AMADEI (Amidei), Girolamo (Hieronymus Lucensis, Hieronymus de Luca)
Nato verso il 1483 a Siena (ma il Lucchesini lo ritiene, diversamente dal Giani, di nascita lucchese), professò nell'Ordine dei Servi di Maria a Lucca (donde l'appellativo col quale è generalmente conosciuto). Lo troviamo nel 1506 reggente dello studio dell'Ordine a Padova; nel 1507 ottenne a Bologna la laurea in teologia. Il periodo immediatamente successivo della sua vita è in gran parte oscuro: avrebbe avuto la pubblica lettura di teologia a Siena per incarico della Signoria, stando al Mazzuchelli (ma la notizia, allo stato attuale degli studi, non èaltrimenti confermabile) e ricoperto incarichi pubblici. Nel 1511 intervenne al capitolo generate di Forli, che vide insieme i padri dell'Ordine e quelli della Congregazione dell'Osservanza, e nelle discussioni si segnalò fra i teologi dei conventuali.
Contribuì nel 1513 alla elaborazione delle nuove costituzioni degli osservanti, che garantirono una certa libertà alla Congregazione di fronte all'Ordine e che mirarono, per l'intervento e la mediazione del cardinale protettore Antonio Del Monte, a risolvere i gravi dissensi che dividevano da tempo i due rami dei Servi di Maria. Ma la concordia risolse solo momentaneamente i contrasti che dovevano esplodere in forma violenta quando l'A. assunse la carica di generale dell'Ordine e diede inizio ad una energica attività di accentramento e di riforma.
Nel 1517 (Giani, Mazzuchelli, Lauchert) l'A. fu inviato in Germania dal generale Angelo d'Arezzo come vicario, per la visita ai conventi dell'Ordine, la celebrazione dei capitoli provinciali e la lotta contro il luteranesimo in Sassonia.
Tale data (mentre il Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., II, coll. 915-916, pospone il viaggio dell'A. al 1521) è confermata da un cenno della prefazione all'In Pomponacium de anime immortalitate, elaborato in breve tempo e compiuto dall'A. il 14 apr. 1518: "Quum ex Alamanica conventuum nostrorum visitatione rediissem..." (c. 2r). L'A. intervenne nel 1521 al capitolo generale dell'Ordine tenuto a Verona che assunse una decisa posizione nei riguardi del movimento luterano, dopo la condanna di Lutero pronunziata l'anno precedente con la Exurge Domine. Le Solutiones apparentium rationum Martini Lutheri, apparse a Roma nel 1523, si collegano direttamente a questi momenti della vita dell'A. e ai suoi orientamenti di controversista.
Dopo la morte di Angelo d'Arezzo (1522), l'A., il 4 febbr. 1523, fu nominato dal cardinale protettore Del Monte e confermato da Adriano VI vicario generale dell'Ordine. Il capitolo generale tenuto con ritardo, per la peste, a Faenza nel 1524 lo elesse generale.
L'A. iniziò subito, sulla traccia dei decreti votati a Faenza, un 'intensa opera di riforma dell'Ordine. Di essa abbiamo per ora scarsi elementi (riforma dell'abito per l'eliminazione di abusi e per il ritorno alla regolare onestà; progetto di riforma del secondo e terzo Ordine femminile, affidato all'A.; incarico all'A. di ottenere dalla S. Sede la conferma dell'Ordine "veluti medium inter Conventuales et Congregatos", cfr. Giani, p. 84), ma una ricerca in questo senso costituirebbe una pagina interessante della grave crisi attraversata dai serviti nell'ambito della più generale decadenza degli Ordini religiosi nel primo '500,e degli urti e delle difficoltà dell'azione di riforma. Questa si svolse mediante visite a vari conventi da parte di visitatori (Forli, Imola, ecc.) o condotte personalmente dall'A. (Milano); attraverso i decreti dei capitoli generali di Cesena, del 1527, che confermò i decreti del capitolo di Faenza, di Barbiano (Bologna), del 1530, di Siena, del 1533, che riconfermò l'A. quale generale e che, dopo un discorso di viva deplorazione da parte dell'A., stabili di affidare Monte Senario, gravemente decaduto, alla cura dei padri dell'Annunziata di Firenze.
