CICOGNA, Girolamo
Nacque a Venezia con ogni probabilità nel 1489, da Francesco di Marco e da Paola Coppo di Nicolò.
La sua data di nascita non figura nel Libro d'oro dell'Avogaria di Comun (che inizia nel 1506) e viene erroneamente collocata nel 1507 dallo schedario delle nascite dell'Archivio di Stato di Venezia, il quale confonde la data di nascita con la registrazione di nobiltà, avvenuta proprio in quell'anno, per poter entrare a diciotto anni, per sorteggio, nel Maggior Consiglio. Inoltre il necrologio nei libri dell'Avogaria afferma che il C. morì nel 1569 all'età di 80 anni; le due indicazioni concordano quindi nel collocare la sua nascita nel 1489. Questa retrodatazione ci permette anche di stabilire che sua madre fu appunto Paola Coppo, primamoglie di Francesco Cicogna e non, sempre come afferma lo schedario, Paola Comer di Nicolò, che Francesco sposò in seconde nozze nel 1498. Il C. ebbe quattro fratelli: Marco, nato nel 1483; Nicolò, nato nel 1486; Giovanni Domenico, nato l'anno successivo e Gabriele, nato nel 1491 e padre del futuro doge Pasquale Cicogna. Tutti i fratelli percorsero la consueta carriera politica dei patrizio veneto, ricoprendo svariate cariche; ma di essi il C. fu senz'altro il più illustre e fortunato e al suo nome in primo luogo sembra legata la notevole ascesa della famiglia Cicogna nel '500, ascesa che culminerà nell'elezione al dogado nel 1585 del nipote Pasquale.
Nel 1514 il C. sposò Elena Loredan di Resti (Oreste); nel 1520 ebbe il primo figlio, Francesco Paolo, che morì quasi subito; nel 1523 fu rettore di Tine e Micone ed in questo periodo gli nacque il figlio Francesco Gaspare, il quale fu registrato presso l'Avogaria a Venezia, due anni dopo. Il 17 nov. 1525 gli nacque il terzo figlio, Leonardo e il'21giugno 1528 il quarto, Giovanni Domenico; dall'agosto 1528 fu consigliere a Creta, dove gli nacque il quinto figlio, Nicolò; avrà ancora Gabriele nel 1534 e due figlie, Paola ed Elisabetta.
Sin da questi primi incarichi di cui si ha notizia si può notare come anche col C. si confermi la tradizionale presenza della famiglia Cicogna nei domini veneziani del Levante: il padre Francesco era stato podestà di Malvasia nel 1480 e provveditore generale in Morea e Romania nel 1498; lo zio Bernardo aveva combattuto contro i corsari turchi nel 1496. Nel 1531 il C. ritornò a Venezia e da questo momento in poi la sua vita si identifica con le cariche ricoperte al servizio della Repubblica, fino a che arrivò, nell'ultimo decennio della sua vita, a ricoprire cariche altissime, segno di un raggiunto prestigio politico che ha il suo riscontro nella sempre più massiccia avanzata di suoi figli e nipoti negli organi politici veneziani. Nel 1531 fu uno dei tre auditori vecchi delle sentenze; dal settembre 1534 al gennaio 536 fu giudice alla curia di petizione; dal gennaio 1537 al gennaio dell'anno successivo fu provveditore alla Sanità; dal gennaio 1538, per ventidue mesi, fu conte di Zara.
Erano quelli gli anni della sfortunata guerra di Venezia, alleata con gli Asburgo ed il papa, contro i Turchi e le preoccupazioni principali del conte di Zara non potevano essere che di ordine difensivo e militare; il C. nella sua relazione affronta, oltre a consueti problemi di fortificazione e di armamento, la questione dei difficili rapporti tra i soldati e gli abitanti della città, i quali dichiarano al rettore di essere disposti a difendere la città da soli, pur di liberarsi della devastante presenza dei soldati preposti alla difesa. Per cui, conclude il C., datoche non si può ridurre la presenza militare in una città così importante, ma dato anche che stando così le cose si corre il rischio di grossi inconvenienti, bisogna che i capitani militari siano "homini discreti" nel cercare un equilibrio di convivenza con i cittadini.
