DEL BUONO (Dal Buono, Delbono, Bono), Girolamo
Nato il 13 dic. 1689 a Bologna da Giuseppe Antonio e da Elena Maria Paganuzzi, iniziò gli studi nel seminario di Imola e ben presto divenne segretario del card. Ulisse Gozzadini, vescovo della città dal febbraio 1710; tornato a Bologna, dove risiedeva intorno al 1720, entrò in casa Ariosti con l'incarico di segretario. Nel 1722 era studente di matematica all'università di Torino e da qui si trasferì a Casale Monferrato, dove, almeno dal 1728, insegnò privatamente e fu anche professore di retorica nel ginnasio della città. A Casale divenne sacerdote, celebrandovi la sua prima messa.
Non sono molte le date sicure della biografia del D., ma i frontespizi delle sue opere a stampa e le indicazioni dei suoi numerosi manoscritti ci offrono a questo proposito riferimenti preziosi. Intorno al 1733 era tornato a Torino con l'incarico di professore di umanità presso le scuole regie aggregate a quella università, incarico che ricoprì fino all'ottobre 1740, entrando anche a far parte del Collegio delle scienze e delle arti.
Lasciata la capitale sabauda, il D. si trasferì quindi a Fabriano, dove conseguì il dottorato in teologia, che gli venne conferito da mons. Emerico Bolognini, allora governatore della città; nel 1743 era a Senigallia, dove venne eletto dai magistrati cittadini maestro di belle lettere, conservando l'incarico per oltre dieci anni e ottenendo per le sue benemerenze didattiche la cittadinanza onoraria in data 21 maggio 1753. Dopo aver risieduto a Senigallia almeno fino al 1756 e dopo una breve permanenza a Fano, ormai settantenne si trasferì definitivamente a Bologna, dove morì il 22 dic. 1765. Venne seppellito nella parrocchiale di S. Lorenzo.
Letterato e studioso di problemi stilistici e retorici, ma anche cultore di storia, il D. fu iscritto a diverse accademie, fra le quali ricordiamo la letteraria dei Difettuosi e la filosofica dei Sublimi, entrambe di Bologna.
A parte minori e dispersi componimenti poetici, come quelli che si incontrano, ad esempio, nella Raccolta di rime in applauso alle gloriosissime nozze del serenissimo Francesco principe di Modena colla serenissima Carlotta Aglae figlia di Sua Altezza Reale il duca di Orléans (Modena 1720), tra i suoi primi scritti si debbono ricordare il Calendarium Nonarum ac Iduum Tabulae ea frequentiori, quae Latini utuntur, ratione exaratai (Bononiae 1720) e anche le Osservazioni oratorie con breve e facile metodo esposte... a maggior comodo de' studiosi dell'eloquenza (Bologna 1723). Nel tomo I della prima parte della Bibliotheca scriptorum medicorum, raccolta da J.-J. Manget (Genevae 1731), il D. pubblicò la Io. Baptistae Blanchi Med. Doct... vita per Hieronymum de Bono Bononiensem descripta.
Alla sua attività didattica casalese sono invece legate le Praelectiones duae (Casali Montisferrati 1732) e naturalmente anche la sua prima opera importante da un punto di vista storico, la De Casalensis Ecclesiae origine, atque progressu, tum de episcopis eiusdem ab anno salutis 1474 usque ad annum 1732 historica narratio (Taurini 1734): G. A. Irico nei suoi Rerum contesterà più o meno amichevolmente diverse indicazioni e interpretazioni storiche proposte dal D. in questa opera.
Al periodo torinese del D. si riferisce non solo un componimento in versi anacreontici intitolato Invito ad Apollo e alle Muse per celebrare l'insigne trionfo delle virtù sopra i vizi riportato in occasione di un pubblico letterario esercizio fatto nella gran sala dell'illustrissima città di Torino dagli studenti umanisti delle Regie Scuole di Città Nuova l'anno 1734 (Torino 1734), ma soprattutto Li quattro libri di versi lirici di Q. Orazio Flacco (e insieme l'Epodo e il Carme secolare) tradotti dal D. "alla somiglianza del metro latino in versi volgari sciolti ridotti", che uscirono a Milano nel 1735 e furono inseriti nel tomo VIII della celebre Raccolta di tutti gli antichi poeti latini colla loro versione.
Dalla testimonianza del Quadrio e del Mazzuchelli apprendiamo che appartengono al D. le anonime Note compendiose, che riguardano la sola e semplice dottrina sopra le cinque giornate del Filalete del sig. dott. Biagio Schiavo, a utile della gioventù studiosa pubblicate da un dilettante di buone lettere. Parte prima (Venezia 1738) e anche quelle successive Sopra le ultime cinque giornate del Filalete. Parte seconda (ibid. 1738).
Con questi scritti il D. entrava nella polemica in corso, e che diventerà ben presto feroce, tra il padre T. Ceva e il suddetto Schiavo, sostenendo le parti del primo e le valutazioni da lui espresse nella famosa Scelta di sonetti con varie critiche osservazioni e una dissertazione intorno al sonetto (Torino 1735), aspramente impugnata appunto dallo Schiavo nel Filalete. Nonostante tutto il suo classicismo, il D. veniva così ad appoggiare il "petrarchismo moderato" e aperto al rinnovamento del Ceva contro l'aristotelismo pedante, il principio di imitazione e l'eccellenza insuperabile del Petrarca duramente proclamati dallo Schiavo.
