FORABOSCO (Ferrabosco, Ferabosco), Girolamo
Figlio di Zorzi e di Marina Frizzieri, nacque a Venezia nel 1605 e qui fu battezzato il 24 novembre (Moretti, 1986). Visse e operò quasi ininterrottamente nella città natale, da dove di tanto in tanto si spostava a Padova "per liberarsi dalle occupazioni della città e attender a' suoi studi di pittura" come si legge in una dichiarazione da lui rilasciata in occasione del matrimonio (ibid.).
Non è semplice indicare un chiaro percorso stilistico nell'opera del F., in quanto l'artista non ci ha lasciato che pochi dipinti datati. Il primo in ordine di tempo è un Ritratto di donna, la cosiddetta Menichina (Roma, Galleria nazionale d'arte antica), sul quale si legge la data "1624" anche se secondo alcuni va interpretata come "1626" (Roio, 1989). Il quadro si ispira chiaramente all'opera di A. Varotari, detto il Padovanino, ma rivela anche un'eco dello stile di T. Tinelli. Quest'ultimo, secondo una fonte del XVII secolo (un elenco di pittori veneziani inviato a Leopoldo de' Medici da Marco Boschini), sarebbe stato il maestro del Forabosco.
In generale l'influenza sull'opera del F. della ritrattistica alla moda del Tinelli risulta a dir vero scarsa. A ragione la moderna ricerca pone invece l'accento sulla sua fondamentale affinità col Padovanino, al cui linguaggio formale neo-tizianesco il F. rimarrà sempre fedele. Il Malvasia ([1678], 1841) inoltre cita il nome del F. in un esteso elenco di pittori che in qualche modo subirono l'influsso di F. Albani, fatto che ha erroneamente indotto gli studiosi (Fiocco, 1926, p. 26) a credere che il F. sarebbe stato un allievo del pittore bolognese.
Dal 1634 al 1639 il F. fu iscritto alla fraglia dei pittori di Venezia; nella Tansa il suo nome compare negli anni 1640-41 e 1644 (Favaro, 1975).
Il Rossetti (1765) distingue una "prima maniera di tocco" del F. e una "seconda finita"; grazie anche a questa indicazione appare possibile collocare alcuni suggestivi ritratti femminili del F. (Madrid, Museo del Prado; Vienna, Kunsthistorisches Museum; Firenze, Galleria degli Uffizi) all'inizio del quarto decennio del Seicento.
In queste opere il F. sembra combinare il classicismo formale del Padovanino con un grande virtuosismo cromatico e una resa della materia estremamente raffinata da cui emerge l'influenza del genovese B. Strozzi stabilitosi a Venezia all'inizio degli anni Trenta. Echi dello Strozzi sono rinvenibili anche nella pala votiva dipinta dal F. nel 1646 per la chiesa di S. Maria Assunta a Malamocco (Vio, 1984).
Tale opera, raffigurante una famiglia scampata al rischio di un naufragio, si distingue per la brillante spontaneità con la quale sono dipinti i protagonistì "preludendo in tal modo alla ritrattistica settecentesca, impegnata nella ricerca di colloquio tra ambiente e personaggio" (Safarik - Milantoni, 1989, p. 163).
Nel 1653 il F. fu a Padova dove diresse una scuola di pittura. L'anno successivo tuttavia era già di ritorno a Venezia per eseguire una pala d'altare (andata perduta) per il patriarca F. Comer morto nello stesso anno.
Circa due anni dopo il F. dipinse i ritratti del doge Carlo Contarini (ibid., p. 165 fig. 222) e di sua moglie Paolina Loredan Contarini (Venezia, coll. Brogliato - Bentivoglio) databili al periodo del suo dogato (1655-1656). Tali ritratti sono caratterizzati da una sensibile attenzione per la psicologia dei personaggi.
Nel corso del sesto decennio del secolo il F. sembra risentire dell'influsso del bolognese G. Cagnacci, che in questo periodo soggiornava a Venezia. Tale influsso si evidenzia nella morbidezza del modellato e nella sensualità delle figure presenti in opere quali l'Estasi di s. Francesco e S. Magno vescovo con l'angelo, dipinte per la chiesa veneziana di S. Nicola da Tolentino, Giuseppe e la moglie di Putifarre (Rovigo, Accademia dei Concordi), Angelica e Medoro (Safarik - Milantoni, 1989, p. 177 fig. 245).
Scarse sono le notizie sugli ultimi anni del Forabosco. Nel 1664 si sposò segretamente con la padovana Angela Garzoni, di 41 anni più giovane, probabilmente figlia del pittore Angelo Garzoni, dalla quale ebbe due figlie.