L'opposizione alle riforme dell'A. si accentuò col tempo, in specie quando egli prese ad urtare le prerogative e i privilegi della Congregazione dell'Osservanza, che reagi in im primo momento notificando all'A., il 22 apr. 1528, per mano del notaio ferrarese Gerolamo "de Chechino", una diffida nella quale si richiamavano i termini della concordia stipulata nel 1513 fra osservanti e conventuali e si chiedeva al generale di non fare cosa contraria al pattuito. Poiché non si dovettero raggiungere i risultati sperati, l'8 maggio 1530 il capitolo generale dell'Osservanza riunito a Padova si appellava direttamente al papa contro l'A. e contro il cardinale protettore, un cui monitorio aveva ingiunto alla Congregazione di prestare nel futuro capitolo (di Barbiano) la debita obbedienza al generale e al generale di associarsi nel capitolo due padri dell'Osservanza e di provvedere alla riforma della Congregazione stessa. Clemente VII rispose il 21 sett. 1530 annullando i deliberati del capitolo generale dell'Osservanza che venne riconvocato a Roma, per le pressioni del cardinale protettore, il 31 ottobre seguente. È evidente lo stretto accordo venutosi a creare per l'opera di riforma tra il Del Monte e l'Amadei. Questi chiese ai pochi padri convenuti il diritto di visitare la Congregazione, di trasferire annualmente frati dell'Ordine nei conventi dell'Osservanza e frati dell'Osservanza nei conventi dell'Ordine, per procurare la necessaria riforma (ma era chiaro al tempo stesso il tentativo di giungere ad un livellamento tra conventuali e osservanti). Al rifiuto del capitolo della Congregazione l'A. oppose nuove pressioni, mentre il Del Monte ordinava ai padri di non allontanarsi da Roma o, se inevitabile, di nominare procuratori. Mancano notizie sull'esito di questo contrasto.
Morto il Del Monte (1533), succedutogli come cardinale protettore dell'Ordine dei Servi di Maria Antonio Sanseverino, e venuto a mancare all'A. un valido appoggio, la battaglia tra il generale e l'Osservanza (ma anche tra l'A. e altri superiori dell'Ordine ostili alle visite e all'opera di riforma) ebbe il suo epilogo probabilmente intorno alla questione del convento della Consolazione di Ferrara. Questo, già dell'Osservanza, ma assorbito nell'Ordine dall'A. per intervento del Del Monte (secondo la deposizione dell'osservante G. B. da Rovato, cfr. Vicentini) fu rivendicato nel 1535 dal vicario della Congregazione Giovan Paolo da Brescia che, come appare dalla citata deposizione, poté giovarsi del favore del cardinale Corner. Nel gennaio dello stesso 1535 la convergenza di diversi settori di opposizione portava alla deposizione dell'A. nel corso di un capitolo generale sul quale non abbiamo altri particolari. L'irregolarità del procedimento fu posta in evidenza con vigore dal datano Bartolomeo Guidiccioni, familiare di Paolo III (v. la sua lettera al pontefice in Barb. Lat.1173, ff. 163v-165r): ma a nulla valse il suo intervento presso il papa, che nominò un vicario generale dell'Ordine nella persona di Dionisio Laurenio confermato priore generale fino alla nomina di Agostino Bonucci (1542) e, accolte le formali dimissioni dell'A. (di cui parlano gli annalisti dell'Ordine e gli altri biografi senza accennare alla precedente deposizione dell'A. che risulta soltanto dalla ricordata lettera del Guidiccioni), lo nominò, il 16 genn. 1537, vicario generale con diritto di amministrazione perpetua del convento di Lucca. Qui l'A. trascorse i suoi ultimi anni e qui probabilmente compose la sua ultima opera, l'Epistola... ad Bernardinum Ochinum Senensem. Morì il 16 febbr. 1543.
Il primo scritto dell'A. è il Tractatus de Cambiis Marcharumque pro Lugduno...,Papie, apud Jacob de Burgofranco, s. a. [1517 ?], jfl 40, cc. 12 n. n., car. got., 2 coll. (il testo è datato: Luce XII Kal. Decembris MDXVII [così: ma si intenda MDXVI]; un esemplare in Bibì. Naz. Centr. "Vittorio Emanuele" di Roma, 69.7. F. 3). In traduzione italiana, a fini evidenti di divulgazione, fu edito a Firenze: Tractato de Cambi et de Marchi per Lione... Traducto di Latino in vulga [così] da uno maestro in Theologia per notitia de Mercatanti, Impresso in Fiorenza per ser Antonio Tubini fiorentino e Andrea Ghyrlandi da Pistoia adi 4 di Decembre MDXVII, in 40, cc. 14 n. n., car. rom., pag. intera (il testo è datato: in Lucha a dì XX di Novembre 1516;un esemplare in Bibl. Naz. Centr. "Vittorio Emanuele" di Roma, 69.7. F. 1).
