GIOVANNI
Figlio di Matrona e di Docibile (I), ipato di Gaeta, che si era probabilmente impadronito del potere con la forza nell'866-867. La scarsità di documenti non permette di determinare quando fu associato dal padre al governo della città, ma la prima data sicura è quella dell'877. Incerto è anche l'anno in cui egli succedette al padre; probabilmente prese il suo posto poco dopo il 906, data in cui fu redatto il testamento di Docibile (I). Il primo documento che ricorda G. al potere senza il padre risale però al 914.
Il testamento di Docibile (I) ci permette di sapere che G. aveva due fratelli, Leone e Anatolio (che nel 924 figurava come duca di Terracina), e quattro sorelle, Bona, Maria, Eufemia e Megalu.
G., seguendo l'esempio di suo padre, strinse alleanze con i vicini attraverso i matrimoni delle figlie: Gemma sposò Marino, forse prefecturius di Sorrento, e Maru andò sposa a Guaiferio, che, dal nome, sembra essere di origini longobarde; Matrona fu invece maritata al prefecturius Campolo, appartenente a una delle più importanti famiglie di Gaeta. Il figlio Docibile (II) sposò Orania, che probabilmente apparteneva alla famiglia ducale di Napoli. G. ebbe anche figli naturali: in un documento del 957 e in uno del 958 sono definiti suoi figli Pietro, Costantino e Leone. Di essi si sa soltanto che G. diede loro dei possedimenti; il documento del 957 è la composizione di una lite per una proprietà, che, secondo i tre fratelli, era stata loro data in eredità da Giovanni.
L'istituzione della coreggenza per mantenere il potere all'interno della propria famiglia fu adottata anche da G., il quale si associò il figlio Docibile (II) poco dopo la morte del padre; nel documento del 914 nel quale G. figura per la prima volta al potere senza suo padre, Docibile (II) è menzionato insieme a lui. Verso la fine della sua vita associò anche il nipote Giovanni (II), figlio di Docibile (II).
A differenza di Docibile (I) - obbligato dall'intensificarsi della pressione musulmana sulla costa tirrenica e dall'assenza di un'autorità in grado di assumere la guida dei potentati dell'Italia meridionale contro i Saraceni a scendere a patti con essi, incorrendo così nelle ire di papa Giovanni VIII - G. riuscì a liberarsi di loro, approfittando dell'accordo raggiunto tra i Bizantini e i signori di Napoli, di Salerno, di Capua-Benevento e di Spoleto e Camerino, i quali, coordinati da papa Giovanni X, furono in grado di eliminare nell'agosto del 915 il covo di pirati saraceni sul Garigliano. Le fonti narrative riguardanti la battaglia sul Garigliano non menzionano la presenza di G. e di suo figlio Docibile (II), però un'iscrizione (che è ora murata nel basamento del campanile del duomo di Gaeta e che in precedenza era su una torre posta vicino al ponte della via Appia sul Garigliano) riporta la loro partecipazione.
L'adesione alla coalizione antimusulmana fruttò a G. la cessione definitiva da parte del pontefice di due proprietà della Chiesa romana, ossia il patrimonio di Traetto - che si estendeva tra i territori di Gaeta e di Capua - e di Fondi, situato a nordovest di Gaeta, dei quali suo padre era stato nominato rettore, quando papa Giovanni VIII aveva cercato di convincerlo ad abbandonare l'alleanza con i musulmani. È probabile che, grazie alla sua partecipazione a questa impresa, egli abbia ottenuto dai Bizantini, i quali, come si è già sottolineato, avevano aderito all'iniziativa, il prestigioso titolo di patrizio imperiale, che rappresentava il ritorno di Gaeta nella loro zona d'influenza, senza però l'esistenza di particolari vincoli. A partire da questo momento la carica di patrizio sostituì quella di ipato, però essa fu stranamente riferita alla città, "segno di una ancora incerta situazione istituzionale, giacché la città col suo territorio costituivano già l'ambito di un'autorità specifica, la cui definizione dipendeva però solamente dal prestigio e dal rango personale di chi le esercitava" (Delogu, p. 199).
L'eliminazione dell'insediamento musulmano permise a G. anche di estendere il suo patrimonio in quella zona. A proposito dei suoi possedimenti, emerge chiaramente la sua volontà di ricostituire tramite acquisti l'unità di beni di cui possedeva delle quote. Per esempio, per il casale di Dragoncello, che era di sua proprietà, nel 919 i fratelli Marino e Iubiano gli vendettero la parte di terra che avevano in quel casale; la medesima cosa fece sempre nel 919 il vescovo Bono, mentre nel 921 il figlio del conte Paolo Leone gli cedette, oltre a un appezzamento di terra, anche una parte di un castagneto adiacente a quel possedimento.