A partire dal 1745 il D. si trovò invece impegnato in una aspra polemica con il medico umanista riminese Giovanni Bianchi (Ianus Plancus): sarebbe stato proprio lui a dar fuoco alle polveri, spulciando, da un punto di vista grammaticale, la biografia pubblicata (anonima, ma dovuta allo stesso Bianchi) nel primo volume, uscito a Firenze nel 1742, dei Memorabilia Italorum eruditione praestantium di G. Lami, con un opuscolo anonimo intitolato: In Io. Blanci, seu Iani Planci Ariminensis vitam animadversiones anonymo Bononiensi auctore (Mutinae 1745; il Melzi indica una ristampa bolognese di questo testo "con la correzione di non pochi errori che corsero nella prima edizione").
All'acrimonia di queste osservazioni rispose l'Epistola apologetica pro Iano Planco, dovuta alla penna di un "Simone Cosmopolita", apparsa a Rimini in quello stesso 1745, a cui replicava nel 1748 un opuscolo intitolato A Simone Cosmopolita utile monitorio di Tiburzio Sanguisuga Smirneo, pubblicato a Lugano. Se gli studiosi si mostrano sostanzialmente sicuri nell'attribuire al D. la paternità delle Animadversiones del 1745, non lo sono altrettanto per il Monitorio del 1748 (A. Fabi la ritiene solo "probabile"): ma un passo del Monitorio (p. 6: "Avere poi fatto un giudizio sciocco e temerario sopra il Delbonio, credendolo senza verun sodo fondamento autore del libro stampato in Modena presso il Torri...") dovrebbe indurci ad attribuirlo al D., mentre renderebbe per lo meno dubbia la sua paternità nei confronti delle Animadversiones, che d'altra parte contengono gravi inesattezze storiche che mal si conciliano con la buona cultura erudita del Del Buono.
Le segnalazioni che di questi scritti polemici troviamo sulle Novelle letterarie pubblicate in quegli anni a Firenze sono del tutto sbilanciate verso il Bianchi, il quale, del resto, era uno dei più importanti collaboratori di G. Lami; invece i cenni dedicati agli stessi scritti dalle Novelle di Venezia risultano senz'altro più equilibrati.
Come opera importante del D. dobbiamo ricordare ancora il De medica facultate in M. T. Cicerone omnino comperta, Hieronymi de Bono... subcisiva dissertatio, che apparve nel 1757 nel tomo III della Nuova Raccolta di opuscoli dell'abate A. Calogerà, dove l'autore intende dimostrare la perizia medica del grande oratore latino. Le Novelle letterarie di Firenze annotavano a questo proposito che, se l'autore non arrivava a persuadere del suo assunto, riusciva però a dare alle sue tesi un'aria di verosimiglianza "la quale si ravvisa però insussistente".
Il D. lasciò anche un buon numero di saggi rimasti manoscritti (elencati dal Fantuzzi), i quali oggi ci consentono di poter confermare la molteplicità e la varietà dei suoi interessi, con particolare attenzione per il mondo della cultura classica (traduzione delle Egloghe, delle Georgiche di Virgilio, dei Fasti di Ovidio, delle Satire e delle Epistole di Orazio in versi italiani, commento alla Poetica di Orazio), che si manifestava anche in alcune ricerche storiche sulla civiltà romana; accanto non mancano dissertazioni sui Padri della Chiesa, versioni di parti della Bibbia; infine ricerche di argomento medico, ma anche studi di carattere retorico-stilistico.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Magistrato della Riforma. Scuole provinciali, 2, cc. 7v, 16v; G. Sartori Borotto, Cinque lettere di B. Schiavo da Este, in Atti del R. Ist. veneto di scienze, lett. e arti, LXII (1902-03), 2, pp. 1040 s.; Lettere di ser Telacocca, Belvedere 1740, p. 110; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, 2, Milano 1742, p. 69; VII, ibid. 1752, pp. 58, 108; G. A. Irico, Rerum patriae libri III, Mediolani 1745, ad Ind.; Novelle letter. di Firenze, VI (1745), coll. 781 ss.; XVIII (1757), col. 403; Novelle della Repubblica letteraria, XXI (1749), coll. 91 s.; G. G. Carli, Scritture ... intorno a varie toscane e latine operette del sig. dott. G. P. S. Bianchi, Firenze 1749, p. 318; F. A. Zaccaria, Storia letter. d'Italia, II, Venezia 1751, p. 317; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2411 s.; G. Fantuzzi, Notizie d. scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 377-81; G. G. Bonino, Biogr. medica piemontese, II, Torino 1825, p. 19; S. De Renzi, Storia d. medicina ital., V, Napoli 1848, pp. 907, 915; .G. Melzi, Dizionario …, II, Milano 1852, pp. 9, 42, 239; L. Piccioni, Beghe accademiche, in Raccolta di studi critici dedicati a A. D'Ancona, Firenze 1901, pp. 505 ss.; A. Fabi, Bianchi, Giovanni, in Diz. biogr. d. Italiani, X, Roma 1968, p. 106; N. Merola, Ceva, Teobaldo, ibid., XXIV, ibid. 1980, p. 324.