DALLE VALLI, Girolamo
Nacque a Padova, poco prima del 1420, da ser Conte di Bernardo e da Lucia, figlia di Pietro Correr.
L'attività del padre, notaio in Padova, ci è documentata dagli atti che questi rogò negli anni dal 1417 al 1476. Abbiamo altresì notizia di un fratello del D., Giovanni Bernardo, nato probabilmente verso il 1434, il quale trascrisse numerosi componimenti del D. in un codice ora conservato a Holkham Hall, Norfolk, nella Library of the Earl of Leicester: "Ego Ioliannes Bernardus de Vallibus scripsi, miniavi et complevi hunc: librum in anno iubilei 1450 aetatis meae anno decimo sexto".
Sulla formazione del D. non si hanno, allo stato attuale degli studi, notizie esaurienti: è comunque facile supporre ch'egli abbia ampiamente attinto alle esperienze di quell'umanesimo minore che vide nello Studium patavino uno dei suoi centri più attivi. A Padova, infatti, il 12 nov. 1444 il D. conseguì la "licentia privati examinis et publica doctoratus in art[ibus]".
In quegli anni il D. compose un Carmen latino in esametri De passione Christi, che i codici e le stampe dei secolo XV-XVI intitolarono Iesuida o Iesus o Iesuoda. Dedicò questo suo breve componimento, poco più di quattrocento versi, a Pietro Donato, vescovo di Padova dal 1428 al 1445, ed è proprio la dedica a suggerirci che l'originaria stesura dell'opera non dovette essere posteriore a quest'ultima data.
Nel 1445 il D. compare più volte citato quale testimone ad esami di licenza in arti nell'università di Padova. Due anni dopo fu tra gli esaminatori di "Absolonis f. Petri de Capitaneis de Scalve", ma già dal 1446, a quanto afferma il Facciolati, avrebbe retto un "insegnamento straordinario" di medicina teorica. Infine, nell'ottobre del 1450, conseguì la licenza in medicina.
Negli anni seguenti il D., pur continuando nel proprio insegnamento di medicina, non trascurò la poesia. È del 1454 una sua orazione "Pro fortunatissimo ingressu rev. domini Fantini Dandulo episcopi Paduani" in occasione dell'elezione del Dandolo al vescovado. Negli anni 1464-65 troviamo, fra gli studenti che frequentarono le lezioni del medico padovano, l'umanista tedesco Hartmann Schedel, giunto a Padova nel dicembre del 1463 e poi "doctor in sacra medicina" nel 1466. Oltre che con il D., il quale fu promotore al suo dottorato, il giovane Hartmann intrattenne rapporti anche con il fratello di questo, Giovanni Bernardo, dal quale ebbe una lunga antologia di scritti umanistici (ms. Lat. 78 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco) contenente, fra l'altro, alcuni testi petrarcheschi. Tali rapporti appaiono poi particolarmente significativi se si pensa alla diffusione che ebbero, anche in Germania, gli scritti del D. e, prima fra tutti, la Iesuida. Proprio della Iesuida lo stesso Hartmann dovette possedere almeno due manoscritti (rispettivamente i codici n. 424 e n. 526 della Bayerische Staatsbibliothek), entrambi confezionati fuori di Padova ed uno di essi, in particolare, esemplato a Norimberga nel 1472. Inoltre, frequenti scritti del D. compaiono nelle miscellanee compilate dallo Hartmann. Nel codice miscellaneo n. 350 della Bayerische Staatsbibliothek, di mano del Hartmann, possiamo leggere l'orazione del D. in onore di Pasquale Malipiero per la sua elezione a doge nel 1457. Questa stessa orazione, ove il D. "artium et medicinae doctor" viene qualificato col titolo di "cavaliere", compare anche nel codice Ambrosiano C.145 inf. unitamente ad un'altra oratio, dello stesso, "in examina patricii veneti Benedicti Mauroceni in artium facultate".
Nell'ottobre del 1466 il D. fu promotore alla laurea in medicina di Giovanni dell'Aquila e due anni dopo al dottorato, pure in medicina, del bresciano F. Emigli. In quello stesso 1468, il 22 settembre, acquistò dalla biblioteca di S. Giovanni di Verdara "centum octo volumina librorum in medicinis, que fuerunt et sunt in bonis et hereditate q. excellentissimi artium et medicine doctoris domini magistri Ioliannis Marchanova", dietro pagamento di trecento cinquanta ducati. Quei codici erano stati venduti dal priore di Verdara in base a disposizione testamentaria del Marcanova - che permetteva di vendere quei libri ritenuti non adatti alla biblioteca - e non seguirono pertanto la sorte degli altri, che erano stati donati dal Marcanova alla Biblioteca di Verdara.