G. si contraddistinse anche per i diritti che si arrogò nei confronti della Chiesa di Gaeta. Nel 914 il vescovo di Gaeta Deusdedit dovette infatti chiedere il suo consenso per vendere una casa di proprietà dell'episcopio a un prete di Gaeta; nel 933 il presule dovette rifarsi sempre all'autorità di G. per insediare un prete nella chiesa di S. Lorenzo situata all'esterno della città. In tale maniera G. diede il via a un processo che portò i suoi successori a disporre dei beni della Chiesa di Gaeta.
Non è nota con precisione la data della morte di G., da situarsi tra il maggio del 933 e il dicembre del 934, poiché alla prima data risale l'ultimo documento in cui è menzionato, mentre la seconda riguarda il successivo documento gaetano pervenutoci, nel quale è ricordato solamente il figlio Docibile (II) insieme con il nipote Giovanni (II).
Fonti e Bibl.: Die Chronik von Montecassino, a cura di H. Hoffmann, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXXIV, Hannoverae 1980, p. 134; Codex diplomaticus Caietanus, I, Montecassino 1887, nn. 15-17, 19, 22, 24-27, 30 s., 33-35, 52, 54, 56; P. Fedele, La battaglia del Garigliano dell'anno 915 ed i monumenti che la ricordano, in Arch. della Società romana di storia patria, XXII (1899), pp. 189, 205; Id., Il Ducato di Gaeta all'inizio della conquista normanna, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XXIX (1904), 1, p. 58; M. Merores, Gaeta im frühen Mittelalter (8.-12. Jahrh.), Gotha 1911, pp. 15, 21, 23-25, 64, 70 s.; S. Ferraro, Le monete di Gaeta, con appendice sulle medaglie, Napoli 1915, pp. 55-58; G. Gay, L'Italia meridionale e l'Impero bizantino. Dall'avvento di Basilio I alla resa di Bari ai Normanni (867-1071), Firenze 1917, pp. 154, 235-237; P. Egidi, Per l'iscrizione di Gaeta che ricorda la battaglia del Garigliano del 915, in Arch. della Società romana di storia patria, XLII (1919), p. 309; O. Vehse, Das Bündnis gegen die Sarazenen vom Jahre 915, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XI (1927), pp. 190, 202; G. Arnaldi, La torre di Datto sul Garigliano, in Arch. stor. per le provincie napoletane, LXXI (1950-51), pp. 79 s.; C.G. Mor, L'età feudale, Milano 1952, I, pp. 163, 289 n. 34; G. Arnaldi, La fase preparatoria della battaglia del Garigliano del 915, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Napoli, IV (1954), pp. 125, 129-132, 139 s.; G. Cassandro, Il Ducato bizantino, in Storia di Napoli, II, 1, Napoli 1969, p. 224; V. von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell'Italia meridionale dal IX all'XI secolo, Bari 1978, pp. 37 s.; Id., Il Ducato di Gaeta, in Storia d'Italia (Utet), III, Il Mezzogiorno dai Bizantini a FedericoII, Torino 1983, pp. 349 s.; P. Corsi, I Ducati di Napoli, Gaeta e Amalfi, in Storia della società italiana, a cura di G. Cherubini, V, L'Italia dell'Alto Medioevo, Milano 1984, pp. 273 s.; P. Delogu, Il Ducato di Gaeta dal IX all'XI secolo. Istituzioni e società, in Storia del Mezzogiorno, II, 1, Il Medioevo, Napoli 1988, pp. 195, 198-204, 206; U. Schwarz, Docibile, in Diz. biogr. degli Italiani, XL, Roma 1991, pp. 344-346; Id., Docibile (II), ibid., pp. 346-348; B.M. Kreutz, Before the Normans. Southern Italy in the ninth and tenth centuries, Philadelphia 1991, pp. 77 s.; P. Skinner, Family power in Southern Italy. The Duchy of Gaeta and its neighbours, 850-1139, Cambridge 1995, pp. 2, 28 s., 34, 36-38, 41, 46, 60-63, 65, 68 s., 73, 76, 79, 87 s., 90, 93, 101, 107, 112, 114, 117, 122, 125, 151, 166, 175, 191, 230.