FOSCARI, Girolamo
Figlio di Marco di Giovanni, del ramo a S. Simeon Piccolo, e di Orsa Cappello, nacque a Venezia nel 1505.
Il padre, ricco e colto esponente filocuriale, cercò di favorirne l'ingresso anticipato nel Maggior Consiglio nel novembre 1521. Il F., tuttavia, a causa della malferma salute, che ne avrebbe condizionato la non lunga esistenza, preferì abbracciare la carriera ecclesiastica e nel 1523 si fece canonico a Padova; vi rimase tre anni (nella città euganea la famiglia possedeva il complesso dell'Arena con la cappella degli Scrovegni), finché (16 maggio 1526) il padre riuscì a ottenere per lui da Clemente VII l'elezione al vescovato di Torcello.
La diocesi non era né vasta né ricca, ma vicinissima a Venezia, situata all'interno della laguna; al F. dunque - che in attesa del raggiungimento dell'età canonica la resse come semplice amministratore - non fu difficile continuare a risiedere nella casa ov'era nato, alternando l'abituale dimora con lunghi soggiorni a Padova, dove è probabile abbia cercato di conseguire i gradi accademici, pur senza riuscirvi: nel 1532, infatti, gli venne concessa una proroga alla consacrazione episcopale, che sarebbe avvenuta soltanto nel novembre 1537.
A Torcello il F. non dedicò troppe cure. Nel 1539 ordinò la visita pastorale, che tuttavia non eseguì personalmente; maggiore, invece, risulta la sua attenzione verso gli aspetti economici del patrimonio a lui affidato: nel settembre del 1540 il nunzio Giorgio Andreasi riferiva al segretario di Stato di un contrasto in atto tra il F. e il vescovo di Famagosta, a proposito di una pensione gravante sulla mensa torcellana.
Sarebbe stato il concilio di Trento a imprimere una svolta all'esistenza del F.: nell'imminenza delle assise, infatti, si era trasferito a Roma come chierico della Camera apostolica, incarico che conservò dal 1545 al 1550. Riuscì in tal modo a guadagnarsi la fiducia degli ambienti curiali; così il suo nome fu inserito tra quelli dei vescovi da inviare al concilio per "contrapesar agli spiriti maligni".
Il F. giunse a Trento il 2 apr. 1546 e, benché avesse ottenuto una congrua sovvenzione, si segnalò come assenteista abituale; per dirla con l'Alberigo, il F. rappresentò "un voto per le sessioni piuttosto che un padre per il concilio", e questo voto fu costantemente speso per appoggiare le proposte conservatrici, come ebbe a verificarsi il 10 giugno, allorché si oppose decisamente ai fautori dell'obbligo della residenza vescovile.
Il F. non rimase a lungo nella città tridentina, giacché il 18 giugno rientrava a Venezia; sarebbe tornato a partecipare ai lavori conciliari solo per qualche giorno nel gennaio 1547, per poi assentarsene dal 14 di quel mese al 26 febbraio; dopo qualche settimana il F. abbandonava definitivamente le assise. Ufficialmente cercò di giustificarsi accusando difficoltà economiche, ma lo stesso nunzio G. Della Casa ammetteva, di fronte ai legati, che al vescovo di Torcello l'impunità derivava dall'elevata posizione del padre.
Era vero, tanto più che proprio allora a Roma si pensava di servirsi del F. per sondare, attraverso il genitore, gli umori del Senato circa un'eventuale alleanza con la Francia in funzione antimperiale; per questo nel settembre 1547 il segretario di Stato scriveva al nunzio a Venezia, M. Cervini, di comunicare al F. che il papa pensava di dargli "animo con la prima promotion"; il progetto politico però non ebbe seguito, e dunque neppure arrivò il cardinalato.
Se la nomina fosse stata conferita al F., non sarebbe caduta su persona mediocre, quantomeno sul piano culturale: è infatti del 1548 la prima redazione, a opera del patrizio Giovan Maria Memmo, di un Dialogo… nel quale si forma un perfetto principe, et una perfetta Repubblica; il dialogo è ambientato a Roma, nella residenza dell'ambasciatore Bernardo Navagero, dove dieci illustri personaggi discutono, nel corso di tre giornate, sul miglior sistema di governo. Nell'economia del lavoro spetta al F. il compito di delineare il profilo del perfetto senatore, che dev'essere animato dal desiderio di conoscere: di qui anche un'aspra denuncia contro i cristiani che ignorano i testi sacri.
Questo atteggiamento del F. è confermato dal testamento, redatto a Venezia il 29 sett. 1559, con cui istituiva una mansioneria cinquantennale, affinché due sacerdoti "di buona vita, di buone lettere et costumi" istruissero i chierici di Torcello e delle isole vicine.
A conferma inoltre delle capacità amministrative del F., giova ricordare che il 28 dic. 1555 Paolo IV l'aveva nominato tesoriere delle dissestate finanze pontificie, incarico che però tenne solo fino all'ottobre 1556.
Rimpatriato, si recò nuovamente a Roma nel dicembre 1562 ma, per i disagi patiti nel corso del viaggio, vi morì poco dopo, il 2 genn. 1563. Fu sepolto nella chiesa di S. Maria del Popolo, con un'iscrizione fatta apporre dal fratello Pietro.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, III, p. 513; Ibid., Archivio Gradenigo rio Marin, b. 340/I: Catastico Foscari, pp. 19, 24 s.; b. 373/I: Catastico Foscari, ad Indicem; Ibid., Notai di Venezia, Testamenti, b. 1208/451. Cfr. inoltre: M. Sanuto, Diarii, Venezia 1892-1901, XXXII, XLII-XLIII, XLV, XLVII, L-LI, LVI, ad Indices; Nunziature di Venezia, a cura di F. Gaeta, Roma 1960-1967, II, p. 263; V, pp. 73, 212, 229, 295 s.; VI, pp. 234 s.; G.M. Memmo, Dialogo… nel quale… si forma un perfetto principe, et una perfetta Repubblica…, Vinegia 1563, pp. 3, 106-115, 184-188; F. Corner, Ecclesiae Venetae… illustratae…, I, Venetiis 1749, pp. 125, 161 s.; F.A. Vitale, Memorie stor. de' tesorieri generali pontifici…, Napoli 1782, p. XLII; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, Venezia 1830-1853, III, p. 15; IV, pp. 506 s.; VI, p. 676; G. Alberigo, I vescovi italiani al concilio di Trento (1545-1547), Firenze 1959, pp. 50, 52, 54, 59, 69, 81, 254, 258, 268, 270, 285, 322 s., 328, 354, 420, 422, 438; F. Ambrosini, Profilo ideologico di un patrizio veneziano del '500, in Studi veneziani, n.s., VIII (1984), pp. 86, 94, 97.