti diverse: Mompuccio fu assolto, mentre il G. fu condannato al guasto e alla confisca dei beni, in favore per metà del Comune e per metà degli eredi dell'ucciso; è certo, tuttavia, che l'intera manovra fu tramata contro i due fratelli da Gherardo Bordoni, che approfittò dell'allontanamento del G. per impossessarsi delle sue proprietà.
Non abbiamo se non scarne notizie di dove queste fossero ubicate: in base al documento della provvisione proposta dai Priori in carica ai Consigli nel 1308 - per reintegrare il figlio del G., Filippo, nei beni paterni che erano stati confiscati -, si evince che parte dei possessi erano situati nel popolo di S. Stefano in Pane; inoltre un atto del 1298 attestava la vendita di terre poste nel popolo di S. Pietro di Campi congiuntamente operata dal G., Mompuccio e Chiaro Girolami, mentre nel 1299 il G. vendeva un terreno di 20 staia posto nel popolo di S. Lucia d'Ognissanti, confinante con beni dei suoi congiunti.
Niente sappiamo della sua vita nel periodo successivo al 1302: è verosimile che abbia impiantato, forse a Venezia, un'attività mercantile come quelle promosse da altre famiglie di esuli fiorentini. Conosciamo i nomi di quattro suoi figli: Filippo, Iacopo, Guido e Tessa; quest'ultima sposò Lottieri degli Adimari, e in seguito fu monaca domenicana con il nome di suor Francesca.
Il G. morì lontano da Firenze entro il 26 ott. 1308: in quella data infatti il figlio Filippo ne celebrò la memoria di fronte ai Consigli cittadini, chiedendo e ottenendo la restituzione dei beni ingiustamente confiscati nel 1302 e la sua riabilitazione.
Del figlio Iacopo, che dovette nascere tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, abbiamo alcune notizie desumibili dal Libro vermiglio… della compagnia fiorentina di Iacopo Girolami, Filippo Corbizzi e Tommaso Corbizzi. Precedentemente alla costituzione della compagnia è verosimile che Iacopo, come molti bianchi lontani dalla patria, abbia agito in direzione dello sviluppo di un'attività mercantile legata agli interessi di altre compagnie fiorentine impiantatesi Oltralpe, proprio negli anni in cui la Corte pontificia si era stabilita ad Avignone.
Nel 1332, proprio ad Avignone, fu costituita la società tra Iacopo e i cugini Filippo di Vanni e Tommaso di Ghino Corbizzi; entrambi appartenevano a un antico casato di popolani bianchi già residenti a Firenze nel popolo di Ss. Apostoli; nelle lotte cittadine degli anni intorno al 1300 avevano parteggiato probabilmente per i Cerchi, e, come la famiglia Girolami, erano stati costretti ad abbandonare la città d'origine.
Iacopo concorse alla formazione del capitale della compagnia con la somma di 2000 fiorini; pur non partecipando direttamente alla conduzione della società, della quale si occupavano i due Corbizzi, egli ne divideva gli utili. La clientela della compagnia era ampia e composita e assai intensa l'attività di relazione con altre compagnie commerciali fiorentine. Tra le attività in cui era coinvolta vi era lo sfruttamento di un pedaggio fluviale.
A seguito del coinvolgimento nel 1332 di Tommaso Corbizzi in un procedimento giudiziario, la società fu sciolta (6 ott. 1334) e Iacopo e Filippo Corbizzi ne crearono una nuova.
