FIESCHI, Girolamo
Nacque a Genova probabilmente tra il 1478 e il 1480, primogenito di Gian Luigi il Vecchio del ramo di Torriglia della potente famiglia ligure e dalla sua seconda moglie, Caterina Del Carretto, dei marchesi del Finale (dal primo matrimonio con Bartolomea Della Rovere non erano nati figli). Seguiranno tre maschi - Scipione, Ottobono, vescovo di Mondovì nel 1512, e Sinibaldo - e una femmina.
Alla morte del padre (1508 c.), il F. divenne conte di Lavagna, principe di Valditaro e detentore dei marchesati e dei feudi che, lasciatigli in testamento, gli furono confermati con privilegio imperiale. Lo stesso privilegio confermava al F., come primogenito, il vicariato imperiale perpetuo in Italia, il titolo di conte palatino, l'autorità di batter moneta, e tutte le franchigie e le prerogative onorifiche concesse ai suoi antecessori, tra cui quella di sedere in Senato sopra gli Anziani. Rivestito dunque di tutta l'autorità che era stata del padre, il F. nel 1512 cercò di opporsi all'elezione ducale di Giano Fregoso, la cui politica continuò a ostacolare fino alla morte.
Del resto la breve vita del F. sembra essere stata tutta dominata da una concezione feudale della politica: quasi che dal padre, uomo capace di gestire l'enorme potere di cui disponeva sia sul piano militare sia su quello politico-diplomatico, egli avesse ereditato solo il primo aspetto, oppure che a questo ruolo di braccio armato lo avesse destinato la stessa famiglia.
I quattro fratelli Fieschi erano infatti un formidabile gruppo di potere nella Genova di inizio Cinquecento: anche se con diversi profili e destini, costituivano un blocco omogeneo, prima attorno alla leadership paterna, poi, dopo la morte del padre, attorno al F.: al punto che diventa difficile seguirne i percorsi individuali perché le cronache dell'epoca parlano dei "fratelli Fieschi", citandoli in blocco.
Il F. dovette fare le prime esperienze militari a fianco del Padre; quasi sicuramente prese parte alla spedizione contro la flotta francese a Rapallo nel 1495, quando, capovolte di continuo le alleanze tra grandi famiglie genovesi e potenze esterne (Francia e Milano) dal passaggio di Carlo VIII, il padre del F. si unì a Paolo Fregoso e alle navi aragonesi contro quelle di Francia. Probabilmente, a fianco al padre, il F. partecipò anche all'assedio di Tolone nel giugno-luglio 1497.
Dopo la morte dello zio Ibleto, nel 1497, la presenza del F. accanto al padre appare ancora più certa e continua, anche nelle occasioni politico-diplomatiche. Così, nel marzo 1498, quando Ludovico il Moro venne in visita ufficiale a Genova, i quattro fratelli Fieschi aprivano lo schieramento delle autorità cittadine, seguiti, in successione, dal padre, dal governatore Adorno, dagli Anziani e dagli altri magistrati. Giunto in duomo, accolto dal solenne Te Deum, loSforza nominò cavalieri il F. e Ludovico Gonzaga. Tale investitura cavallerpsca non impedì al F. di essere accanto al padre nel settembre 1499, quando caduto Ludovico il Moro e conquistata Milano dalla Francia, Gian Luigi ebbe un ruolo fondamentale nel garantire a Luigi XII il recupero di Genova (tanto che ne avrà in cambio il governo della Riviera di Levante, dal Bisagno alla Spezia). E se non è certo che, nel luglio 1502, il F. accompagnasse il padre ad Asti all'incontro ufficiale tra gli ambasciatori genovesi e il re di Francia, era sicuramente con lui, alla fine d'agosto, ad accogliere Luigi XII nel loro superbo palazzo di via Lata, dove il re alloggiò durante la sua visita genovese, e poi nel 1506, quando Gian Luigi dapprima intervenne a sedare militarmente la sollevazione dei popolari e poi, il 20 luglio, fu costretto ad abbandonare la città e a rifugiarsi nel castello di Montoggio, dove i Fieschi disponevano di artiglieria pesante e di armati in grado di garantirli da ogni attacco.
Il 2 febbr. 1507 si diffuse in Genova la notizia che il F. era appena ritornato al castello di Montoggio dalla Francia con "molta gente e cavalli".
