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SCALVINI, Giovita

di Mario Marcazzan - Enciclopedia Italiana (1936)
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SCALVINI, Giovita

Mario Marcazzan

Patriota e letterato, nato a Botticino il 16 marzo 1791, morto a Brescia il 1° gennaio 1843. Ebbe spirito inquieto, avventuroso, indole appassionata, sensibilità delicata e quasi femminea. Conobbe, giovanissimo, il Foscolo, fu in relazione col Monti e con gli ambienti letterarî milanesi del primo Ottocento. Non ancora ventenne compose un romanzo satirico, l'Aleppe, che più tardi distrusse. Sono pure di questo periodo abbozzi di composizioni poetiche e drammatiche, pagine di diario intimo, meditazioni e pensieri che rivelano un temperamento ricco, fantastico insieme e riflessivo. Quest'ultimo aspetto della sua intelligenza si svolse in lui con gli anni più profondamente, portandolo nell'esercizio della critica letteraria a una finezza di gusto e a una penetrazione di giudizio piuttosto rare ai suoi tempi, ma anche a un'insofferenza e intolleranza delle altrui debolezze, a un'acrimonia crudele nelle censure e infine a quell'analisi spietata di sé che doveva paralizzare in lui ogni slancio creativo e precludergli la possibilità di racchiudere ogni argomento che prendesse a trattare entro i limiti di un disegno proporzionato e ragionevole. Studioso della filosofia tedesca, idealistica e romantica, lo S. si occupò particolarmente di problemi estetici.

Nel 1818, mortogli il padre, G. Acerbi lo assunse quale redattore e segretario della Biblioteca italiana. Avrebbe dovuto iniziare la sua collaborazione con le Considerazioni morali sull'Ortis. Per varie ragioni lo scritto, importante perché espressivo d'una generazione che assetata del "fortemente operare" tenta sottrarsi alla suggestione dello scetticismo foscoliano, non fu per allora pubblicato, e vide la luce postumo, a cura del Tommaseo. Alla Biblioteca lo S. collaborò invece con articoli varî, coscienziosi ma in sostanza mediocri. Urtatosi con l'Acerbi, lasciò senza rimpianto il lavoro faticoso e ingrato di redazione e s'allogò come precettore in casa Melzi. Nel 1821, compromessosi nei moti liberali, fu incarcerato; l'anno seguente dové esulare in Svizzera e poi a Londra, dove ritrovò il Foscolo, e con lui coabitò qualche tempo. Nel 1824 passò a Parigi, dove, malato, stretto dalle difficoltà della vita, trascorse anni tristi, logorando l'intelletto già stanco in lavori di cui non riusciva per incontentabilità e per mancanza d'intima disciplina, a stringer le fila. Ma è di questi anni la più notevole fra le sue prose critiche, il saggio su I promessi sposi d'A. Manzoni (Lugano 1831): lo S. studia l'opera del Manzoni, più che nei suoi caratteri particolari, in relazione ai problemi della moderna letteratura. Giorni sereni trascorse invece a Gaesbeek, nel castello degli Arconati, dove condusse a termine e diede alle stampe la traduzione della prima parte del Faust. Ritornò a Brescia nel 1838, precocemente invecchiato dalle sofferenze dell'esilio. Legò i suoi molti manoscritti all'Ugoni e al Tommaseo. Con una scelta di pensieri, di lettere, di pagine autobiografiche tratte dai quaderni d'un diario (lo Sciocchezzaio) che lo S. era venuto annotando durante gli anni del soggiorno milanese e nei primi tempi dell'esilio, il Tommaseo pubblicò, nel 1860, frammentarî e lacunosi, due poemetti dello S.: l'Esule e l'Ultimo carme. Il primo è un'appassionata meditazione sulle sorti d'Italia e sul destino degli emigrati politici; il secondo, stilisticamente più omogeneo e corretto, è d'ispirazione filosofica e religiosa e riflette una più intima e matura esperienza di dolore.

Scritti di G. S. ordinati da N. Tommaseo (Firenze 1860); W. Goethe, Fausto, traduz. di G. S. (Milano 1835). Le Considerazioni morali sull'Ortis furono più volte ristampate come introduzione al romanzo nell'edizione Le Monnier (Biblioteca nazionale), e così pure il saggio manzoniano (cfr. l'ediz. di Brescia, 1883).

Bibl.: E. Clerici, G. S., Milano 1912; G. Bustico, G. S., nella miscellanea, I cospiratori bresciani nel primo centenario dei loro processi, Brescia 1924, pp. 275-331; P. Castellani, Gli scritti filosofici di G. S., in Giornale critico della filos. ital., XV (1934), pp. 345-357; XVI (1935), pp. 38-49, 250-259, 397-406; M. Marcazzan, Ugo Foscolo nella critica di G. S., in Comment. dell'Ateneo di Brescia per il 1934, pp. 9-56.

Vedi anche
Niccolò Tommasèo Tommasèo ‹-ʃ-›, Niccolò. - Scrittore (Sebenico 1802 - Firenze 1874). Nato in una famiglia di commercianti italiani, compiuti i primi studî nel seminario di Spalato, nel 1817 si trasferì per gli studî di legge a Padova, dove conobbe A. Rosmini. Nell'ambiente padovano, dopo il conseguimento della laurea ... Giuseppe Acèrbi Acèrbi, Giuseppe. - Letterato (Castelgoffredo 1773 - ivi 1846); nel 1802 pubblicò in inglese la relazione di un viaggio compiuto (1798-99) nei paesi scandinavi. Nel 1816 il governo austriaco, che lo aveva già nominato console generale a Lisbona, gli offrì la direzione della Biblioteca italiana ed egli ... Faust Personaggio letterario, la cui leggenda ha un nucleo certamente storico. Sicure testimonianze si hanno all’inizio del 16° sec., quando un Giovanni Faust (n., forse, Heidelberg 1480 ca.) appare in varie città tedesche millantando il possesso di potenze taumaturgiche e di dottrine occulte. La sua figura ... Tommaso Gròssi Gròssi, Tommaso. - Letterato (Bellano 1790 - Milano 1853). Figura tra le più significative del romanticismo lombardo, segnò la nuova strada sentimentaleggiante sulla quale, dopo Manzoni, si sarebbe posto il romanticismo italiano e alla quale avrebbe reagito il verismo. La sua fama è legata soprattutto ...
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Vocabolario
giovare
giovare v. intr. e tr. [lat. iŭvare] (io gióvo, ecc.). – 1. a. intr. (aus. avere; con sogg. di cosa anche essere) Recare utilità, beneficio, essere vantaggioso: il moto giova alla salute; sono rimedî che giovano poco; a nulla mi è giovato...
giovaménto
giovamento giovaménto s. m. [dal lat. tardo iuvamentum, der. di iuvare «giovare»]. – L’atto, il fatto di giovare; e più comunem., utilità, beneficio, vantaggio che si ottiene da qualche rimedio: dare, recare, ottenere, trarre, trovare g.;...
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