L'opuscolo, occasionale, risponde ad un quesito che era stato posto all'A. dai concittadini lucchesi: "se e Cambi e quali con più usato vocabulo si chiamano Marchi per le fiere di Leone sono giusti o usurarii o vero in essi si commetta turpe lucro, cioè bructo guadagno, (c. IV). Con numerosi richiami dalla letteratura teologica e canonistica, da S. Tommaso a Scoto, che l'A. difende, al canonista Lorenzo Ridolfi, al contemporaneo scrittore domenicano Silvestro da Prierio, l'A. afferma la liceità intrinseca di tal tipo di "cambio", esaminando una serie di "casi" che configurano questa tendenza più larga, a conclusione ed esaurimento del lungo dibattito sull'usura. L'operetta non presenta pregi di originalità, ma ha un suo tono di soluzione concreta dei dubbi sollevati (usuale, del resto, in questo genere di trattatistica) e delinea un problema preciso riguardo al commercio e ai legami finanziari tra Lucca e Lione. La voce del moralista si leva più alta solo per colpire l'aspetto "usurario", realizzantesi nella cattiva intenzione con cui, in quel tempo, venivano reclamate dai monasteri femminili le doti monastiche (c. 6v). Per la sua brevità, e forse per la puntualizzata casistica cui si èaccennato, il Tractatus ebbe una certa fortuna, venendo incluso in due grandi collezioni della giurisprudenza cinquecentesca: fra i Tractatus ex variis Iuris Interpretibus,IV, Lugduni 1549, ff. 540 r - 542 r, e fra i Tractatus illustrium... Iurisconsultorum VI, i, Venetiis 1584, ff. 408r-410v.
Altro scritto dell'A. è l'opuscolo contro il Pomponazzi, In Pomponacium de anime immortalitate, Mediolani impressum per solertissimum opificem magistrum Joannem Angelum Scinzenzeler anno a Salutifere Virginis partu MDXVIII, pridie Nonas Mai, in 40, cc. 4 n.n. pre lll Tlinari + 47 n.n., car. rom., tit. car. got. (a c. ir e a c. 51v due xilografie descritte in L. Balsamo, n. 151; oltre gli esemplari segnalati dal Balsamo si indicano quello della Bibl. Casanatense, Roma Miscell.in 40, vol. 106 e quello della Bibl. Apost. Vaticana, Ferraioli IV, 8895, int. 14, mutilo delle quattro cc. preliminari. Di un edizione italiana dello stesso anno, cfr. Lauchert ecc., non è possibile dare attualmente conferma).
Lo scritto, edito ventidue giorni dopo essere stato completato, è forse il primo esempio di edizione stampata così celermente, per chiari motivi di urgenza polemica. Esso è una delle prime confutazioni del Tractatus de immortalitate anirnae del Pomponazzi (Bononiae 1516). L'A. già conosce il De immortalitate animae del Nifo (1518) e l'Apologia del Pomponazzi contro i suoi primi critici (febbraio 1518). Nell'operetta egli si limita a porre due problemi: se le ragioni contro l'immortalità dell'anima che il Pomponazzi attribuisce ad Aristotele siano veramente insolubili; se il Pomponazzi, in quanto con alcuni ragionamenti si allontana da Aristotele, possa esser tacciato di eresia. Discute quasi esclusivamente il primo problema, con riferimento ai capitoli VIII, IX, X, XI del trattatello pomponazziano. Quanto al secondo problema dichiara di non volersi pronunziare. In complesso si tratta di una critica molto affrettata.
Di contro a questa opposizione dell'A. nei riguardi del Pomponazzi, si ha notizia che un suo nipote da parte di sorella, Gregorio Frediani, fu invece fedele allievo del filosofo, di cui raccolse le lezioni udite fra il 1519-23 e trascrisse corsi di anni precedenti (cfr. B. Nardi, Le opere inedite del Pomponazzi, in Giorn. crit. d. filos. ital., XXXII [1953], pp. 175-176.; Id., Corsi inediti di lezioni di Pietro Pomponazzi, in Studi in onore di Gino Funaioli, Roma 1955, pp. 186-198, passim).
Delle Solutiones apparentium rationum Martini Lutheri, Per J. Mazochium, Romae 1523, in 40 (un esemplare di questo rarissimo opuscolo in British Museum, 3911. aaa. 75,cfr. Short-title Catalogue of Books printed in Italy... from 1465 to 1600, London 1958,p. 327) tutti i biografi e repertori hanno dato finora notizie parziali ed errate, non essendone stata evidentemente rintracciata alcuna copia. Resta dubbia una ristampa ampliata dello scritto, con dedica al cardinale protettore R. Pucci (cardinale dal 1542); identificabile forse con le Solutiones un De ventate fidei contra Martinum Lutherum e un De divino iure contra Martinum Lutherum, dati come editi dal Lauchert, l'ultimo dedicato al cardinale Del Monte. Le Solutiones merìterebbero quell'attenzione che finora non èstata loro data nell'ambito delle prime reazioni antiluterane in Italia.
