GIACOBBI, Girolamo (Hieronimus Iacobus o Iacobbi)
Nacque a Bologna il 10 ag. 1567 da Bartolomeo e Virginia Accarisi. Di modeste condizioni, entrò fanciullo nel gruppo dei chierici della basilica di S. Petronio in Bologna per essere istruito gratuitamente, secondo la tradizione, nella grammatica e nel canto. Dal 30 genn. 1581 compare nelle liste della Fabbriceria di S. Petronio sotto il nome "Geronimino de Jacob" tra i chierici che sostenevano nel coro le parti di soprano e di alto, remunerato con un donativo straordinario annuale.
Iniziata nel 1584 la doppia carriera ecclesiastica e musicale, il G. fu ufficialmente iscritto nel ruolo dei cantori ordinari della cappella di S. Petronio. Nel 1589 fu ordinato sacerdote. Nel 1594 fu nominato promagister del maestro di cappella A. Rota, affiancandolo nella direzione dei complessi vocali e strumentali, mansione che mantenne anche dopo il 1598, quando P. Pisanelli subentrò al Rota.
Nel 1601 fu data alle stampe la sua prima raccolta di musica sacra Motecta multiplici vocum numero concinenda, liber primus (Venezia 1601; ora a cura di B.V. Gibelli - J.P. Ropa, Bologna 1962), dedicata al Senato bolognese e ai fabbricieri di S. Petronio, composta in uno stile polifonico austero di impronta palestriniana. Divenuto nel 1604 maestro di cappella in S. Petronio, mantenne l'incarico per l'intero arco della sua vita artistica. La sua presenza costituì un passaggio importante nella storia musicale della basilica, segnato, nel 1607, dall'ampliamento dell'organico musicale a 46 unità, e dalla conseguente emanazione di una normativa stampata che disciplinava l'attività liturgico-musicale.
Ascrivibile ai primi esperimenti di dramma in musica compiuti a Bologna, nel genere rappresentativo dei melodrammi fiorentini, è L'Aurora ingannata, quattro intermedi in musica su testi poetici del conte Ridolfo Campeggi composti per la pastorale Filarmindo, debutto del G. nel campo del melodramma.
L'opera fu rappresentata per la prima volta nel 1605 a Bologna in casa di M. Zoppio, sede dell'Accademia dei Gelati, in occasione delle nozze dei nobili Ferdinando Riario e Laura Pepoli, e successivamente pubblicata nel 1608 in forma autonoma sotto il titolo rinnovato Dramatodia, overo Canti rappresentativi… sopra l'Aurora ingannata (Venezia 1608; ristampa Bologna 1969).
Nel 1609 il G. affidò alle stampe la raccolta di composizioni sacre Prima parte de i salmi concertati a due, e più chori (Venezia) eterogenea commistione di stile drammatico, profano e polifonia sacra, dedicata al vescovo di Verona, che gli aveva offerto la direzione musicale nella cattedrale della città.
Le innovazioni, costituite dall'inserimento di elementi stilistici del concerto veneziano, sono documentate nella prefazione "Ai cortesi lettori" in cui il G. indica di accompagnare le voci con "un corpo d'instromenti per le parti che restano, come tromboni, viole, o simili" e di variare gli organici aggiungendo cori e strumentisti per la realizzazione dei ripieni "i quali tanto più riusciranno, quanto meglio saranno disposti in luogo convenevolmente distante dalli due chori principali"; pratica questa che verrà successivamente definita "cantar lontano".
Nel febbraio 1610, in occasione del carnevale, fu messa in scena L'Andromeda (Bologna, teatro della Sala; si è conservato solo il testo poetico), tragedia in musica su testo del Campeggi, considerato per le sue proporzioni "primo libretto di vero melodramma compiuto" (Solerti). Di quest'opera, analoga nella struttura all'Arianna monteverdiana, fu particolarmente apprezzata dai contemporanei l'aria di Perseo Io ti sfido, o mostro infame, rimarcabile per l'energia ritmica, e divenuta nota rapidamente in tutta Italia.
Anche fuori d'Italia le composizioni del G. ebbero una fortuna e un'attenzione non frequenti per l'epoca; a riprova, si può citare il mottetto a 5 voci Caro mea vere est cibus, pubblicato nella raccolta Promptuarium musicum di A. Schadaeus (Strasburgo 1612; copia del ms. si conserva nel Civico Museo bibliografico musicale di Bologna).
Nell'arco dal 1613 al 1623 il G. fece rappresentare a Bologna altre sue composizioni di genere profano nello stile monodico fiorentino: nel 1613 gli intermedi in musica Proserpina rapita del Campeggi; nel 1615 Amor prigioniero, favoletta piscatoria di S. Branchi, e la tragedia Tancredi (Campeggi). Nel 1617 musicò due azioni drammatiche, sempre su testi di Campeggi: Ruggero liberato e il Il Reno sacrificante. Le partiture di queste opere sono andate perdute, e la paternità delle musiche è testimoniata unicamente nei relativi libretti. L'attività di compositore melodrammatico si concluse nel 1623 con la rappresentazione de La selva dei mirti, su libretto di B. Marescotti (Bologna, teatro dell'Accademia dei Gelati).
