VISCARDI, Girolamo di Paolo
Nacque a Laino, centro della Val d’Intelvi, intorno al 1467, secondo quanto si desume da un documento risalente al 1497-99 che lo descrive come già trentenne (Alizeri, 1873). Dopo una prima formazione nel paese natale e un’esperienza a Pavia, si trasferì a Genova, città in cui si svolse principalmente la sua attività nell’arco di oltre un ventennio.
La prima attestazione nota lo vede nella certosa di Pavia, dove, il 20 novembre 1493, si impegnò con Antonio della Porta detto Tamagnino – e con i soci di quest’ultimo Giovanni Antonio Amadeo e Antonio Mantegazza – a lavorare in quel cantiere per un periodo di quattro anni a partire dal primo aprile 1494. Girolamo è denominato «sculptor», a significare una carriera professionale avviata, e, al momento della firma dell’atto notarile, risiedeva già nel complesso certosino (Maiocchi, 1949; Morscheck, 1978, p. 229, doc. 237; Giovanni Antonio Amadeo, 1989). Il suo contributo al cantiere dovette localizzarsi nella facciata della certosa, impresa che Amadeo aveva intrapreso nel 1491 e condiviso l’anno seguente con Della Porta e Mantegazza, sebbene non sia possibile identificare l’entità del suo intervento.
Già prima della scadenza dei quattro anni previsti, Viscardi lasciò Pavia e prese la via di Genova. Qui il 17 aprile 1497 s’impegnò a eseguire la tomba di Agostino e Giovanni Adorno in società con i fratelli Giovanni e Michele D’Aria (Alizeri, 1876, pp. 210-212). Questi ultimi erano titolari di una delle botteghe più rilevanti del capoluogo ligure e la presenza di Viscardi al loro fianco testimonia la sua integrazione nel milieu locale, suggellata, poco dopo, dall’adesione all’arte dei magistri antelami, di cui fu membro almeno dal 1499 (Decri, 1996, p. 421). Destinato alla chiesa di S. Gerolamo a Quarto (Genova), il monumento Adorno fu ultimato nel 1501, dopo la sottoscrizione di un nuovo contratto nel 1499 (Alizeri, 1876, pp. 213-215). Federigo Alizeri ricondusse a questo complesso due lastre marmoree con raffigurazioni di Virtù entro nicchie, riadattate – intorno alla metà del XVII secolo – come paliotto dell’altare maggiore (pp. 208-210). La Temperanza sul lato sinistro e la Prudenza, la Giustizia e la Carità sulla fronte principale potevano costituire in origine il sarcofago del sepolcro, secondo il modello del monumento funebre di Giorgio Fieschi nella cattedrale di S. Lorenzo, eseguito da Giovanni da Bissone intorno al 1465. I rilievi di Quarto mostrano strette affinità con le opere successive di Viscardi, in particolare con i marmi eseguiti per l’abbazia della Trinità di Fécamp (1507), e possono perciò essere attribuiti a quest’ultimo scultore (Zurla, 2016, pp. 13-15). Va invece rifiutata l’ipotesi di Hanno-Walter Kruft di associare al sepolcro Adorno la cancellata marmorea sovrastata dalla lunetta con Le stimmate di s. Francesco oggi nella chiesa di S. Giuliano ad Albaro (Genova), ma in origine in S. Benigno di Capodifaro (Kruft, 1971a, pp. 276, 277 s.; Zurla, 2016, p. 15).
Tra il 1502 e il 1504 Viscardi fu coinvolto in un’importante impresa in collaborazione con Michele D’Aria e con i due scultori toscani Benedetto da Rovezzano e Donato Benti. I quattro artisti furono scelti dal re di Francia Luigi XII per eseguire il monumento funebre a commemorazione dei propri avi, i Duchi d’Orléans, da destinarsi alla chiesa dei Celestini di Parigi (oggi nella basilica di Saint-Denis). Il contratto di commissione sottoscritto nel 1502 (Alizeri, 1876, pp. 286-290) non specifica la ripartizione degli incarichi tra gli artisti coinvolti. Ciononostante l’analisi delle singole parti del monumento permette di riconoscere l’intervento di Viscardi nell’esecuzione dei quattro gisants e di alcune delle figure di Santi entro le nicchie del basamento, pur in un contesto in cui si cercò di mantenere un certo livello di uniformità (Mozzati - Zurla, 2014, pp. 42-46).
