DOMENICHINI, Girolamo
Nato a Ferrara nel 1812 da Gaetano e da Maria Guidotti, apprese dal padre i primi rudimenti del disegno, prima di passare a Firenze, alla scuola di G. Bezzuoli e di T. Gazzarini e poi a Roma presso F. Agricola. Verso il 1836, ritornato a Ferrara, iniziò una attività di immediato successo, raccogliendo i maturi frutti delle faticose conquiste dei suoi anziani colleghi.
Nel 1836, infatti, dipinse La carcerazione della Parisina (Ferrara, Municipio), probabilmente il "prix de Florence" del giovane artista di ritorno dalla scuola storica del Bezzuoli. Nel 1839-40 esegui probabilmente il ritratto del Conte Masi (ibid.), che fa parte della serie di ritratti dei gonfalonieri, e le tempere a palazzo Nagliati-Braghini. Nel 1843, col padre Gaetano e con F. Migliari, attese alla decorazione del soffitto della chiesa del Gesù; l'anno dopo, sempre col Migliari, lavorò al Casino dei nobili e firmò l'incisione del ritratto del Conte Saracco-Riminaldi, tratto dall'originale ad olio sempre dei D. in base alla consuetudine, nel caso di personaggi pubblici, di ricavarne traduzioni e copie a stampa. Negli anni '40-'45 esegui le tempere delle Storie di Parisina in casa C di via della Ghiara; infine nel '46 dipinse il sipario del teatro Bonaccossi (ora perduto), su proposta e soggetto del conte Avventi, con la raffigurazione dello Sbárco di Alfonso d'Este dopo la vittoria del 1509 presso Francolino.
In base a questi lavori cronologicamente documentati, non appaiono attendibili le date dello Scutellari (1893), per cui il D. "restituitosi m patria nel 1845 fece il molto lodevole quadro dell'Orlando Furioso, l'altro in grandi dimensioni dei Ss. patroni della città, per l'altar maggiore della chiesa nuova... nonché gli altri due quadri della Condanna di Ugo e Parisina".
Intorno al 1850 dovette quindi far fronte a numerose commissioni, tanto da apparire uno dei protagonisti della pittura ferrarese del periodo. Già in questa fase giovanile, nella varietà dei temi cui si dedicava, il D. si mostra rapido nella pennellata nervosa, eclettico ed intelligente nell'assorbire e rielaborare motivi, linguaggi antichi e attualissimi.
In confronto al padre Gaetano, a G. Boari, a F. Migliari e a F. Saraceni, il D. è il rappresentante di quella "seconda generazione" ferrarese che non conobbe trapassi di Repubblica-Regno-Restaurazione e che alla perdurante visione ancora neoclassica sostitui il messaggio romantico europeo. Con singolare capacità narrativa si dedicò ai soggetti storici legati alle scene di vita estense (Storie di Marchesella, Storie della Parisina), cogliendo non pochi tratti dei Trionfi di Schifanoia, in consonanza con la scoperta, per così dire, dei "primitivi" ferraresi propria di questi anni, mentre una istintiva eleganza la si ravvisa anche nei soggetti mitologici (Ferrara, casa C), curiosamente aderenti alla sensibilità neoclassica del Migliari.
Ma, oltre che alla "scuola storica" romantica, il D. appartiene a quella che è stata definita "generazione teatrale" (Savonuzzi, 1971, p. 50) per la sua frequente attività di pittore in vari teatri e sipari (teatro Comunale di Ferrara, 1850; teatro di Fabriano, 1851; teatro Tosi-Borghi di Ferrara, 1856-58: le pitture sono andate perdute).
Questa generazione fu segnata dal teatro "per una cosciente e volontaria identificazione dei mezzi espressivi: la pittura vuole cioè raccontare per personaggi e per idee, per 'dialogo' come il teatro" (Savonuzzi).
Nelle decorazioni del teatro Comunale di Ferrara, che vedono il Migliari come supervisore ed ideatore del progetto, sono di mano del D. i quattro riquadri principali del velario con scene della Vita di GiulioCesare. Questadecorazione rappresenta certamente la sua impresa più impegnativa, ma qui egli appare "raggelato, invetriato dalla complessità macchinosa del progetto e dalla necessità ufficiale" (Savonuzzi, 1971, p. 54).
Dopo la metà del secolo, con quella sua capacità di cogliere e fare proprie conquiste figurative altrui, il D., accostandosi alla maniera di G. Pagliarini, schiari la propria gamma tonale e realizzò composizioni più controllate in cui veniva dedicata maggiore attenzione alla rappresentazione delle figure dipinte. Prove di questa sua nuova luminosità e "schiarimento" si trovano nella chiesa di S. Francesco, in quella di S. Paolo e nella chiesa del Gesù, nella quale si conserva un S. Francesco di Geronimo: una più precisa ricognizione dopo il restauro potrà confermare l'attribuzione al Domenichini.
Lo Scutellari (1893) ricorda la nomina del D. a professore di figure nella locale scuola di belle arti, "insegnando con buon sistema, secondo i metodi che allora prevalevano", e afferma che l'artista morì a Ferrara il 12nov. 1891, "tormentato da molti acciacchi che supportò con pazienza ad onta della sua indole nervosa".
Fonti e Bibl.: G. Boschini, in G. Baruffaldi, Vite de'pittori e scultori ferraresi, Ferrara 1844, I, p. 426; L. N. Cittadella, Memorie ... del tempio di S. Francesco in Ferrara, Ferrara 1860, pp. 745.; Id., Guida del forestiero in Ferrara, Ferrara 1873, p. 114; G. Fei, Pinacoteca municipale di Ferrara, Ferrara 1883, pp. 12, 14; M. Roveri-L. Fiorentini, Annaliferraresi, Ferrara 1891, p. 39; G. Scutellari, Cenni biogr. intorno ai pittori... ferraresi dal 1750..., in Atti d. Deputaz. ferrarese di st. patria, V (1893), pp. 139-142; A. Magrini, La Pinacoteca comunale di Ferrara, Ferrara 1926, p. 61; C. Savonuzzi, Il teatro Comunale di Ferrara, Ferrara 1965, p. 17; U. Malagù, Guida del Ferrarese, Verona 1967, p. 92; C. Savonuzzi, Ottocento ferrarese, Ferrara 1971, pp. 50-55; S. M. Bondoni, in Teatri storici in Emilia Romagna (catal.), Bologna 1982, p. 223; A. C. Venturini, La collez. di stampe, in IlMuseo civico di Ferrara. Donazioni e restauri, Firenze 1985, pp. 108, 110 ss.; U. ThiemeF. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 399 (sub voce Domenichini, Gaetano e Girolamo); Diz. encicl. Bolaffi, IV, p. 168.