CAPACCI, Girolamo
Nacque a Siena da Pierluigi nel 1515. Come appartenente a una delle più potenti famiglie del monte del Popolo, salita in potenza durante il secolo precedente per avere svolto una intensa attività commerciale e occupato un ruolo di primo piano nella vita pubblica senese, il C. già nel gennaio-febbraio 1537 siedeva nel Concistoro della Repubblica di Siena in rappresentanza del terzo di Camollia, dove da numerosi decenni i Capacci avevano i loro edifici.
Proprio in quell'anno il monte del Popolo, che aveva assunto il sopravvento sugli altri monti in cui era divisa la classe dirigente senese, era travagliato da una grave crisi interna determinata da un'aspra lotta per il potere tra la fazione capeggiata dai Bandini e quella guidata dai Salvi, ai quali i Capacci si erano uniti. La preponderanza che i Salvi e i loro seguaci minacciavano di raggiungere, con l'appoggio del duca di Amalfi, suscitò la reazione dei Bandini che nel 1539 ordirono una congiura contro di loro.
Il tentativo fallì per il pronto intervento di Giulio Salvi che ricevette aiuto dal C., da Girolamo Spannocchi e Andrea Landucci. L'episodio dimostra come già il C. fosse riuscito a inserirsi nel gioco intricato della politica senese. Tuttavia non abbiamo più notizie di lui sino al principio del 1546, anno nel quale si rinnovarono gli scontri tra le fazioni e in particolare tra quelle popolari. Il monte dei Nove, approfittando delle divisioni degli avversari, era riuscito a riacquistare autorità e ora, mentre i Bandini sostenevano doversi giungere a un accordo, il C., il Salvi e altri ribattevano che era necessario seguire una linea più intransigente.
A un incontro, convocato dall'arcivescovo Bandini, prese parte anche il C. che sostenne con durezza la linea del Salvi. La fazione dei Bandini e di Giovanni Palmieri riuscì a imporsi e a costituire un governo ben presto rivelatosi debole perché attaccato da una parte dai Nove, comunque rimasti esclusi, e dall'altra dai popolari facenti capo alla famiglia Capacci. Il C., che ne era divenuto il membro più autorevole, dal gennaio 1546 ricoprì per sei mesi la carica di magistrato della Biccherna e nel bimestre settembre-ottobre quella di consigliere del capitano del popolo. Nel 1547 sostenne un grave scontro con Giovanni Palmieri: per poco non si venne alle armi, poiché ambedue gli avversari avevano alle spalle familiari e partigiani ormai decisi ad affrontarsi.
Nuove importanti funzioni pubbliche toccarono al C. nel 1549: da gennaio a giugno ancora nella Biccherna, tra i "risieduti" nel Concistoro per il bimestre luglio-agosto e tra i consiglieri del capitano del popolo da settembre a ottobre.
Dalla metà, del XVI sec. Siena dovette sopportare un controllo sempre più opprimente da parte dei rappresentanti dell'imperatore Carlo V, sino ad assistere impotente all'erezione di una fortezza destinata ad accogliere le truppe dell'imperatore che costituivano la guarnigione spagnola.
In questi anni il C. è ancora impegnato nella vita pubblica con importanti mansioni. Nei primi mesi del 1551 svolge funzioni di commissario generale nella Val di Chiana alle dipendenze del rappresentante dell'imperatore a Siena, don Diego Hurtado de Mendoza, con il compito di procurare alla città gli approvvigionamenti di grano e di requisire allo scopo le bestie da soma della regione, esperienza che sarà proficua per il C. nel momento più drammatico della difesa di Siena, tre anni dopo.
Negli anni seguenti il C. è ancora impegnato in diverse missioni nel territorio della Repubblica e nel 1553 figura tra i consiglieri del capitano del popolo in Concistoro per l'arco di due trimestri successivi, da gennaio a giugno. Infine, testimone delle vicende che conducono Siena a subire l'assedio degli Spagnoli e dei Medicei, è tra gli uomini di maggiore fiducia di Pietro Strozzi, che, nel corso dei preparativi per lo scontro decisivo con gli assedianti, lo sceglie quale commissario insieme con Claudio Zuccantini per requisire viveri e procedere all'arruolamento nell'intero territorio senese. Nella primavera del 1554, infatti, il C. pone il suo quartiere generale a Montalcino, donde dirige i preparativi per la battaglia che segnerà la fine delle speranze di rivincita dei Senesi.
La caduta della Repubblica e le vicende successive non hanno il C. tra i protagonisti e anche se egli, come la maggior parte dei più autorevoli membri della classe dirigente senese, tornò in Siena - ma di ciò non abbiamo notizia - certamente non dovette rivestire alcuna carica importante.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, ms. A 49: Famiglie nobili esistenti. Battezzati, c. 21t; ms. A 13: A. Sestigiani, Famiglie nobili senesi, c. 232; ms. D 23: G. Tommasi, Deca seconda delle historie di Siena, libro IX, coll. 746, 800, 842; ms. A 62: Risieduti nei magistrati di Siena di famiglie esistenti, II, cc. 135, 135t; Particolari,famiglie senesi, 32; Concistoro 2105, n. 41, 2338, cc. 44, 73t, 82, 82t, 93, 94; Balia 767, nn. 19, 25; 768, n. 54; 769, nn. 9, 46; 771, n. 39; G. A. Pecci, Memorie storico-critiche della città di Siena..., III, Siena 1758, p. 159; IV, ibid. 1760, p. 140; A. d'Addario, Il problema senese nella storiaitaliana…, Firenze 1958, p. 31; R. Cantagalli, La guerra di Siena(1552-1559), Siena 1962, p. 243.