Può essere collegato alla committenza di Luigi XII un rilievo con la Madonna col Bambino benedicente un sovrano francese conservato nelle raccolte Borromeo dell’Isola Bella. La fisionomia del personaggio effigiato rimanda all’Orléans e permette di ancorare l’esecuzione del marmo a una delle sue visite a Genova (1502 e 1507). La vicinanza stilistica con le Virtù del sepolcro Adorno suggerisce un diretto intervento di Viscardi nell’esecuzione dell’opera (Zurla, 2016, pp. 15-17).
Tramite questi importanti incarichi lo scultore guadagnò un ruolo di primo piano all’interno del contesto genovese. Come molte altre maestranze dedite alla lavorazione di materiali lapidei, egli fissò la propria bottega nell’area in prossimità del porto e del fronte verso il mare. Nel 1506 e nel 1509 è attestato nella «ripa maris», mentre nel 1516 aveva in locazione uno spazio in contrada San Marcellino (Decri, 1996, pp. 422 s., doc. 3; Zurla, 2016, p. 24, nota 44). I documenti danno inoltre conto della presenza di alcuni apprendisti: Giovanni Pietro di Bernardino da Bissone fu accolto nel 1509 per sei anni e Pietro di Jacopo Piuma nel 1517 per lo stesso lasso di tempo (ibid.).
Nel 1504 Viscardi fu chiamato da Lorenzo Cattaneo a decorare il palazzo sito in vico San Bernardo insieme a Matteo Morelli (Alizeri, 1877, p. 42). I due artefici realizzarono un imponente apparato lapideo comprendente due gallerie, di cui purtroppo non resta oggi alcuna traccia a esclusione di un plinto con decorazioni a candelabre sormontato da un leone (Zurla, 2016, p. 17).
L’impresa più rilevante che vide coinvolto Viscardi nel primo decennio del Cinquecento fu il ciclo di marmi commissionato dall’abate Antoine Bohier per la chiesa della Trinità a Fécamp in Normandia. Giunto a Genova al seguito di Luigi XII nel 1507, Bohier decise di seguire l’esempio del proprio sovrano richiedendo a Viscardi una nuova decorazione per l’altare maggiore del complesso di cui era commendatario. Le opere del maestro lombardo, descritte nel contratto del 10 maggio 1507 (Alizeri, 1876, pp. 296-298), sono ancora oggi visibili nell’abbazia di Fécamp, sebbene in un allestimento risalente alla metà del Settecento. L’altare principale è decorato con cinque bassorilievi istoriati; al di sopra si erge la cassa-reliquario con raffigurazioni di Apostoli entro nicchie; ai lati dell’altare sono le due figure a tutto tondo di S. Taurino e di S. Susanna; infine sul retro è murato il tabernacolo eucaristico. Del medesimo ciclo decorativo fanno parte quattro Angeli adoranti a tutto tondo oggi nella chiesa di Sainte-Madeleine a Goderville (Zurla, 2016, pp. 7, 11 s.). Questa serie di opere si contraddistingue per l’alta qualità esecutiva e costituisce il nucleo più consistente del catalogo dello scultore, che permette di apprezzarne appieno le doti e di riconoscerne la cifra stilistica, in cui appaiono chiare le influenze del classicismo di ascendenza lombarda messo a punto da Benedetto Briosco e da Pace Gagini, così come del linguaggio toscano mediato da Benedetto da Rovezzano e da Benti.
Negli anni successivi l’attività dello scultore lombardo nel capoluogo ligure è testimoniata da una serie di attestazioni d’archivio alle quali tuttavia non corrispondono opere preservatesi. Nel 1516 Viscardi fu coinvolto in una controversia con Biagio Pace in relazione a due lavori eseguiti in società, una fontana per Giovanni Spinola e una cancellata marmorea destinata alla sede della confraternita dei disciplinati di S. Siro (Alizeri, 1876, pp. 340 s.).
Risale al 1519-20 un intervento nella chiesa di S. Domenico a Genova, ampiamente documentato ma di cui non restano tracce. Si tratta della decorazione della cappella di Giovanni Battista Castiglione comprendente un’ancona marmorea e il sepolcro del committente (ibid., pp. 299-302). A seguito dell’accordo Viscardi si recò a Carrara per acquistare i marmi, rivelando una diretta frequentazione delle cave apuane (Zurla, 2016, p. 25, nota 46). La cappella, intitolata alla Visitazione, venne con ogni probabilità modificata già alla fine del XVI secolo e fu smantellata definitivamente con l’abbattimento dell’edificio a partire dal 1819.
