GIOVANNI
Patriarca di Grado del quale non abbiamo notizie precedenti il 766, anno in cui (secondo il concorde parere di storici ed eruditi, dall'Ughelli al Gams, fino al più recente Kehr) divenne patriarca di Grado, succedendo a Vitaliano. Nella Origo civitatum… Venetiarum (p. 124) si dice che fu "de nacione Istriae Tergestine civitatis".
G., come del resto sarebbe accaduto per i suoi successori, aveva ereditato una situazione difficilmente gestibile, fondata su laceranti contrasti in campo ecclesiastico e in un panorama politico segnato dall'instabilità tipica degli anni del trapasso tra il potere longobardo e quello franco: a distanza di circa centocinquant'anni dalla fondazione della sede episcopale di "Nova Aquileia" era ancora profondamente sentita la rivalità tra le due cattedre, e così rimase per secoli.
In una nota missiva al papa Stefano III (eletto nell'agosto del 768), G., oltre a descrivere il clima di violenza e di prevaricazione instauratosi all'arrivo dei Longobardi, pregava Stefano di intervenire decisamente a favore della "Gradensis Ecclesia" (Kehr, p. 39). D'altra parte, violenza e sopraffazioni longobarde, anche in materia di ordinazioni ecclesiastiche, non erano le uniche preoccupazioni di Giovanni. Diversi tra i vescovi e gli abati istriani dipendenti avevano optato, approfittando della situazione di estremo disordine, per una presa di posizione nei confronti della Chiesa gradense, che anche per questo aveva richiesto alla Sede apostolica un intervento che mettesse fine a tali controversie. Nella risposta di Stefano III - collocabile forse tra il 771 e gennaio 772 (il papa morì il 24 di quel mese; ibid., pp. 39 s.) - si ordinava ai vescovi istriani di rimettersi quanto prima alle dipendenze del patriarca di Grado. Nonostante il pieno appoggio papale a G., il progetto secessionista dei vescovi istriani non conobbe mutamenti immediati. Dopo il 774 la situazione si fece via via più complessa sia per l'ulteriore nuova pressione espansionistica operata dai Franchi, sia a causa del nuovo determinante ruolo che venivano assumendo i vescovi nel quadro della politica e dell'amministrazione locale carolingia.
È stato tuttavia giustamente osservato dalla più recente storiografia che l'operato di G., in antitesi con quello del suo omologo d'Aquileia, specie per quanto concerne la sua attenzione alle istanze non solo inerenti la libertà ecclesiastica, ma anche - e forse, soprattutto, in ambito locale - politica, non può essere disgiunto da un'iniziativa che fa pensare a una calcolata strategia politica che cercava di coinvolgere anche l'aristocrazia istriana, forse in accordo con il doge venetico del tempo. I risultati dell'attività diplomatica di G. in area istriana, attività palese e, si suppone, segreta, erano sicuramente inviati all'attenzione del pontefice - che dal febbraio 772 era Adriano I - che a sua volta li faceva pervenire a Carlo Magno, come si evince dalla missiva papale dell'ottobre 775 (ibid., p. 40). Almeno per la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta dell'VIII secolo è ragionevole pensare che le informazioni, talvolta riservate e d'importanza, fossero da G. inviate a Roma.
Ma l'appoggio reciproco tra il doge di Venezia Giovanni Galbaio, affiancato da suo figlio Maurizio, e G. non durò a lungo. La sostituzione dei Franchi ai Longobardi nel Regnum non provocò una diminuzione della pressione politico-militare in area veneto-istriana, al contrario. A ciò si aggiunse un rapido mutamento di fronte nei rapporti diplomatici tra occupanti carolingi e Chiesa romana e locale; quest'ultima, nel caso di G., si orientò di nuovo a loro favore, accantonando la politica di buona vicinanza sino ad allora attuata con i duces venetici e gli ecclesiastici di rango loro satelliti. G. si oppose infatti, verso il 798, alla nomina del greco Cristoforo quale capo della neonata diocesi di Olivolo-Rialto.
Le autorità veneziane, a loro volta resesi conto del nuovo pericoloso atteggiamento politico di G., reagirono e G. venne ucciso - facendolo precipitare, pare, da una torre del castrum di Grado - proprio a seguito di una congiura ordita da Giovanni e Maurizio Galbaio. Le fonti più antiche (Chronica patriarcharum Gradensium, p. 394; Chronica de singulis patriarchis, p. 14; Origo civitatum, p. 44; Chronicon Gradense, p. 47) informano che G. fu sepolto nella locale chiesa di S. Eufemia, mentre la più tarda cronaca di A. Dandolo riferisce della sua inumazione in S. Marco (p. 126).
A significare un'ideale continuità nella linea di condotta - probabilmente più politica che pastorale - il successore di G. fu suo nipote Fortunato, al quale il pontefice Leone III fece pervenire il pallio il 21 marzo 803 (Dandolo, p. 126; Kehr, p. 40).
