BELLARMATI, Girolamo
Nacque a Siena il 24 ag. 1493, da Ippolito e da Margherita Piccolomini. La sua giovinezza fu divisa tra gli studi di matematica, di cosmografia e di architettura, compiuti probabilmente ad Urbino, e la partecipazione alle contese faziose della sua città.
La sua famiglia, infatti, appartenente al Monte dei Nove e imparentata con il "tiranno" Pandolfo Petrucci, ebbe un ruolo di primo piano nei drammatici avvenimenti senesi dei primi decenni del sec. XVI. Dopo la morte di Pandolfo i Bellarmati si impegnarono a sostenere le pretese all'egemonia cittadina del figlio di lui, Borghese, contro il vescovo di Grosseto, Raffaele Petrucci. Alle alterne vicende di questa contesa si riferiscono alcuni episodi della giovinezza del B., come la sua esclusione, il 26 dic. 1515, dalla confraternita di S. Girolamo, di cui faceva parte dal 1510, e l'assunzione della dignità di portabandiera della contrada di S. Agata nel 1518e nel 1520, nel periodo cioè in cui il padre esercitava le alte cariche di gonfaloniere e di camerlengo della Biccherna. Probabilmente al 1520è databile il matrimonio del B. con Laura di Mino Verdelli, dalla quale ebbe nel 1521 Lelio (detto Attilio in alcuni documenti), Fulvia l'anno successivo e Claudio Giovanni Battista nel 1527.
Nel 1525, con il sopravvento in Siena della fazione dei popolari e l'espulsione dei principali esponenti noveschi, anche il B. e i suoi familiari dovettero abbandonare la città. Non si sa quale contributo egli abbia dato ai reiterati tentativi dei fuorusciti di ritornare in Siena con l'appoggio di Clemente VII e dei Fiorentini. Il suo duraturo risentimento contro Virginio Orsini, ritenuto responsabile del fallimento della spedizione del 1525, lascia supporre che partecipasse almeno a questo episodio. In ogni caso il fatto che a quei tentativi prendessero parte il padre e i fratelli Giulio e Scipione, tutti caduti prigionieri dei Senesi e in tempi diversi giustiziati, gli precluse la via del ritorno in patria: non pare, infatti, che egli desse qualche motivo al provvedimento di proscrizione deciso dalla Signoria senese il 29 ott. 1539 e confermato due anni dopo, se non appunto la sua discendenza da Ippolito e forse la sua parentela con Francesco Petrucci, il quale capeggiava i complotti dei noveschi contro la città. Mentre la moglie e i figli, dopo averlo inizialmente accompagnato nell'esilio, facevano ritorno a Siena, distaccandosi definitivamente da lui, il B. girovagò a lungo per l'Italia, insegnando le matematiche e continuando gli studi di architettura e cartografia.
Di questo periodo è una sua Chorographia Tusciae, un lavoro eccellente, pubblicato in prima edizione a Roma nel 1536 e più volte ristampato, inserito in atlanti ed anche contraffatto per quasi un secolo. La carta, comprendente la Toscana e parte del territorio romano, è composta di quattro fogli intagliati in legno, misuranti cm 112 × 78, e fu eseguita, come lo stesso B. avverte nella dedica a Valerio Orsini, in base a rilievi, misure e osservazioni in loco, con particolare attenzione per i centri abitati.
Non si sa quando il B. prendesse contatti con la corte di Francia, al cui servizio trascorse la seconda parte della vita. Un primo rapporto fu forse allacciato sin dal 1538, quando egli si trovava a Venezia, tramite tra lui e Francesco I Cesare Fregoso, l'influente diplomatico genovese al servizio della Francia. E tale presentazione dovette essere, oltre che autorevole, particolarmente calorosa, se Francesco I poté affidare al B., che non pare avesse ancora dato prove rilevanti della sua perizia di architetto, un incarico di grande prestigio e responsabilità, quale la sistemazione del porto e delle fortificazioni di Le Havre de Grâce, nonché l'urbanizzazione del centro abitato, che veniva crescendo nell'entroterra sin dal 1516, quando si era deciso di sostituire con il nuovo porto alla foce della Senna quello di Harfleur, che le inondazioni avevano insabbiato.