Datata 9 dic. 1542 l'A. indirizzò una lettera a Bernardino Ochino, esule a Ginevra, lettera che è la sua ultima opera e che fu diffusa manoscritta in Italia e nella Francia meridionale (da Lione: sono qui evidenti i rapporti dell'A. con quel centro già attestati dal Tractatus de Cambiis). Essa fu stampata dall'Ochino a Ginevra insieme con una risposta: Epistola Magistri Hieronimi Lucensis, ad Bernardinum Ochinum Senensem: Cum responsione eiusdem Bernardini, Geneve, Per Johannem Girardum, 1543 (un esemplare in Bibì. Naz. Centr. di Firenze, Collez. Guicciardini, 3-3-67).
La lettera dell'A. (pp. 3-19) è, insieme a quella del benedettino Marco da Brescia sul primato papale e a quella di Girolamo Muzio, tra i pochi scritti apparsi subito dopo la fuga dell'Ochino che questi ritenne degno di una confutazione nello stesso anno 1543. Il tono dell'A. è moderato: come Claudio Tolomei (Lettere libri VII, Venezia 1550, p. 237) egli rimprovera all'Ochino di aver abbandonato senza motivo la Chiesa, accenna alle Prediche dell'Ochino diffuse clandestinamente in Italia (si tratta quasi certamente delle Prediche apparse a Ginevra sotto la data del 10 ott. 1542) e si dilunga, attraverso l'esame di numerosi passi scritturali, nel tentativo di confutare il concetto della giustificazione come inteso dal riformatore.
La risposta dell'Ochino (pp. 20-55) è violenta, espressa nel nuovo linguaggio polemico dell'antico predicatore cappuccino (tanto "insulsa" è la Epistola dell'A. che egli mostra di dubitare che altri possano attribuirla ad uno ritenuto "inter praecipuos Italiae concionatores; "Nunc pueri et mulieres agnoscent te merum esse asinum..." p. 22 ecc.). L'importanza della risposta è tanto nella replica all'A. circa la dottrina della giustificazione per il gratuito "beneficio di Cristo", su cui l'Ochino precisa il proprio pensiero, quanto nella difesa da parte dell'Ochino della propria posizione e della fuga a Ginevra, nell'esaltazione della libertà acquistata ("Antichristum fugi...", p. 55,ecc.).
Nel loro insieme le operette dell'A. non si stagliano nella produzione controversistica del tempo; tradiscono la fretta della compilazione e, in questa, la debolezza, oltre che della personalità dell'autore, di un orientamento della cultura teologica italiana dei primi decenni del '500, legata per lo più ad uno schema polemico immediato nella lotta contro la Riforma. Esse, se mai, interessano per la tempestività della partecipazione dell'A. ai maggiori problemi religiosi e spirituali del momento.
Tra i manoscritti dell'A. conservati nel convento di Lucca fino alla fine del '700 (cfr. Mazzuchelli, e Series chronologica..., pp. XIII-XIV) è ricordato un Quaresimale che riflette anche della predicazione dell'A. l'orientamento controversistico sul piano dottrinale e su quello della disciplina ecclesiastica (cfr. i singoli titoli in Giani, p. 136).
Fonti e Bibl.: F. Alberico, De Congregationis Servorum Beatae Mariae Observantium institutione, in Monumenta Ordinis Servorum S. Mariae, a cura di A. Morini e P. Soulier, III, Bruxelles 1899, p. 94; A. M. Vicentini, I servi di Maria nei docc. e codd. veneziani, I, 1, Treviglio 1922, pp.202-206; A. Giani, Annalium S. Ordinis FF. Servorum B. M. Virginis... tomus secundus, Lucae 1721, pp. 35, 75,79, 81, 84, 107, 112, 136; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 559 ss.; G. Lucchesini, Della storia letter. del ducato lucchese..., in Mem. e docc. per servire all'istoria del ducato di Lucca,VII, Lucca 1834, pp.221-224; K. Benrath, Bernardino Ochino von Siena,Braunschweig 1892, pp.135-136 e 315; Series chronologica Priorum generalium Ordinis Servorum B. M. V., Romae 1893, pp. XIII-XIV; H. Hurter, Nomenclator literarius theol. catholicae, Oeniponte 1906, II, coll. 1284, 1455; V. Schweitzer, Kardinal Bartolomeo Guidiccioni (1469-1549), in Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und für Kirchengeschichte, XX, 2 (1906), pp. 149-151; F. Lauchert, Die italienischen literarischen Gegner Lurhers,Freiburg i. B. 1912, pp. 677, 678, 679-681; A. M. Vicentini, Il card. Dionisio Laurerio, Benevento 1925, pp. 7, 13; A. Ph. M. Piermejus (Piermei), Memorabilium Sacri Ordinis Servorum B. M. V. Breviarium, III, Roma 1931, pp. 40-43; IV, Roma 1934, pp. 3-4; L. Balsamo, Giovann'Angelo Scinzenzeler, tipografo in Milano (1500-1526), Firenze 1959, n. 151.