FOSCHI (Fosco, Fusco), Girolamo
Nacque a Faenza da nobile e antica famiglia, presumibilmente intorno al 1444, come lascia supporre il suo ingresso nell'Ordine dei servi di Maria (non consentito prima del venticinquesimo anno di età) nel 1469 circa.
Dal marzo 1469 soggiornò a Bologna, dove, nel 1472, conseguì il titolo di maestro di teologia. Singolarmente dotato nell'apprendimento delle lingue e nell'oratoria, fu ben presto destinato all'insegnamento e alla predicazione. Oltre alla conoscenza del greco, del latino e dell'ebraico, acquisì infatti quella del francese, dello spagnolo, del portoghese e del tedesco.
Nel 1481 fu maestro dei professi nel convento della Ss. Annunziata di Firenze e, sempre nello stesso anno, partì per un pellegrinaggio al S. Sepolcro. Rientrato nel 1482, fu designato dall'Ordine come predicatore presso la cattedrale di Viterbo e nel 1485, nel capitolo generale di Vetralla, venne eletto segretario dell'Ordine. Di lì a poco iniziò la sua attività di visitatore all'estero.
Nel 1487, su delega del priore generale A. Alabanti, partì per la Germania in qualità di vicario generale per presiedere il capitolo provinciale. Suo compito specifico era quello di visitare i conventi della regione per promuovere l'osservanza della regola; la bolla papale Apostolice Sedis intuitus del 27 maggio 1487 riconfermava tale regola e i maggiori privilegi già concessi all'Ordine. Bolla, regola ed elenco dei privilegi divennero così il documento ufficiale dell'Ordine che, sotto il nome di Mare magnum, fu diffuso in tutti i conventi.
Da un passo autobiografico presente nel Tractatus de septem vitiis (f. 40) si sa che il F. nel 1488 soggiornò a Lipsia per visitare lo studio generale dell'Ordine. Era probabilmente sulla via del ritorno in Italia, quando si fermò a Colonia, dove esisteva un convento di serve di Maria, ancora sprovvisto dell'importante documento: è verosimile che il F., quindi, proprio in questa circostanza abbia personalmente eseguito la trascrizione del Mare magnum attualmente conservata alla British Library di Londra (Add.Mss., 18927) e che, eseguita a Colonia nel 1488, risulta tutta di mano del F., come afferma la sottoscrizione finale.
Rientrato in Italia per l'inizio del capitolo generale di Bologna (25 maggio 1488), il F. fu dallo stesso designato al nuovo e importante compito di diffondere l'Ordine nella penisola iberica. Nel 1489, infatti, lo si trova a predicare la quaresima a San Giacomo di Compostella. Nel 1493, in qualità di inquisitore della diocesi di León e Valencia, fu indotto, sia per ufficio, sia per le pressioni del primo inquisitore di Spagna Franciscus de Sprat, ad affrontare in pubblica disputa il rabbino Laban Abbaton, per contrastarne "le virulente macchinazioni e le sottigliezze blasfeme ordite contro i cristiani e il nostro redentore" (Quaestio utrum Christus fuerit Iudeus, I, ff. 1r, 2v-3r). La disputa ebbe luogo solennemente nella cattedrale di León, alla presenza del vescovo, della comunità dei religiosi e di insigni esponenti della nobiltà, ed ebbe come oggetto l'origine ebraica di Cristo e la sua natura di messia. La disputa confluì successivamente in forma di Quaestio nell'opera miscellanea, rimasta manoscritta, composta dal F. nel 1513.
La sua attività di predicatore dell'Ordine continuò instancabile negli anni seguenti. Nel 1494 era in Francia, dove predicò a Parigi e in altre città, entrando nei favori di Carlo VIII di Valois; nei due anni successivi predicò a Lisbona presso la sede dei carmelitani. Rientrato in Italia nel 1497, ebbe modo di svolgere la sua attività a Roma, Firenze, Forlì, Ferrara e in molte altre città della penisola. Di nuovo in Portogallo per la fine dell'anno, predicò nella chiesa di S. Eligio di Lisbona alla presenza della corte. Nel 1499 si recò anche nell'isola di Madera, dove fu accolto con grande disponibilità dal vicario e dalle autorità locali. Durante il soggiorno predicò diverse volte nella chiesa principale dell'isola, S. Francesco a Funchal. In virtù della sua fama, nel 1501 fu nominato dal re Emanuele del Portogallo predicatore di corte e rientrò a Lisbona; in questa occasione ebbe modo di discutere con alcuni maomettani sui principî del Corano e della Bibbia.
