CAMPOSAMPIERO, Giovi da
Nacque probabilmente a Padova, dove possedeva una casa nel quartiere di ponte Molino, nella seconda metà del XIII secolo da Guglielmo di Florio, giudice, e da Palmeria di Terradura. Appartenne al ramo dei Camposampiero discesi da Gherardo, di cui Florio probabilmente era figlio naturale.
Il C. infatti non ebbe diritti sui feudi della famiglia rimasti ai discendenti di Tiso; tenne invece dei feudi decimali dal vescovado padovano: nel 1319 venne investito assieme al fratello della decima di Bronzola (presso Padova) e nel 1332, mentre esule abitava a Ferrara in Borgo Nuovo, chiese con il fratello, tramite un procuratore, l'investitura dei feudi decimali che essi, come già il loro padre, tenevano dal vescovado. Il nome del C. appare per gli anni 1294 e 1305 nella lista del podestà di Belluno edita dal Piloni all'inizio della sua storia della città, ma l'autore stesso si contraddice portando nel corso della narrazione i nomi di altri podestà per quei periodi; sempre secondo il Piloni nel 1322 il C. avrebbe tenuto il rettdrato della città di Belluno per un mese, incaricatovi da Guecellone da Camino.
Fedele al partito guelfo, il C. partecipò alle vicende che portarono alla instaurazione della signoria carrarese in Padova, condividendo la posizione politica e spesso anche le vicende di Albertino Mussato. Il Comune di Padova, mediatore tra Guecellone da Camino e Treviso, lo inviò ambasciatore in quella città nel 1316. Di lui come ambasciatore e come uomo d'arme si servì ancora il Comune nella lunga guerra contro Cangrande Della Scala. Nel 1318 gli fu affidato il comando di un distaccamento a difesa del contado padovano; assieme al Mussato cercò di impedire la pace con Cangrande voluta da Iacopo da Carrara e ratificata il 14 marzo del 1318; abbandonò la città per timore dei fuorusciti, rientrati in Padova in conseguenza della pace, che saccheggiarono la sua casa. Partecipò al tentativo, fallito sul nascere, compiuto da Cunizza da Carrara, vedova di Tiso Camposampiero, da Marsilio Polafrisana e da Onore da Vigodarzere, di opporsi al conferimento della signoria di Padova a Iacopo da Carram, avvenuto il 25 luglio 1318. Nell'agosto vennero richiamati in città i fuorusciti che non erano passati nel campo di Cangrande, tra questi anche il Camposampiero. Riprese le ostilità con gli Scaligeri, il C. si recò a Bolzano nel marzo del 1320 per trattare le controversie tra la sua città e Cangrande alla presenza di Federico d'Asburgo, re dei Romani, al cui vicario, il conte di Gorizia, Iacopo da Carrara aveva affidato la signoria di Padova, nell'intento di sottrarla al suo nemico. Il C. si segnalò nella sortita contro le truppe scaligere che assediavano Padova (12 luglio 1320). In seguito il C. venne inviato a Treviso per sollecitare l'aiuto del conte di Gorizia, che, recatosi a Padova con il suo esercito, riuscì a sconfiggere Cangrande. Si giunse così alla pace. Per definire le questioni rimaste aperte, il C. alla fine di febbraio del 1321 fu nuovamente mandato presso Federico d'Asburgo che lo insignì dell'onore di cavaliere assieme a Nicolò da Carrara. Pochi mesi dopo chiese a Federico di dichiarare ribelli dell'Impero i fuorusciti padovani che guerreggiavano contro la città e, vinta l'esitazione del re forse più disposto a favorire Cangrande per averne aiuto contro Ludovico il Bavaro, ottenne la nomina di Enrico di Carinzia, fratello di Federico, a vicario in Padova.