Nel 1540 il C. fu probabilmente camerlengo a Treviso (ma il nome riportato dal segretario alle Voci non è ben leggibile); dal 1547, al '43 fu provveditore e capitano a Salò; dal luglio 1543, per dodici mesi, fu dei savi sopra le Decime di Rialto; dal marzo 1545 al luglio 1546 fu provveditore e capitano di Legnago; dal settembre 1548 al gennaio 1550 fu podestà e capitano di Capodistria; nel 1550. Si fu provveditore sopra gli Atti dei sopragastaldi e nel 1551-52 podestà e capitano di Rovigo; dal dicembre 1553 all'aprile 1555 fu governatore agli Introiti; nel 1556 fu dei quarantuno elettori del doge Lorenzo Priuli e dall'agosto 1556, per due anni, fu duca di Candia.
La carica di duca di Candia era molto importante (nonostante che dalla metà del secolo XVI con sempre maggiore regolarità si trovasse superata da quella di provveditore generale dell'isola) e dopo il C. troviamo, nello spazio di trent'anni, ben tre altri membri della famiglia Cicogna che la ricoprono: i nipoti di lui Pasquale e Marco e il figlio Giovan Domenico. Della permanenza a Candia del C. non abbiamo la relazione; ci restano alcuni dispacci in cui si discutono problemi di produzione del sale e di approvvigionamento.
Nel febbraio 1560 la sua carriera politica culminò nell'elezione a consigliere del Minor Consiglio ed è questa la data a cui possiamo far risalire l'inizio dell'affermarsi della famiglia Cicogna nell'oligarchia senatoria veneziana. Dal dicembre 1560 all'aprile 1569 fu capitano di Padova con Alvise Mocenigo podestà; dall'ottobre 1562 al settembre 1563 fu nuovamente eletto al Minor Consiglio; nel 1563 fu provveditore sopra gli Ospedali; dal giugno 1565 al maggio 1566 fu per la terza volta consigliere del Minor Consiglio e subito dopo, fino all'agosto 1567, fu podestà di Padova con Lorenzo da Mula capitano.
A Padova lo troviamo inipegnato in azioni contro l'eresia serpeggiante nel clima naturalistico dell'università: riceve ordine dal Consiglio dei dieci di arrestare Guido Zanetti e di sequestrarne i libri; il C. risponde in seguito di aver sequestrato ben 393 libri in casa dell'incriminato, dei quali allega un parziale elenco: vi figurano libri di scienza, matematica ed astrologia; testi di Erasmo, di Agricola, di Gelli; il Decameron;ed i Discorsi, il Principe e le Istorie di Machiavelli. Il C. segnala in un'altra lettera di aver arrestato "per la santa Inquisitione" un fra' Antonio.
Il 27 ag. 1565 il C. aveva scritto il suo testamento con lo scopo fondamentale di predisporre le cose in modo tale che i suoi beni non potessero andare che ai suoi eredi legittimi, fossero pur essi, in caso di mancanza di discendenza maschile, i discendenti della figlia Paola. Per l'altra figlia Elisabetta, invece, ha parole dure, essendo stata "molto desobediente fia".
Morì a Venezia il 1°dic. 1569.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Nascite Patrizi, reg. 51/1; Balla d'oro, reg. 165/IV; Cronaca matrimoni, reg. 107; Necrologi di nobili, b. 159, n. 1; Segretario alle Voci, Regg. Elezioni Maggior Consiglio, nn. I-IV; Regg. Elezioni Senato, nn. I-III; Testamenti, b. 194, n. 529; Senato, Relazioni rettori, b. 61; Capi Consiglio dei Dieci, Lettere di Rettori, b. 215 ff. 118-119; b. 60, ff. 39-42; b. 83, ff. 19, 24, 25 (questi tre mancanti), 68, 71-74; b. 220, f. 60; b. 256, ff. 272-274; Venezia, Bibl. naz. Marciana, cod. Ital., cl. VII, 925 (= 8594): M. Barbaro, Arbori dei patrizi veneti, c. 245r; Ibid., cod. Ital., cl. VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, c. 263r; F. Comer, Creta sacra, II, Venezia 1755. p. 426.