Nel 1503, lungo il viaggio di ritorno in patria, predicò a Siviglia, Cadice, Alicante, Livorno e Talamone. Nel 1505, per desiderio di Giovanni Bentivoglio, predicò nella chiesa dei servi di Maria di Bologna e l'anno successivo, ritornato a Faenza, fece consacrare nel sobborgo di Pietralunga la chiesa del convento che egli stesso aveva fondato. Nel 1508-1509 soggiornò a Rimini, dove riuscì a procurare fondi per ristrutturare il convento e la chiesa dell'Ordine, distrutti dal terremoto.
Avvalendosi delle sue capacità oratorie, nel 1509 esortava dal pulpito della cattedrale di Faenza i concittadini alla rivolta affinché si liberassero dal dominio dei Veneziani, subentrati al Valentino nel 1503, e ritornassero sotto l'autorità papale. La sommossa ebbe successo e, secondo il Giani, fu proprio questo il motivo per cui il F., dopo la morte del priore Clemente Bonardo di Mantova, deceduto il 7 luglio 1511, in circostanze poco chiare, a Faenza, fu nominato da Giulio II vicario generale apostolico dell'Ordine.
La nomina pontificia deve essere stata fatta a Roma tra il luglio e il settembre 1511, cioè in un arco di tempo compreso tra la morte del Bonardo e le prime testimonianze che attestano il suo vicariato. Tra queste i documenti che attestano la sua presenza, alla fine del mese di settembre, in qualità di vicario apostolico, a Firenze presso il convento della Ss. Annunziata. Il F. vi si era recato per tentare di fare assolvere i frati del convento servita che, avendo celebrato messa nonostante l'interdetto papale che aveva colpito la città, erano stati accusati di avere favorito il cardinale B. Carvajal, esponente principale del movimento scismatico che portò al cosiddetto "conciliabolo pisano", inaugurato a Pisa il 1° sett. 1511.
Dal 20 ott. 1511 al 3 giugno 1512 risultano alcuni provvedimenti ufficiali che documentano il priorato del Foschi. Il vicariato, tuttavia, non durò a lungo e i motivi dell'esonero e della deposizione dall'incarico sono strettamente legati alle vicende del "conciliabolo".
Come è noto, la convocazione di un concilio scismatico era stata provocata dalla politica aggressiva di Giulio II, che, teso a consolidare lo Stato pontificio e a recuperare i territori perduti durante il dominio di C. Borgia, aveva portato la guerra nell'Italia settentrionale, riconquistando Parma, Piacenza e Reggio Emilia e ledendo gli interessi del re di Francia Luigi XII. Questi, servendosi di alcuni cardinali particolarmente ambiziosi, tra cui il Carvajal e F. Sanseverino, aveva organizzato un complotto per deporre il papa. Il 16 maggio 1511 nove cardinali dissidenti capeggiati dal Carvajal avevano per l'appunto firmato a Lione un decreto per la convocazione di un concilio generale da tenersi a Pisa.
A causa della sua intima amicizia con il Carvajal, peraltro cardinale protettore dell'Ordine dei servi di Maria, il F. fu accusato di avere contattato gli scismatici durante il loro soggiorno milanese. Fu deposto da Giulio II e, per evitare di essere arrestato, fuggì da Firenze e raggiunse gli esponenti del conciliabolo a Lione. Secondo la sua testimonianza, gli esponenti del concilio lo accolsero favorevolmente: ebbe occasione di predicare più volte alla loro presenza e, per tale motivo, essi gli assegnarono uno stipendio mensile.
Durante questo soggiorno, e precisamente tra il 1512 e il 1513, il F. compose la sua Opera. Il manoscritto, giunto incompleto, comprende quattro opuscoli autografi che, scritti separatamente, in quest'epoca furono riuniti dall'autore, che vi premise la "Tabula matheriarum".
