GIOVANNI
Terzo duca di Gaeta di questo nome, figlio del duca Marino, G. è menzionato per la prima volta in un documento del 978, dove figura come coreggente del padre, il quale lo aveva associato al potere appena era succeduto al fratello Gregorio. Questa particolarità fu forse dovuta alla volontà di Marino di assicurare a G. la successione: diversamente da quanto avvenuto in precedenza, alla morte di Giovanni (II), fratello di Gregorio e di Marino, il potere era stato infatti trasmesso da fratello a fratello e non da padre in figlio, e in quel momento sopravviveva ancora - forse - un quarto fratello, Leone; sul titolo ducale, inoltre, avrebbero potuto avanzare pretese anche i figli di Gregorio. Il fallito tentativo di Marino, il quale cercò insieme con un figlio di Leone e con uno di Gregorio di impadronirsi della contea d'Aquino ai danni dell'abbazia di Montecassino, provocando l'intervento di Ottone II, può essere spiegato con l'esigenza di dare a questi parenti delle proprietà che compensassero la loro esclusione.
G. succedette al padre tra l'ottobre 984, ultima volta in cui Marino è menzionato, e il gennaio 986, primo documento nel quale G. figura da solo al potere. Nel 991 si associò il figlio Giovanni (IV), il quale nel 994 è ricordato come minorenne; il fatto che l'avesse voluto accanto a sé nonostante la giovane età fu forse dovuto al timore che alla sua morte il potere andasse a un suo fratello.
Il periodo in cui G. governò insieme con Marino si differenzia da quello dei predecessori per l'alto numero di documenti nei quali sono registrate donazioni - di varia entità - nei pressi della città a parenti, enti ecclesiastici e a persone senza alcuna particolare carica. Si è ipotizzato che fossero dovute alla necessità dei duchi di reclutare fedeli anche tra i cittadini di Gaeta per poter affrontare alcuni cambiamenti in atto.
Ciò che è sicuro è che all'interno della famiglia ducale avvennero delle trasformazioni. I fratelli di G. (Bernardo, Dauferio, Gregorio e Marino) infatti non seguirono l'esempio dei loro predecessori, accontentandosi del ruolo di assistenti del duca fratello, ma vollero avere delle ben definite posizioni di potere all'interno del Ducato. Nel 992 Leone divenne duca di Fondi e Gregorio conte di Castro d'Argento, un nuovo centro abitato creato in quel periodo nelle vicinanze della foce del Garigliano; nel 999 Marino è ricordato come associato a Leone nel governo del Ducato di Fondi. Dauferio nel 992 figura come conte di Traetto, dove, approfittando della tradizionale tendenza all'autonomia di quel territorio, donato al suo bisnonno Giovanni (I) da papa Giovanni X, creò un'entità politica distaccata anche se non completamente indipendente dal Ducato di Gaeta. Segno tangibile di quest'autonomia è l'adozione della datazione secondo gli anni di governo del conte, senza fare cenno al duca di Gaeta. Dauferio agì inoltre in modo da consolidare il suo potere nel territorio che gli era stato concesso, cercando di appropriarsi delle quote detenute dalle sorelle e dai cugini sui beni pubblici della città di Traetto e dei beni del vescovado gaetano in quella contea. Bernardo prima del maggio 997 divenne vescovo di Gaeta, posizione fino ad allora mai ricoperta da un membro della famiglia dei Docibili.
In quel periodo erano maturate differenziazioni all'interno del Ducato, come risulta da un'inchiesta effettuata nel 999 da un inviato dell'imperatore Ottone III che indica i territori di Gaeta, Traetto e Castro d'Argento come tre entità giurisdizionali diverse. G. si trovò quindi a operare in una situazione in cui la gestione del potere del duca era meno accentrata e la stessa unità del Ducato appariva in pericolo. Nonostante ciò, non si verificò alcuna lite o tentativo di creare un'entità politica completamente indipendente. I rapporti tra G. e i fratelli furono anzi buoni - i duchi di Fondi e i conti di Traetto si riunirono senza alcun problema a Gaeta in assemblee presiedute da G. - e la solidarietà familiare si mantenne; un'espressione di essa fu per esempio la permanenza di comproprietà tra i diversi rami della famiglia e la circostanza che G. nominò esecutore testamentario suo fratello Leone. G. riuscì a recuperare almeno Castro d'Argento, perché, alla morte di Gregorio, la vedova Maria si trasferì con i figli a Traetto, associandosi a Dauferio, il quale era probabilmente senza eredi e permettendo così che un figlio di G. la sostituisse.
G. strinse rapporti amichevoli con Ottone III in occasione della discesa nel 999 dell'imperatore nell'Italia meridionale, gli diede probabilmente ospitalità a Gaeta e acconsentì che un suo inviato, il cappellano Notcherio, si recasse a Traetto e a Monte d'Argento per giudicare il contenzioso tra suo fratello Bernardo, vescovo di Gaeta, e alcuni gaetani, i quali sostenevano di non essere servi della Chiesa di Gaeta - la lite si risolse con la vittoria del vescovo, poiché i servi si rifiutarono di provare la loro condizione di liberi tramite il giudizio di Dio rappresentato da un duello con la spada - e risolvesse la delicata questione rappresentata dall'appropriazione da parte del conte di Traetto Dauferio di alcuni beni appartenenti all'episcopio gaetano. G. fu inoltre l'unico tra i signori dell'Italia meridionale ad appoggiare la politica imperiale di riorganizzazione di quell'area. Nell'estate del 999 Ottone III impose il suo dominio su Benevento e da qui inviò alcune truppe al comando di Ademaro di Spoleto per sottomettere Capua e Napoli. Nel corso di questa spedizione furono catturati il principe di Capua Laidolfo e il duca di Napoli Giovanni (IV). Non si sa in quale maniera G. abbia aiutato l'iniziativa promossa da Ottone III, ma è degno di nota che in un privilegio del 15 ott. 999 l'imperatore affermi che cedeva al Ducato gaetano il castello di Pontecorvo con le sue pertinenze per intervento del principe di Capua Ademario, il quale aveva preso il posto di Laidolfo, e in considerazione della fedeltà dimostrata da Giovanni. Il fatto che esista solamente questo diploma rende poco probabile la tesi di Deér a proposito dell'esistenza di una dipendenza feudale del duca di Gaeta nei confronti di Ottone III.
Non conosciamo la data di morte di G., che è da collocare tra il 1008 e il 1009.
Moglie di G. fu Emilia, che diede prova di saper prendere decisioni autonome, aiutando il cognato Bernardo a recuperare i beni della Chiesa di Gaeta. Questa capacità decisionale fu evidenziata ancora di più alla morte di G., allorché, insieme con il cognato Leone, duca di Fondi, si trovò a svolgere il compito di reggente del figlio Giovanni (IV). Questi era già maggiorenne da circa dieci anni, ma forse era affetto da una minorazione mentale o fisica, ipotesi che pare suffragata dal fatto che morì dopo soli tre anni di governo.
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