BARBARIGO, Girolamo
Nacque il 26 sett. 1531 da Matteo e da Laura Valier; nel 1560 sposò Barbara Barbaro di Zaccaria. Fu protagonista di uno dei più clamorosi casi di peculato del suo secolo, testimonianza di una corruzione diffusa nella classe dirigente veneziana. Appartenente ad una delle più potenti famiglie del patriziato, era avviato a una facile e brillante carriera politica, anche perché si era guadagnato fama di grande integrità ed era un esperto in materia finanziaria. Aveva molto meritato della Repubblica quando nell'anno 1579, essendo il regolatore sopra la Scrittura assieme a Zaccaria Contarini e a Lorenzo Bernardo, aveva collaborato all'attuazione di una radicale revisione di tutte le pubbliche casse e del bilancio dello Stato: operazione che portò al reperimento di importanti somme di denaro, con le quali fu possibile compiere in sette anni, fino al 1584, l'affrancazione dei più gravosi titoli del debito pubblico (aventi un tasso d'interesse dal 14 al 7 per cento), che secondo i primitivi calcoli avrebbero potuto concludersi soltanto in vent'anni.
Improvvisamente, nell'aprile del 1585, scoppiò lo scandalo, che rivelò sotto l'apparenza dell'onesto amministratore un funzionario corrotto, che si era appropriato di ingenti somme di denaro pubblico. Il peculato era stato consumato ben dieci anni prima, tra il 1574 e il 1576, quando il B., ricoprendo il severo ufficio di sindaco e inquisitore in Terraferma, aveva riscosso dai debitori della Signoria 20.000 ducati e se ne era appropriato, dopo aver indotto con un donativo il "nodaro" dell'ufficio dei Savi sopra i Conti a far sparire i libri contabili.
Può sembrare questo espediente ingenuo per un esperto di questioni finanziarie, ma il B., conoscendo profondamente il disordine che regnava nell'amministrazione dello Stato, confidava nell'incuria e nell'assenza di adeguati controlli, nella stessa lentezza dell'organismo burocratico. In effetti i libri rimasero nascosti dieci anni; ma finalmente, messo in carcere lo scrivano dell'ufficio e procedendo i tre savi sopra i Conti alle esecuzioni contro i comuni che si credevano ancora debitori al fisco, questi presentarono le ricevute dei versamenti effettuati. A questo punto, non si sa come, i libri dei conti tornarono alla luce; il B. confessò e pagò subito 2.000 ducati, promettendo di saldare l'ammanco a poco a poco; ma la Quarantia criminale lo condannò in contumacia al bando perpetuo, imponendo una taglia sul suo capo, e decretando l'impiccagione se fosse venuto nelle mani della giustizia. I suoi beni furono confiscati.
Dopo tanti clamori, sopito lo scandalo, secondo il rilassato costume della giustizia veneta, il B. fu assolto dal bando nel 1588 e poté ritornare a Venezia, dove morì il 7 sett. 1591.
Fonti e Bibl.: Venezia, Arch. di Stato, M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, I, p. 172; Ibid., Civico Museo Correr, cod. Cicogna 25 ss, A. Michiel, Annali, I, cc. non numerate, alle date 19 e 21 apr, 1585; una scialba relazione dell'incriminato sindacato in Terraferma, presentata dal B. nell'agosto del 1577 assieme al collega Antonio Miani, è conservata all'Arch. di Stato di Venezia, Collegio, V (Secreta), Relazioni, b. 33, reg. 4 delle relazioni miste, cc. 35 r. - 36 r.; al B. si riferisce probabilmente il ms. 1757, 2, ff. 15-22 della Biblioteca Angelica di Roma, contenente: Pauli Contareni Relatio Senatui veneto, divisus in Partibus Orientis syndicatu, una cum Hieronimo Barbarigo, in qua describuntur insulae Corcyra, Zacinthus, Cephalone et Creta.Alcune scritture recanti anche la sua firma, relative alla regolazione delle pubbliche casse, sono pubblicate in Bilanci generali della Repubblica di Venezia, I, 1, a cura di F. Besta, Venezia 1912, pp. 260-280, 605-611; G. Cozzi, Il doge Nicolò Contarini, Venezia-Roma 1958, pp. 25, 315.