Il C. fu contrario al rientro in Padova dei fuorusciti in seguito all'accordo raggiunto nel 1323 da fra' Paolino mediatore tra Padovani fautori dei Carraresi e i fuorusciti partigiani degli Scaligeri, che egli stesso aveva presentato a Enrico di Carinzia per la ratifica. All'approssimarsi del momento della riammissione, infatti, Albertino Mussato e il C. nel maggio del 1324 sollecitarono la venuta in Padova di Enrico di Carinzia. Nel settembre del 1325 il C. partecipò alla congiura contro i Carraresi, capeggiata da Paolo Dente e in conseguenza fu bandito da Padova e confinato a Venezia. Tuttavia non osservò il confino, e si recò a Ferrara presso i marchesi d'Este. È ricordata la sua presenza alla corte estense nel 1330 e ancora nel 1331 in occasione della conferma data da Obizzo d'Este alla lega stretta da Rinaldo d'Este con Alberto e Mastino Della Scala e Loisio Gonzaga. Nello stesso anno il C. ottenne la cittadinanza veneziana. Nel 1332 gli Estensi gli affidarono il comando dell'esercito che, al fine di conquistare Modena, pose l'assedio al castello di San Felice sul Panaro, dove fu sconfitto dai Modenesi e Carlo di Lussemburgo, il futuro imperatore Carlo IV. Il C. stesso, preso prigioniero, per riacquistare la libertà dopo alquanto tempo pagò un riscatto di tremila fiorini. Nel 1340 fu procuratore di Obizzo e Nicolò d'Este nelle trattative con gli oratori veneziani mediatori tra Scaligeri e Gonzaga da una parte e gli Estensi e Taddeo Pepoli dall'altra, e giurò l'accordo raggiunto. Il 31 dic. 1342 è ancora a Ferrara testimone alla nomina di un procuratore da parte di Obizzo d'Este. È ricordato l'ultima volta il 12 genn. 1343 quando ricevette l'investitura delle decime di Ronchi (Padova) da parte del procuratore del vescovo di Padova. Il 16 luglio 1343 era sicuramente già morto.
Sposò in prime nozze Bella Ongarelli e successivamente Caterina Mazzucchi de Torcoli dalla quale ebbe i figli Guglielmo e Leonisio. Ebbe forse un terzo figlio, Liberale, non attestato dai documenti e nominato invece in un'iscrizione pubblicata dal Salomonio, il quale la vide nella chiesa padovana di S. Giacomo, oggi scomparsa, sul sepolcro da Liberale preparato nell'anno 1342 per sé e per il padre Giovanni da Camposampiero; ma la Gasparotto propone di correggere in 1442 la data dell'iscrizione che ricorderebbe così un altro Giovanni.
Fonti e Bibl.: Padova, Bibl. Civica, dattiloscr. BP. g. 216: G. Camposampiero, Domus de Campo Sancti Petri. Storia genealogica dei Camposampiero, pp. 1110-1151, 1151-1183; A. Mussatus, De gestis Italicorum..., in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., X, Mediolani 1727, coll. 704, 718; Id., Sette libri inediti dei De gestis Italicorum..., a cura di L. Padrin, Venezia 1903, pp. 32, 41, 44, 55, 62, 79, 81, 90; G. de Cortusiis Chronica de novitatibus Padue..., in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XII, 5, a cura di B. Pagnin, pp. 26, 32, 39, 41, 44, 62; Annales Patavini, ibid., VIII, 1, a cura di A. Bonardi, pp. 242, 264; Liber regiminum Padue, ibid., p. 357; G. Piloni, Historia... della città di Belluno, Venezia 1607, p. [XXIII], 251; I. Salomoni Inscriptiones Patavinae..., Padova 1708, p. 49; G. B. Verci, Storia della Marca trivigiana..., VII, Venezia 1787, doc. DCCCII pp. 173-175; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, II, Venezia 1878, pp. 40 s., 99; A. Gloria, Monumenti dell'Università di Padova (1318-1405), II, Padova 1888, pp. 12 s.; C. Cipolla, Documenti per la storia delle relazioni diplomatiche fra Venezia e Mantova nel sec. XIV, Venezia 1907, pp. 275, 282, 330, 334; C. Gasparotto, S.Maria del Carmine di Padova, Padova 1955, p. 50; J. K. Hyde, Padua in the Age of Dante, New York 1966, pp. 104, 276, 279.