TORTI, Giovannotto (Giannozzo, Iannoctus de Tortis)
– Nacque presumibilmente in Italia centro-meridionale nella seconda metà del XIV secolo.
Non si hanno informazioni circa i genitori, ma la famiglia (nominata anche [de] Tortis, Torto, Torsi, Torpo e Boccatorto) fu feudataria del castello di Tocco di Casauria, nelle province abruzzesi del Regno di Napoli, dalla fine del XIV fino alla metà del XV secolo. Giovannotto, nella documentazione senatoriale romana, fu del resto indicato come «barone di molte terre in Abruzzo» (cfr. Pompili Olivieri, 1840, p. 277). Non sorprende dunque che egli sia definito miles nelle carte pubbliche, e che con tale appellativo egli stesso si sottoscriva.
Tutte le informazioni che lo riguardano sono correlate agli incarichi di senatore di Roma che ricoprì durante la dominazione di Ladislao di Angiò-Durazzo. Dal 1408, dopo aver ottenuto Roma da papa Gregorio XII Correr (eletto nel 1406) e dal suo luogotenente Paolo Orsini, il re di Sicilia governò de facto la città fino al 1414 in qualità di protettore della Chiesa, sottraendola al controllo del pontefice (allora assente dall’Urbe e impegnato nei tentativi di ricomposizione dello scisma). Torti, che già era regio consigliere, dopo le dimissioni dei banderesi (i caporioni ai quali il cardinale Pietro degli Annibaldi Stefaneschi, legato papale, aveva affidato il governo della città l’11 aprile), fu costituito senatore di Roma per la prima volta il 23 aprile 1408.
Pur se uno dei primi atti fu la conferma degli statuti dell’arte della lana, il primo senatorato – durato poco più di un anno e mezzo – fu interamente indirizzato ad affermare il controllo di Ladislao su Roma. Torti militarizzò infatti la città, represse ogni tentativo di contestazione popolare o nostalgia filopontificia e difese – inutilmente – l’Urbe dalle mire di Luigi II d’Angiò, nominato re di Napoli e gonfaloniere della Chiesa dall’antipapa Alessandro V, eletto al Concilio di Pisa nel 1409. Nel giugno del 1408, con la partenza di Ladislao, che lasciò Roma per le altre terre dello Stato pontificio, gli fu formalmente affidata la custodia dell’Urbe; fu affiancato da Cristoforo Caetani con il ruolo di maresciallo. Ad agosto, in occasione delle feste dell’Assunta, vietò che in città fossero issati gli stendardi di Gregorio XII e che il pontefice fosse anche solo nominato; a settembre fece arrestare ed esiliare un abitante di Trastevere che aveva criticato il governo di Ladislao. In ottobre accolse con grandi onori Paolo Correr, nipote del papa, inviato dallo zio per convincere il cardinale Annibaldi Stefaneschi a cedere al Durazzo Castel S. Angelo, che era retto da un suo fiduciario, Vito Vitelleschi, e quindi ad accettare, nei fatti, il suo governo su Roma: a fine mese la rocca fu effettivamente consegnata a Torti. A novembre ordinò la costruzione di fossi dentro e fuori le porte della città, che furono fortificate e munite di ponti levatoi, cosicché nessuno potesse entrare senza permesso. Anche nell’anno successivo il senatore portò avanti una politica di fermo controllo dell’ordine pubblico e di attenzione alla difesa. In agosto, dopo aver appreso dell’imminente attacco di Luigi II e di Paolo Orsini (passato dalle milizie romane a quelle angioine e sdegnato per la designazione di Torti), Giannozzo ispezionò la portica di S. Pietro (ossia il rione Borgo, tra la basilica e Castel S. Angelo) e fece chiudere la porta Viridaria (ora S. Pellegrino). Nel corso dell’estate furono completate le opere di protezione e difesa commissionate l’anno precedente; fece inoltre affondare il mulino di Santo Spirito sul Tevere ed espulse molti cittadini sospettati di cospirazione. Alla fine di settembre, dopo che il castellano Vitelleschi ebbe rimosso i vessilli di Gregorio XII da Castel S. Angelo, Torti ordinò l’erezione di un muro sul ponte di S. Pietro a difesa di quella fortificazione, e fece mettere a sacco l’intera portica, costringendo gli abitanti a rifugiarsi in S. Pietro e nella chiesa di S. Spirito in Sassia. Le inevitabili rimostranze furono sedate con esecuzioni esemplari. Nonostante questi provvedimenti, Luigi II entrò in Roma e occupò (il 1° ottobre) la portica, che per dieci giorni fu un campo di battaglia. Confermato senatore da Ladislao il 4 novembre 1409 per ulteriori sei mesi, Torti pochi giorni dopo fece decapitare due popolari sediziosi, e la vigilia di Natale ordinò ai canonici lo sgombero di S. Pietro. Ma il 5 gennaio 1410, essendo ormai la città controllata dagli Angioini, Giovannotto fu condotto con la forza nel palazzo di Paolo Orsini, arrestato e destituito del senatorato.
Solo quando Roma ritornò sotto l’egida di Ladislao, Torti poté riassumere l’incarico: il 12 dicembre 1413 fu nominato per la seconda volta senatore; il successivo 1° gennaio 1414 prese possesso della carica con una sontuosa cavalcata e nominò i nuovi ufficiali dei rioni.
Poche settimane dopo tuttavia morì, in Campidoglio (24 febbraio 1414); il giorno seguente gli furono tributati solenni funerali con la partecipazione di tutto il clero e delle pie associazioni dell’Urbe nella basilica di S. Maria in Ara Coeli, ove fu sepolto.
Fonti e Bibl.: Diario della città di Roma di Stefano Infessura scribasenato, a cura di O. Tommasini, in Fonti per la storia d’Italia, V, Roma 1890, p. 16; A. di Pietro dello Schiavo, Il Diario romano, a cura di F. Isoldi, in RIS, XXIV, 5, Città di Castello 1917, pp. 28, 33, 35-37, 41 s., 43, 44, 45, 48, 52, 55, 84 s.
A. Vendettini, Serie cronologica de’ Senatori di Roma, Roma 1778, pp. 72, 74; L. Pompili Olivieri, Il Senato romano nelle sette epoche di svariato governo, Roma 1840, pp. 277-280; N. Barone, Notizie storiche tratte dai Registri di Cancelleria del re Ladislao di Durazzo, in Archivio storico per le province napoletane, XIII (1888), 1, pp. 5-35; P. Paschini, Roma nel Rinascimento, Bologna 1940, pp. 71, 74, 77, 78; C. De Dominicis, Membri del Senato della Roma pontificia, Roma 2009, pp. 20 s.