A metà aprile 1507, subito dopo l'elezione ducale di Paolo da Novi, il F. fu inviato dal padre in avanscoperta a Rapallo, a capo di un esercito di 3.000 uomini e coadiuvato dall'abile capitano Emanuele Fieschi. Ripresa Rapallo, dovette desistere dalla riconquista di Chiavari, ben presidiata dai popolari e da 800 fanti, assoldati agli ordini del fiorentino A. Corvinelli, e passò a Recco. Ma qui subì il contrattacco dei popolari che, nella notte del 18 aprile, con un'azione di sorpresa scesero dal colle della Ruta e, sotto un autentico diluvio, nuscirono a costringere alla fuga il F. ed i suoi, senza che il cugino Rolandino Fieschi, arrivato da Uscio con altre truppe, riuscisse a portargli sostanziale aiuto.
La notizia della sconfitta del F., e quindi dello scacco subito dal padre, portò nella Genova popolare grande euforia, presto smorzata dall'arrivo del re di Francia che, entrato solennemente in Genova il 29 apr. 1507, trovò ad accoglierlo una cavalcata di 100 gentiluomini guidata da Gian Luigi e Filippino Fieschi. Luigi XII provvide immediatamente a mettere fine all'esperienza del governo popolare, erigendo forche e restituendo ai nobili prevalenza ed uffici, riservando ai partigiani del Fieschi varie magistrature nel nuovo governo.
Alla morte del padre, nel 1508, il F. ne ereditò cariche e autorità già ricordate. Ma forse troppo fiducioso nella lealtà dei montanari degli estesissimi feudi e chiuso alla comprensione dei profondi cambiamenti in atto nello scacchiere italiano e in quello internazionale, nonché nella stessa realtà socio-economica genovese, cominciò a gestirle in modo assai rigido. Così perseverando nella logica delle lotte faziose, alla fine del maggio 1512 il F. tramava il ritorno al potere degli Adorno, approfittando dell'incarico ricevuto di assoldare 2.000 lanzichenecchi per la difesa di Genova dai prevedibili attacchi della lega antifrancese e del Fregoso. Ma il 22 giligno Giano Fregoso con le sue soldatesche entrò in Genova in nome della Lega e il 30 giugno si fece nominare doge. Il F., che, poco prima dell'ingresso del Fregoso in Genova, nella seduta del Gran Consiglio nella quale era stato deciso di trattare la resa, aveva chiesto di mettere a verbale il suo dissenso, non recedette dall'opposizione al nuovo doge. Nella primavera del 1513, alla notizia della discesa di Luigi XII in Italia intenzionato alla riconquista di Genova e Milano, la tensione cresceva in città, e i Fregoso e il loro partito guardavano ai Fieschi con giustificato sospetto di trame segrete con gli Adorno e la Francia. Il 23 maggio 1511 in seguito ad una animata discussione con gli avversari nel corso di una seduta nel palazzo pubblico, il F. fu assalito in strada dai due fratelli del doge, Fregosino e Ludovico, che, armati di alabarde, lo trucidarono e lo fecero a pezzi.
I fratelli del F., Ottobono e Sinibaldo, raggiunti dalla tragica notizia, prima si rifugiarono nel loro palazzo-fortezza al grido di "Adorno e popolo"; poi, usciti dalla porta di S. Andrea dopo un breve scontro con uomini del Fregoso, si diressero verso Castelletto d'Orba, ad incontrarsi con Antoniotto e Girolamo Adorno. Il giorno dopo, rientrati insieme in città, mentre gli Adorno costringevano Giano e Fregosino ad abbandonare Genova, fu compiuta con altrettanta ferocia la vendetta della morte del F.: Zaccaria, un altro fratello di Giano Fregoso, tradito e consegnato da un contadino ai Fieschi, fu pubblicamente suppliziato e il suo cadavere, legato alla coda di un cavallo, trascinato per le vie cittadine.
Il F., morto senza prole, era in procinto di sposare Leonora Malaspina, primogenita di Alberico, recante in dote il marchesato di Massa e Carrara; Leonora sarà poi sposata dal fratello del F., Scipione.
Bibl.: B. Senarega, De rebus Genuensibus commentaria, a cura di E. Pandiani, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIV, 8, ad Indicem; F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca, Genova [1646], pp. 6, 87 ss.; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, III,Genova 1833, p. 6; A.Giustiniani, Annali di Genova, Genova 1854, pp. 653 ss.; M. G. Canale, Nuova storia della Repubblica di Genova, Firenze 1864, pp. 363 ss.; E. Pandiani, Un anno di storia genovese, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXVII (1905), ad Indicem; L. Staffetti, Il "Libro di ricordi" della famiglia Cybo, ibid., XXXVIII (1910), p. 69; C. Bornate, La visita di Ludovico Sforza a Genova, Novara 1919, p. 18; Id., I Fieschi commendatari dell'abbazia di Sannazzaro Sesia, in Arch. della Soc. vercellese di storia e arte, XI (1920), p. 17; D.Gioffré, Gênes et les foires de change, Paris 1960, p. 151.