Danno conto di un impegno per la magistratura dei Padri del Comune due incarichi per la cattedrale di S. Lorenzo. Nel 1508 Viscardi eseguì l’inquadramento marmoreo della celebre tavola bronzea romana di Polcevera, oggi nel Museo civico di archeologia ligure di Pegli (Varni, 1870; Pastorino, 1995, p. 13; Di Fabio, 2011, pp. 111 s.), mentre nel 1522 ricevette diversi pagamenti per la fornitura di pilastri, colonne e altri pezzi marmorei per la porta del campanile (Archivio storico del Comune di Genova, Padri del Comune, 721, cc. 51v, 55v, 60v, 62r), nonché per lavori non meglio specificati eseguiti insieme ad Antonio di Novo (Alizeri, 1876, p. 294).
Dopo queste ultime attestazioni cessano le notizie sullo scultore. La morte dovette coglierlo poco prima del luglio 1529, quando, essendo già deceduto, si procedette alla vendita dei materiali lapidei rimasti nella sua bottega (Zurla, 2016, p. 24, nota 44).
I documenti testimoniano l’esistenza di un figlio di nome Domenico, nato intorno al 1499, che seguì le orme del padre, compiendo l’apprendistato come magister antelami con Michele Pessolo a partire dal 1515 (Archivio di Stato di Genova, Notai antichi, 1067/II, n. 233).
Vari sono stati i tentativi di incrementare il catalogo di Viscardi, non sempre accolti in maniera unanime dalla critica. Kruft gli ha riferito il lunettone alla parete destra nella cappella del Battista nella cattedrale di Genova (Kruft, 1971a, pp. 275, 277; Id., 1971b, p. 21), ipotesi che è stata rigettata da più voci, vista la scarsa vicinanza con le opere documentate (L. Pisani, in La Cattedrale di San Lorenzo, 2012, pp. 299 s.). Solleva ugualmente dubbi l’attribuzione del tabernacolo eucaristico in marmo del Victoria and Albert Museum di Londra avanzata dallo stesso Kruft (1971a, p. 285; Zurla, 2016, p. 18), così come quella dei marmi che decorano il battistero della cattedrale di Genova, formulata da Clario Di Fabio (2011, pp. 112-118). Di quest’ultimo ciclo, il rilievo con il Battesimo di Cristo sopra il portale d’accesso dall’esterno, pur rivelando alcune tangenze con le opere di Viscardi, non presenta la stessa qualità che si riscontra nella scena di analogo soggetto dell’altare di Fécamp (Zurla, 2016, pp. 18 s.). Possono invece essere avvicinati all’artista un S. Giovanni Battista in marmo di Candoglia passato sul mercato antiquario – da riferire a una prima attività di Viscardi (G. Gentilini - D. Lucidi, in Scultura italiana, 2013) – e un busto di Santo dello Statens Museum for Kunst di Copenhagen (Zurla, 2016, pp. 26 s., nota 57), con il quale faceva coppia o serie in origine un busto di S. Giovanni Battista nel Museo Bardini di Firenze (comunicazione orale di Francesco Caglioti).