Iacopo morì il 3 ott. 1336. Il socio Filippo svolse le funzioni di esecutore testamentario, restituendo alla vedova Bartola la sua dote e provvedendo alla soluzione dei lasciti testamentari, operazione resa difficoltosa dall'atteggiamento di alcuni fra i debitori della compagnia che si rifiutavano di pagare. Alle spese per la sepoltura provvide il fratello di Iacopo, Guido.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Collezione genealogica Passerini, 188; Poligrafo Gargani, 978; Manoscritti Panciatichiani, 116, 13: (Descrizione fatta l'anno 1305 delle case e botteghe de' sesti di Borgo Ss. Apostoli, S. Pancrazio e Oltrarno, per cagione di gabellarle), pp. 300-302, 330, 357; D. Compagni, Cronica, a cura di I. Del Lungo, in Rer. Ital. Script., 2a ed., IX, 2, p. 22; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a cura di N. Rodolico, ibid., XXX, 1, p. 84; Delizie degli eruditi toscani, IX (1777), pp. 55, 81, 98, 108, 339; Il libro di Montaperti (anno 1260), a cura di C. Paoli, Firenze 1889, pp. 15, 298; Le consulte della Repubblica fiorentina dall'anno 1280 al 1298, I, a cura di A. Gherardi, Firenze 1896, p. 67; II, ibid. 1898, pp. 316 s.; Consigli della Repubblica fiorentina, a cura di B. Barbadoro, I, Bologna 1930, pp. 34, 70, 217, 237, 239; II, ibid. 1931, pp. 408, 696; A. Castellani, Nuovi testi fiorentini del Dugento, Firenze 1952, pp. 392, 464; Liber extimationum (Il libro degli estimi). Anno 1269, a cura di O. Bratto, Göteborg 1956, p. 62; Il libro vermiglio di corte di Roma e di Avignone del segnale C della compagnia fiorentina di Iacopo Girolami, Filippo Corbizzi e Tommaso Corbizzi. 1332-1337, a cura di M. Chiaudano, Torino 1963, passim (per Iacopo); Archivio delle tratte. Introduzione e inventario, a cura di P. Viti - R.M. Zaccaria, Roma 1989, p. 3; I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua cronica, II, Firenze 1880, pp. 24, 120, 138, 140; A. Sapori, La crisi delle compagnie mercantili dei Bardi e dei Peruzzi, Firenze 1926, p. 267 (per Iacopo); M. Chiaudano, Un contratto di società di mercanti fiorentini dell'anno 1332, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, LXV (1930), pp. 410-420 (per Iacopo); G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295…, Torino 1960, pp. 257, 297, 363, 393; R. Davidsohn, Storia di Firenze, III, Firenze 1957, p. 287; IV, ibid. 1960, pp. 36, 294-296, 452, 493 s., 885; VI, ibid. 1965, p. 840; A. Sapori, Una compagnia di prestatori fiorentini ad Avignone nella prima metà del Trecento, in Studi di storia economica, III, Firenze 1967, pp. 101-119 (per Iacopo); Z. Zafarana, Bordoni, Gherardo, in Diz. biogr. degli Italiani, XII, Roma 1970, pp. 521 s.; G. Pampaloni, Firenze al tempo di Dante. Documenti sull'urbanistica fiorentina, Roma 1973, p. 61; N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Torino 1974, pp. 38, 48, 66-68, 72, 80, 92, 97; Ghibellini, guelfi e popolo grasso. I detentori del potere politico a Firenze nella seconda metà del Dugento, a cura di S. Raveggi et al., Firenze 1978, pp. 163, 175, 195, 197, 228 s., 233, 245 s., 261, 283-286, 288, 297, 304, 308, 325; J.M. Najemy, Corporatism and consensus in Florentine electoral politics. 1280-1400, Chapel Hill, NC, 1982, pp. 44, 56-58, 70; E. Panella, Dal bene comune al bene del Comune. I trattati politici di Remigio dei Girolami nella Firenze dei bianchi-neri, in Memorie domenicane, n.s., XVI (1985), pp. 42-91 (p. 67 per Iacopo); Id., Quel che la cronaca conventuale non dice. Santa Maria Novella 1280-1330, ibid., XVIII (1987), p. 266; D. De Rosa, Alle origini della Repubblica fiorentina. Dai consoli al "primo popolo" (1172-1260), Firenze 1995, pp. 156, 193 s.; Rep. font. hist. Medii Aevi, V, p. 150 (per Iacopo).