Nell'ambito della produzione sacra il G. pubblicò nel 1615 Vespri per tutto l'anno a quattro voci con l'organo, e senza (Venezia) nella cui prefazione il compositore si dichiara appartenente all'Accademia bolognese dei Gelati, firmandosi con il nome accademico Imperfetto. Nel 1618, durante l'incarico di maestro di cappella nel neoeretto oratorio filippino, il G. affidò alle stampe la raccolta di musica sacra Litanie e mottetti da concerto e da cappella a due chori per la sanctissima Vergine (Venezia); le ultime due litanie della raccolta sono attribuite a D. Benedetti, allievo del maestro e cantore in S. Petronio.
Nell'Archivio della Basilica di S. Petronio sono conservati alcuni importanti manoscritti inediti del G., tra i quali Sanctissimae Deiparae canticum octo musicis tonis ecclesiasticis accomodatum, raccolta di otto magnificat a 4 voci datata 1628 (ms. CXXVIII), e due libri, senza data, di inni a 4 voci: Hymnorum liber primus e Hymnorum liber secundus (Ibid., mss. CVII e CVIII).
Attivo nelle accademie bolognesi dei primi del Seicento, il G., oltre che dell'Accademia dei Gelati, fu figura di spicco dell'Accademia dei Floridi, creata nel 1614 da A. Banchieri, e in cui furono valorizzati i nuovi canoni estetici di C. Monteverdi. Nel 1622 il G. fondò, nella sua dimora di S. Andrea degli Ansaldi, l'Accademia dei Filomusi, ricostituita dalla disciolta Accademia dei Floridi. Posta sotto il protettorato di s. Caterina di Bologna, questa accademia adottò il motto Voce dulcedine captant, nella continuità della visione monteverdiana. Tra i suoi componenti, oltre al Banchieri, lo stesso Monteverdi, affiliato come "accademico forastiero" nel 1627, anno in cui il sodalizio si sciolse.
La notizia della morte del G., avvenuta in Bologna il 13 febbr. 1629, è rintracciabile in una lettera indirizzata dal Banchieri a Monteverdi (A. Banchieri, Lettere armoniche, Bologna 1628).
Esponente di rilievo della scuola bolognese degli inizi del Seicento, all'interno della quale si riscontrano uno stile ibrido e un'incertezza di orientamenti estetici oscillanti tra il vecchio e il nuovo, il G. si ritaglia un'originale presenza tra gli iniziatori del melodramma. La sua produzione, in pochi anni copiosa e varia, si svolge prevalentemente sul percorso della favola pastorale di argomento mitologico, nella quale spesso le personificazioni avevano intenti celebrativi.
Nella Dramatodia, contemporanea alle prime rappresentazioni dei melodrammi mantovani di C. Monteverdi (Orfeo, 1607; Arianna, 1608), unica partitura sopravvissuta della sua produzione melodrammatica, il G. mostra di aver fatti propri i canoni stilistici del "Recitar cantando" fiorentino. L'opera, nella quale si colgono interessanti affinità testuali e musicali con l'Euridice (1608) di J. Peri e G. Caccini, e con Il rapimento di Cefalo e Aurora (1602) musicato da Caccini su un testo di A. Chiabrera, si presenta nella sua struttura come una lunga successione di recitativi accompagnati dal basso continuo, alternati ad arie monodiche. Risaltano le caratteristiche espressive del recitativo, sottolineate dall'ampio respiro del periodo, dove "c'è una cura costante nell'aderire con la melopea all'inflessione della parola declamata" (Vatielli). Lo stile patetico, chiaro riferimento monteverdiano, è presente nei brevi frammenti esclamativi che interrompono talvolta l'arco melodrammatico della frase.
Nel genere sacro, pur adottando uno stile polifonico rigoroso, privo di complicazioni armoniche, di evidente ascendenza palestriniana, il G. tradisce l'assimilazione dei modelli veneziani coevi, realizzando l'unione tra sonorità strumentali e vocali nello stile concertato.
Nei Salmi concertati il colorismo strumentale e il dialogo policorale ottenuti mediante un uso flessibile degli organici, l'alternanza ritmica e gli effetti di eco realizzati con ripieni posti in distanza, anticipano lo stile delle successive Sacrae symphoniae di G. Gabrieli.
Tra le sue composizioni sacre si ricordano, oltre a quelle già citate: Salmi della beata Vergine a 8 voci (Bologna, Oratorio filippino, ms. 26a); Invitatorio e salmi da morti a 8 pieni con messa a 4 per due cori a 4 voci (ibid., ms. 26b); quattro messe a 4 voci: Veni Creator Spiritus, Veni Domine, Cantante domino, Sine nomine (Bologna, Arch. della Basilica di S. Petronio; copia ms. del 1659); Litanie a 4 e 5 voci, in L. Calvi, Rosarium litaniarum, Venezia 1626.
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