Archivio di Stato di Genova, Notai antichi, 1067/II, n. 233; Archivio storico del Comune di Genova, Padri del Comune, 721, cc. 51v, 55v, 60v, 62r. S. Varni, Appunti artistici sopra Levanto, Genova 1870, p. 37; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origini al secolo XVI, II, Genova 1873, p. 366; IV, Genova 1876, pp. 210-218, 283-291, 294-302; V, Genova 1877, pp. 42 s.; P. Vitry, Michel Colombe et la sculpture française de son temps, Paris 1901, pp. 142-145, 152-158; L.A. Cervetto, I Gaggini da Bissone. Loro opere in Genova e altrove..., Milano 1903, pp. 15, 102-105; V. G., in Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler von der Antike bis zur Gegenwart, XXXIV, Leipzig 1940, p. 403; R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia dall’anno 1330 all’anno 1550, II, Pavia 1949, p. 24, doc. 1691; H.-W. Kruft, G. V., ein genuesischer Bildhauer der Renaissance, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XV (1971a), pp. 273-288; Id., La decorazione interna della cappella di San Giovanni Battista nel Duomo di Genova, in Antichità viva, X (1971b), 1, pp. 20-27 (in partic. p. 21); Id., Genuesische Skulpturen der Renaissance in Frankreich, in Évolution générale et développements régionaux en histoire de l’art. Actes du XXIIe Congrès international d’histoire de l’art… 1969, I, Budapest 1972, pp. 697-704 (in partic. pp. 701-704); C.R. Morscheck, Relief sculpture for the facade of the Certosa di Pavia, 1473-1499, Ph.D. diss. (New York University), New York-London 1978, pp. 60-63, 299, doc. 237; L. Tagliaferro, Un secolo di marmo e di pietra: il Quattrocento, in La scultura a Genova e in Liguria. I. Dalle origini al Cinquecento, Genova 1987, pp. 217-250 (in partic. pp. 243 s., 247); Giovanni Antonio Amadeo. Documents/I documenti, a cura di R. V. Schofield - J. Shell - G. Sironi, Como 1989, p. 220, doc. 338; A.M. Pastorino, La tavola di Polcevera dal ritrovamento ad oggi, in La tavola di Polcevera. Una sentenza incisa nel bronzo 2100 fa, a cura di A.M. Pastorino, Genova 1995, pp. 13-18; A. Decri, La presenza degli Antelami nei documenti genovesi, in Magistri d’Europa. Atti del convegno…, Como... 1996, a cura di S. Della Torre, Milano s.d. [1996], pp. 407-432 (in partic. pp. 421-423); P. Rouillard, V., G., in The Dictionary of Art, a cura di J. Turner, XXXII, Oxford 1996, p. 603; E. Fadda, Sculture rinascimentali lombarde nei musei stranieri: alcuni esempi, in Arte lombarda, CXXIII (1998), 2, pp. 41-49 (in partic. pp. 47-49); M. Villani, “Pichapetra” lombardi a Savona tra Quattro e Cinquecento: Matteo da Bissone e Gabriele da Cannero, ibid., CL (2007), 2, pp. 35-50 (in partic. p. 37); C. Di Fabio, La bottega di G. V. in San Giovanni Vecchio e Santa Maria della Vittoria: un cantiere della “Genova francese” (1502-1503), in Il Battistero di San Giovanni in San Lorenzo a Genova, a cura di C. Montagni, Genova 2011, pp. 107-118 (in partic. pp. 112-118); A.R. Calderoni Masetti, in La Cattedrale di San Lorenzo a Genova, a cura di A.R. Calderoni Masetti - G. Wolf, I (Testi), Modena 2012, p. 269; C. Giometti, ibid., pp. 230-232; L. Pisani, ibid., pp. 299 s.; G. Extermann, Les décorations sculptées de la chapelle Lomellini à Gênes par Tamagnino et Pace Gaggini, in Le Duché de Milan et les commanditaires français (1499-1521). Actes du colloque… 2012, a cura di F. Elsig - M. Natale, Roma 2013, pp. 41-78 (in partic. pp. 56 s.); G. Gentilini - D. Lucidi, in Giorgio Baratti Gallerie. Scultura italiana del Rinascimento. Statue e rilievi in marmo e pietra, terracotta, stucco e legno, bronzetti e sculture decorative, a cura di G. Gentilini, Firenze 2013, pp. 58-63, n. 5; T. Mozzati - M. Zurla, Alcune novità sulle sculture della Cattedrale di Genova: Benedetto da Rovezzano, Donato Benti e la famiglia Fieschi, in Nuovi studi, XIX (2014), 20, pp. 33-68 (in partic. pp. 42-46); T. Mozzati, Patres patris patriae: le tombeau des ducs d’Orléans à Saint-Denis, in La France et l’Europe autour de 1500. Croisements et échanges artistiques. Acte du colloque… 2010, Paris 2015, pp. 23-34; M. Zurla, La scultura a Genova tra XV e XVI secolo. Artisti, cantieri e committenti, tesi di dottorato (Università degli Studi di Trento), 2015, passim; Ead., “Souvenirs d’Italie”. G. V. e i marmi genovesi dell’abbazia di Fécamp in Normandia, in Paragone, LXVII (2016), 795, pp. 3-28; L. Damiani Cabrini, I monumenti rinascimentali di Savona sotto la lente di Varni: Andrea da Giona, Antonio Maria Aprile, G. V. e i D'Aria, in Santo Varni: conoscitore, erudito e artista tra Genova e l'Europa, a cura di L. Damiani Cabrini - G. Extermann - R. Fontanarossa, Chiavari 2018, pp. 25-49.