Fonti e Bibl.: A. Dandolo, Chronica per extensum descripta, a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XII, 1, p. 126; Iohannes Diaconus Venetus, Chronicon Venetum, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, VII, Hannoverae 1846, p. 13; Chronicon Gradense, a cura di G.H. Pertz (che lo attribuisce a Iohannes Diaconus Venetus), ibid., p. 47; Paulus Diaconus, Historia Langobardorum, a cura di G. Waitz - L. Bethmann, ibid., Script. rer. Lang. et Ital. saec. VI-IX, ibid. 1878, pp. 78 s. (II, 10); Chronica patriarcharum Gradensium, a cura di G. Waitz, ibid., pp. 394, 396; Gregorii IIIepistulae, a cura di W. Gundlach - E. Dümmler, ibid., Epistolae, III, Berolini 1898-99, pp. 711 s., 714 s.; Concilia aevi Karolini, a cura di A. Werminghoff, ibid., Concilia, II, 1, ibid. 1979, n. 47 p. 586; Adriani I epistulae, in J.-P. Migne, Patr. Lat., XCVIII, coll. 288-290; C. Troya, Codice diplomatico longobardo, Napoli 1852-55, IV, 5, nn. 945 pp. 618 ss., 946 pp. 624 ss.; Codice diplomatico istriano, a cura di T. Kandler, Trieste 1862-65, I, nn. 42 pp. 91 ss., 43 pp. 93 ss.; Cronica de singulis patriarchis Nove Aquileie, a cura di G. Monticolo, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], IX, Roma 1890, pp. 9, 14; P.F. Kehr, Italia pontificia, VII, 2, Berolini 1925, pp. 34-41, 127-129; Origo civitatum Italiae seu Venetiarum (Chron. Altinate et Chron. Gradense), a cura di R. Cessi, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LXXIII, Roma 1933, pp. 44, 124; Documenti relativi alla storia di Venezia anteriori al Mille, I, Secoli V-IX, a cura di R. Cessi, I, Padova 1942, nn. 30 pp. 46 ss., 31 pp. 50 ss.; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, V, Venetiis 1720, coll. 1090-1094; B.P. Gams, Series episcoporum…, Ratisbonae 1873, p. 791; P. Paschini, S. Paolino patriarca († 802) e la Chiesa aquileiese alla fine del secolo VIII, Udine 1906, pp. 96 ss.; Id., Le vicende politiche e religiose del territorio friulano da Costantino a Carlo Magno, in Memorie storiche forogiuliesi, VIII (1912), p. 129; L. Salvatorelli, L'Italia medioevale. Dalle invasioni barbariche agli inizi del secolo XI, III, Milano 1938, pp. 247, 263, 275; E. Amann, L'epoca carolingia, in A. Fliche - S. Martin, Storia della Chiesa, VI, Torino 1977, pp. 102 ss.; S. Gasparri, I duchi longobardi, Roma 1978, pp. 56, 61, 71 s.; G. Fedalto, Organizzazione ecclesiastica e vita religiosa nella Venetia maritima, in A. Carile - G. Fedalto, Le origini di Venezia, Bologna 1978, pp. 315 ss., 341, 344 s.; H. Schmidinger, Il patriarcato di Aquileia, in I poteri temporali dei vescovi in Italia e Germania nel Medioevo, a cura di C.G. Mor - H. Schmidinger, Bologna 1979, pp. 144, 148 s.; A. Niero, Dal patriarcato di Grado al patriarcato di Venezia, in Grado nella storia e nell'arte. Antichità alto-adriatiche, XVII (1980), p. 265 e passim; P. Paschini, Storia del Friuli, Udine 1990, I, pp. 128 s., 149; G. Tabacco, L'avvento dei Carolingi nel regno dei Longobardi, in Langobardia, a cura di S. Gasparri - P. Cammarosano, Udine 1990, p. 387; A. Castagnetti, La società veneziana nel Medioevo, I, Dai tribuni ai giudici, Verona 1992, p. 62 e passim; H. Krahwinkler, Friaul im Frühmittelalter. Geschichte einer Region vom Ende des fünften bis zum Ende des zehnten Jahrhunderts, Wien-Köln-Weimar 1992, pp. 83 e n. 102, 84, 120, 179, 215, 216 e n. 76, 237 e n. 212; G. Cuscito, La Chiesa aquileiese, in Storia di Venezia, I, Roma 1992, p. 385; M. Pavan - G. Arnaldi, Le origini dell'identità lagunare, ibid., pp. 443, 446; A. Castagnetti, Famiglie e affermazione politica, ibid., p. 615; G. Ortalli, Il Ducato e la "civitas Rivoalti" tra Carolingi, Bizantini e Sassoni, ibid., pp. 726-728; D. Rando, Una Chiesa di frontiera. Le istituzioni ecclesiastiche veneziane nei secoli VI-XII, Bologna 1994, pp. 14, 16, 18 s., 21, 44, 112, nn. 9, 10, 11; Istria. Storia di una regione di frontiera, a cura di F. Salimbeni, Brescia 1994, pp. 68, 74; G. Albertoni, L'Italia carolingia, Roma 1997, p. 32 (senza citarne il nome); S. Gasparri, Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni fra Antichità e Medioevo, Roma 1997, p. 191; C. Azzara, L'ideologia del potere regio nel Papato altomedievale, Spoleto 1997, p. 231 e n. 7; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXVII, coll. 82 s.