Al settimo decennio del secolo risale probabilmente il grande Ritratto di canonico (Lione, Musée des beaux arts), nel quale il F. associa a uno stile evocante l'arte veneziana del '500 una fattura raffinata di ascendenza bolognese. L'artista tuttavia sembra rimanere fedele fino in fondo alla sua originaria fonte ispiratrice, mediatagli dal Padovanino: il classicismo pittorico veneziano del '500 culminante nell'opera di Tiziano.
Tali caratteristiche distinguono il F. da pittori veneti a lui contemporanei quali Pietro Della Vecchia, Francesco Maffei e Pietro Uberi. Al facile virtuosismo, all'eclettismo brillante e versatile di questi, il F. sembra contrapporre, al contrario, la sua "diligencia" e "finezza" (Boschini, [1660], 1966) e lavorare "con invidiabile fondamento e con gran lume d'intelligenza" (Da Canal, [1732], 1819). Non sorprenderà che questo pittore, cui Martinioni attribuì l'epiteto di "classico" (1663, p. 19), non abbia lasciato un gran numero di opere. La sua grande forza consistette nel dipingere ritratti e teste di carattere che, tanto nel tocco sciolto e brillante, come nella caratterizzazione dei personaggi, appartengono a quanto di meglio fu prodotto in questo genere nella Venezia del XVII secolo.
Presso di lui si formarono il naturalista P. Bellotti e il classicista G. Lazzarini.
Il F. morì a Padova il 23 genn. 1679 (Fiocco, 1926, p. 24).
Fonti e Bibl.: M. Boschini, La carta del navegar pitoresco (1660), a cura di A. Pallucchini, Venezia-Roma 1966, pp. 506, 541-544 e ad Indicem; G. Martinioni, in F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, Venezia 1663, pp. 19, 376 s.; C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite de' pittori bolognesi (1678), Bologna 1841, II, p. 190; P.A. Orlandi, Abcedario pittorico, Bologna 1704, p. 231; V. Da Canal, Vita di Gregorio Lazzarini (1732), a cura di G.A. Moschini, Venezia 1809, pp. 23 s.; G.B. Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, Padova 1765, ad Indicem; A.M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere de' veneziani maestri, Venezia 1771, p. 386; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1795-96), a cura di M. Capucci, Firenze 1970, II, pp. 134 s.; H. Voss - O. von Kutschera, in U. Thieme -F. Becker, F. G., in Künstlerlexikon, XII, Leipzig 1916, pp. 197 s.; G. Fiocco, G. F. ritrattista, in Belvedere, V (1926), pp. 24-28; H. Voss, Zum Werk des G. F., ibid., pp. 179-185; G. Fiocco, La pittura veneziana del Seicento e Settecento, Firenze 1929, pp. 32-34; W. Arslan, Opere del F. e del Migliori, in Rivista di Venezia, XIII (1934), pp. 93-97; Id., Ilconcetto di luminismo e la pittura veneta barocca, Milano 1946, pp. 25 s.; R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Firenze 1946, p. 33; La pittura del Seicento a Venezia (catal.), Venezia 1959, pp. 67-70 nn. 106-110; A. de Pace, Ilritrovamento di due ritratti dogali del F., in Arte veneta, XVI (1962), pp. 168-171; L. Procacci - U. Procacci, Ilcarteggio di M. Boschini con il cardinal Leopoldo de' Medici, in Saggi e memorie di storia dell'arte, 1965, n. 4, p. 100; G.M. Pilo, in C. Donzelli - G.M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, pp. 185-187; E.A. Safarik, Per la pittura veneta del Seicento: G. F., in Arte illustrata, VI (1973), pp. 353-363; E. Favaro, L'arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, pp. 148, 161, 164 s., 171, 175, 191; G. Gamulin, Segnalazioni e proposte, in Peristil, XXIII (1980), pp. 112 s.; E. Martini, Un capolavoro del F.: il ritratto del doge Contarini, in Gazzetta delle arti, giugno 1980, numero speciale, p. 4; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, I, pp. 180-185; II, pp. 670. (77 figg. 540-560; E.A. Safarik, Riflessioni su "La pittura veneziana del Seicento" di R. Pallucchini, in Arte veneta, XXXV (1981), pp. 254-264; G. Vio, Per la datazione del "telero" del E a Malamocco, ibid., XXXVIII (1984), pp. 202 s.; L. Moretti, Nuovi documenti sul Ponzone e sul F., ibid., XI, (1986), p. 224; J.M. Olivesi, in Escales du Baroque (catal., Marsiglia), Paris 1988, pp. 100-104 nn. 21 s.; A. Bréjon de Lavergnée - N. Volle, Musées de France. Répertoire des peintures italiennes du XVIIe siècle, Paris 1988, p. 148; U. Ruggeri, A. Varotari, detto il Padovanino, in Saggi e memorie di storia dell'arte, 1988, n. 16, p. 105; E.A. Safarik - G. Milantoni, La pittura del Seicento a Venezia, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, ad Indicem; N. Roio, ibid., p. 743.