Incerta è la data della morte dei D., che pare fosse ancor vivo nel 1494: è probabile che egli sia morto prima della fine del secolo.
A quanto afferma l'erudito canonico padovano Bernardino Scardeone, di poco posteriore, il D. morì a Ravenna mentre si dirigeva verso Roma in qualità di ambasciatore del Senato veneto.
Notevole diffusione ebbe, ancor vivo il D., la Iesuida:oltre ai numerosi manoscritti ricordiamo, fra le prime edizioni a stampa del poema, gli incunaboli impressi ad Augusta negli anni 1471-73, a Basilea nel 1475 e ad Ingolstadt nel 1497. Nel suo poema il D., dando forma e contenuto classico ad un tema propriamente cristiano, narrò le vicende della passione di Cristo con toni descrittivi fortemente umanizzati e lontani dall'idealizzazione evangelica. La narrazione, che pure prende l'avvio da un concilio di divinità infernali, ove Plutone, nel rammentare le passate sconfitte, incita le forze del male alla lotta contro Cristo, trae spunt , o dai Vangeli trascendendo, però, da qualsiasi tentazione di misticismo e risolvendosi nella ricerca della forma classica. Se da un lato la vicenda della passione di Cristo vive all'interno di un ben più ampio disegno epico, ove proprio le forze del male ispirano la vendetta dei Farisei o il tradimento di Giuda, dall'altro il risultato poetico è tale che facilmente si intende come, più dei Vangeli, influirono sull'arte del D. Virgilio stesso e Donato. Oltre alla Iesuida e alle citate Orazioni sono stati dallo Scardeone per primo attribuiti al D. un poemetto di argomento erotico De amoribus ad Helysiam puellam e un carme sulle gesta degli antichi padovani illustri. I codici Marciano lat. XI-41 (4150) e C.M.422 della Biblioteca civica di Padova ci tramandano, inoltre, un poemetto del D. "in obitu Christinae Patavinae puellae luculentissimae". È infine noto un sonetto che il D. scrisse, in volgare, in risposta ad un altro del poeta padovano Antonio Baratella pubblicato dal Cestaro.
Fonti e Bibl.: Per i manoscritti contenenti le opere del D. cfr. K. Halm-G. Laubmann, Catal. codicum Lat. Bibl. Regiae Monacensis, I, 1, Monachii 1868, pp. 65, 82, 92, 111, 165; I,3, ibid. 1873, p. 32; II, 2, ibid. 1876, p. 32; II, 3, ibid. 1878. pp. 181, 224, 227; II, 4, ibid. 1881, pp. 126, 128; S. de Ricci, A Handlist of Manuscripts in the Library of the Earl of Leicester ar Holkham Hall, Oxford 1932, p. 38; H. Walther, Initia carminum ac versuum Medii Aevi poster. latinorum, Göttingen 1959, p. 550; sulle prime edizioni a stampa cfr. oltre a L. Hain, Repert. bibliogr.…, Milano 1948, nn. 15.838-45; anche Indice gener. degli incunaboli..., V, Roma 1972, nn. 10.109 ss.; sul D. cfr. inoltre B. Scardeoni De antiquitate urbis Patavini, Basileae 1560, p. 239; A. Zeno, Dissertaz. Vossiane..., I, Venezia 1752, pp. 137 Ss.; I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini..., I, Patavii 1757, p. 127; B. Cestaro, Rimatori Padovani del sec. XV, in L'Ateneo veneto, XXXVI (1913), 2, pp. 122 s.; R. Cessi, Un poemetto cristiano del sec. XV, in Raccolta di studi di storia e critica letter. dedicata a F. Flamini, II, Pisa 1918, pp. 684-691; P. Sambin, La.formazione quattrocentesca della Biblioteca di S. Giovanni di Verdara..., in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, classe di scienze morali, CXIV (1955-56), p. 267; G. de Sandre, Il testamento di Giovanni dell'Aquila, in Quaderni per la storia dell'univ. di Padova, I (1968), p. 169 n. 1; A. Sottili, Studenti tedeschi a Padova…, ibid., pp. 57-60; G. Zonta-I. Brotto, Acta graduum academ. Gymnasii Patavini, II, Padova 1970, pp. 200 s., 206, 213, 221, 263, 239; G. Bonfiglio Dosio, I bresciani Emigli…, in Quaderni Per la storia dell'univ. di Padova, VIII (1975), p. 81 e n, 46; G. Mazzatinti, Inventari dei mss. delle Bibl. d'Italia, II, p. 78; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 8, 320; II, pp. 21, 23, 120, 147, 190, 253, 302, 495, 551.