La prima quaestio tratta il problema della natura di Cristo, tema dibattuto dal F. in occasione della disputa con il rabbino Laban Abbaton. Nella seconda quaestio ("Utrum post penitentiam…") viene, invece, analizzato il problema della recidività del peccato e, in particolare, la questione se al peccatore confesso, ma recidivo, le colpe precedentemente assolte debbano essere ogni volta imputate. L'argomentazione è tratta da una predica tenuta nel 1512 nel duomo di Aix-en-Provence davanti all'arcivescovo e ai signori del parlamento regio. Le ultime due questioni sono complementari e trattano dei maggiori vizi e delle maggiori virtù. Nel Tractatus brevis de septem vitiis capitalibus, dopo avere analizzato la natura del peccato e la sua origine storica, il F. approfondisce le radici dei vizi capitali; nell'Opusculum de virtutibus septem vitiis capitalibus oppositis il F. contrappone ai gravi peccati capitali le virtù dell'umiltà, della temperanza, della mansuetudine, della carità, della generosità, della misericordia e della forza. L'argomentazione sul valore di tali virtù era stata oggetto di una predica tenuta, in lingua lusitana, nel duomo di una località presso Lisbona nella seconda domenica di Pasqua nel 1502, alla presenza del re del Portogallo Emanuele.
Nel Tractatus brevis sono contenute singolari notizie di carattere autobiografico: in particolare il F. afferma che mentre era "in insulibus inferioribus", altrove chiamate Antille, vide con i propri occhi "canibales carnes humanas commedere" (f. 34). Dall'esame del suo "itinerario" (scomparso l'originale, una copia del Quadragesimale, trascritta intorno agli anni 1616-1618, è conservata presso l'Archivio dell'Ordine) risulta piuttosto difficile collocare cronologicamente tale viaggio. Secondo il Dias è probabile che il F. sia stato, al massimo, oltre che a Madera, in qualche altra isola dell'arcipelago delle Azzorre o delle Canarie. Per quanto riguarda le notizie sui cannibali, è facile che il F., predicatore di grido e attento viaggiatore, abbia un po' forzato la mano sulle sue informazioni per accattivarsi il pubblico. Tuttavia, al di là di tale posizione, è opportuno ribadire che il F., oltre che in diversi brani autobiografici, anche nel suo necrologio, scritto di suo pugno, conferma che dopo aver viaggiato in Europa, Asia e Africa "aditus Antiliios" continuò a diffondere la parola di Dio.
Morto Giulio II il 21 febbr. 1513 ed eletto Leone X, il F. tornò a Roma con il Carvajal, che morì poco dopo. A questo punto il F. tentò di riabilitarsi, appellandosi al tribunale della Sacra Rota che, non volendo trattare la causa e procedere contro il frate, mise la cosa a tacere. Il F. si ritirò nel convento faentino di Pietralunga per un periodo di isolamento, ma ben presto riprese la sua attività. Nel 1515 fondò un nuovo convento a Soraloro, sempre nella diocesi di Faenza, e nel capitolo generale tenutosi nel 1525 nella sua città natale venne eletto vicario per i conventi dell'Ordine situati fuori d'Italia.
Ritiratosi nel convento di Pietralunga, vi morì nel 1532.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. generale dell'Ordine dei servi di Maria, Annalistica, C., f. 3: Uomini illustri e privilegi, inserto 82 (copia di un brano del Quadragesimale del F. a opera di G. Alasia); A. Giani, Annales sacri Ordinis fratum servorum B. Mariae Virginis, I-II, Florentiae 1618, ad Ind.; G.C. Tonduzzi, Historie di Faenza, Faenza 1675, p. 38; P.M. Bonfrinzieri, Diario sagro dell'Ordine de' servi di Maria Vergine…, I, Venezia 1723, pp. 233 s.; R.M. Magnani, Vite de' santi venerabili e servi di Dio della città di Faenza, Faenza 1741, pp. 285 s.; G.B. Mittarelli, De literatura Faventinorum, Venetiis 1775, pp. 84 s.; Diz. dei concili, a cura di P. Palazzini, III, Roma 1966, pp. 403 s.; O.D. Dias, Estremi di generalato dei priori generali O. S. M. dal 1469 al 1522, in Studi storici dell'Ordine dei servi di Maria, XVIII (1968), pp. 85 s.; G. Roschini, Galleria servitana, Roma 1976, pp. 165 s.; O.D. Dias, I servi di Maria e l'America ai tempi di C. Colombo, in Le missioni dei servi di Maria, IX-X (1978), pp. 185 s.; Id., Un autografo di fra G. F. di Faenza per le serve di Maria di Colonia, in Studi storici dell'Ordine dei servi di Maria, XXIX (1979), pp. 203 s.; P. Branchesi, La riscoperta di un manoscritto autografo di fra G. F. di Faenza O.S.M., ibid., XXIX (1979), pp. 215 s.