Il B., riconosciuto il carattere lagunare della zona, propose una sistemazione simile a quella di Venezia e Francesco I, con una lettera di commissione del 18 giugno 1541, non solo approvò il suo progetto e gli diede pieni poteri per la sua realizzazione, ma gli affidò anche i compiti di tesoriere e amministratore delle ingenti somme necessarie all'opera. Il contributo dato dal B. alla costruzione del porto e della città, sebbene vi lavorasse per non più di due anni, fu specialmente importante per l'inflessibile energia con cui - ricorrendo anche alle milizie regie - seppe vincere le mille difficoltà che si frapponevano da decenni alla realizzazione dell'iniziativa, che colpiva gli interessi particolaristici di influenti corporazioni e famiglie locali. Il suo contributo più originale fu tuttavia quello dato all'urbanizzazione e al popolamento, in virtù di particolari privilegi concessi agli immigrati, di alcuni quartieri della nuova città, che mantennero per secoli l'impronta, ricevuta dall'architetto senese.
Nel 1543 Francesco I propose al B. di accompagnare Virginio Orsini, che, a capo di quattro galere, si accingeva ad una scorreria su Barcellona, ma egli rifiutò decisamente, adducendo la scarsa fiducia che aveva nell'Orsini dopo il tentativo antisenese del 1525. L'anno successivo lavorava alle fortificazioni di Dieppe, ma nell'agosto, dopo l'occupazione di Epernay e di Château Thierry da parte degli Spagnoli, il timore che gli Imperiali si spingessero sino a Parigi fece sì che il B. fosse richiamato d'urgenza a rinforzare in vari punti le fortificazioni della capitale.
A dar credito al racconto del Cellini, questi lavori sarebbero stati affidati in un primo tempo all'artista fiorentino dallo stesso Francesco I; ma poi, per gli intrighi di Madame d'Etampes, decisa a favorire la vittoria di Carlo V, ne fu incaricato il B.; questi, per favorire il disegno della potente gentildonna, avrebbe "messo in opera la più lunga via da forzificare... e, se lo imperadore spigneva innanzi, con gran facilità si pigliava Parigi". Risulta in ogni modo che il B. eseguì diligentemente i lavori disposti dall'ammiraglio d'Annebaut, rafforzando le mura della città con terrapieni, aggiustando le controscarpe e sistemando i fossi. Aveva anche iniziato la costruzione di alcuni baluardi, che poi, cessato il periodo dell'assalto spagnolo, non vennero più eseguiti.
Nel 1546 il B. si recò in Piemonte a ispezionare alcune fortificazioni francesi: in questa occasione Ercole II d'Este lo chiamò a Modena per avere un parere sul restauro delle mura della città. Alla fine dello stesso anno era di nuovo in Francia quale commissario generale alle fortificazione di Borgogna; nel 1547 costruì una nuova cinta a Digione e a Châlon-sur-Saône; qui ebbe notizia della revoca del bando da parte della balia di Siena e pare che profittasse della cosa per un breve ritorno nella città natale sul finire del 1547. Dal 1550 pare che il B. lavorasse ai nuovi lavori di fortificazione di Parigi decisi da Enrico II. Morì a Châlon-sur-Saône il 28 apr. 1555.
Fonti e Bibl.: C. Tolomei, Sette libri delle lettere, Venezia 1565, I, cc. 30-38; B. Cellini, Vita, in Opere di B. Castiglione, G. Della Casa, B. Cellini, a cura di C. Cordié, Milano-Napoli 1960, p. 846; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 641; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., IV, Milano 1833, p. 332; F. Inghirami, Storia della Toscana, I, Fiesole 1843, p. 213; C. Promis, Biografie di ingegneri militari italiani..., in Miscell. di storia ital., XIV, Torino 1874, pp. 98-103; R. Almagià, Monumenta Italiae cartographica, Firenze 1929, pp. 19 s., 74; P. Gras, Les dernières années et la mort de G. B., ingénieur italien au service de la France, in Bull. philol. et histor. du Comité des travaux histor. et scientifiques, années 1953 et 1954, Paris 1955, pp. 259-263; R. Almagià, Documenti cartogr. dello Stato Pontificio, Città del Vaticano 1960, pp. 10 s.; R. Herval, Un ingénieur siennois en France au XVIe siècle, in Bullett. senese di storia patria, LXVII(1960), pp. 85-109; R. Herval, G. B. et la création du Havre, in Etudes normandes, XL, 3 (1961), pp. 33-42.