GIOVANNI
Arcivescovo di Ravenna di cui non si hanno notizie precedenti la sua ascesa alla cattedra arcivescovile come successore di Felice, ma sulla data di inizio del suo episcopato gli storici non concordano: dal Seicento a oggi si sono succedute diverse teorie di eruditi e studiosi. Ricerche recenti di Orioli, tuttavia, in linea con quanto a suo tempo affermato da Stein, ponendo al 25 nov. 725 la morte dell'arcivescovo Felice tendono a posticipare l'avvento alla cattedra episcopale ravennate di G. ai primi del 726. Anche per quanto concerne la durata del suo mandato, i dati e i pareri forniti dagli storici divergono.
Molto probabilmente G. apparteneva a una famiglia ravennate di possessori fondiari: tale deduzione pare ragionevole analizzando il testo di un'importante epigrafe, databile al 29 genn. 731, murata nella parete settentrionale della basilica ravennate di S. Apollinare in Classe, dalla quale sappiamo che G. aveva donato a quell'ente ecclesiastico i beni che gli spettavano per legittima eredità dai suoi familiari. Tali informazioni risultano di estremo interesse in quanto ci offrono un'idea del patrimonio personale di un arcivescovo ravennate del pieno VIII secolo e consentono inoltre, nell'esiguità della documentazione dell'epoca, di intravedere la labilità del contratto enfiteutico su cui in genere si fondava l'incontrollabile gestione dell'ampio patrimonio vescovile locale.
Nel 731 papa Gregorio III invitò G. a recarsi a Roma per partecipare a un sinodo sullo spinoso problema dell'iconoclastia. Nel 732 riprendeva il conflitto tra Bizantini e Longobardi che culminava con la presa di Ravenna da parte di Ildeprando, nipote di Liutprando. L'esarca Eutichio, i maggiorenti e G. medesimo fuggirono dalla città ormai in mano al nemico, rifugiandosi probabilmente nella laguna veneta. Tuttavia, grazie ai preesistenti accordi diplomatici stipulati tra Gregorio III e l'abile esarca bizantino, la situazione ben presto si capovolse. Ma il pericolo non si esaurì; pochi anni dopo, nel 739, una nuova crisi investì i territori bizantini: Liutprando ritentò l'attacco alla Pentapoli giungendo, negli anni successivi, ad assediare nuovamente Ravenna. Sia l'esarca, sia G. si rivolsero al nuovo papa, Zaccaria, affinché venissero evitate altre stragi. L'assedio decisivo avvenne nel 743. Il papa, raggiunta Pavia attraversando Ravenna e incontrandosi dunque sicuramente con G., seppe convincere Liutprando a fare cessare le incursioni.
Stando a Orioli, che recentemente ha rivalutato le scarne informazioni offerte dalle poche fonti disponibili, la morte di G. va collocata al 744. Fu sepolto nella basilica di S. Apollinare in Classe.
Agnello, nel suo Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis, non dedica a G. che tre brevi paragrafi, concentrando la sua attenzione su taluni fatti che, al solito, più che concernere la vita del presule descrivono con orgoglio e vivissimo spirito cittadino la storia di Ravenna e la bellicosa capacità reattiva dei suoi abitanti. Non a caso, sorvolando sulla figura di G., cui si riferisce quasi di sfuggita e del quale non sa indicare nemmeno la cronologia episcopale, il cronista e biografo ravennate illustra ed elogia invece con palese soddisfazione la solida tempra dei suoi concittadini in lotta contro i Bizantini.
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