GIOVANNI
Fu arcivescovo di Ravenna dall'850 circa. Ottavo della serie, se si accetta l'ipotesi - già dell'Amadesi e ora del Vasina - dell'esistenza di un Giovanni VII tra Grazioso e Valerio, era fratello del dux Gregorio e pertanto, secondo il Buzzi, apparteneva alla famiglia dei Duchi Sergi, una delle più illustri dell'aristocrazia cittadina. La tradizionale data dell'850 per la sua elezione alla cattedra ravennate si fonda sulla sottoscrizione di un falso documento sinodale (per dirimere una lite tra le diocesi di Siena e Arezzo) attribuito a quell'anno. Recatosi subito dopo l'elezione a Roma per essere consacrato dal papa, G. alterò il testo di quelle cautiones che tutti i vescovi erano tenuti ad approvare all'atto della consacrazione e che tangibilmente testimoniavano la loro condizione di sudditanza rispetto al papa. Così si sarebbe manifestata immediatamente la politica di aggressiva rivendicazione autonomistica nei confronti della Sede romana, che avrebbe caratterizzato l'intero operato di Giovanni. Se era già presule nell'850, G. è forse da identificare con l'"archiepiscopus Ravennatis" che sottoscrisse, insieme con l'arcivescovo di Milano e altri settantacinque presuli, il concilio romano del 16 dicembre di quell'anno, in cui venne scomunicato per la prima volta il presbitero Anastasio poi detto Bibliotecario. Sicura è invece l'identificazione con G. del "Johannes archiepiscopus Ravennatis" che partecipò ai sinodi tenutisi nell'anno 853, a Ravenna il 29 maggio e a Roma il 19 giugno, nei quali fu ribadita la condanna di Anastasio. È ancora dell'853 una lettera di papa Leone IV in cui G. fu aspramente redarguito per aver usurpato "sine legali sanctione" (Epistolae selectae Leonis IV, p. 588), in combutta con il fratello, i possedimenti della Chiesa romana e obbligato un certo "Hilarius" (forse il vestararius pontificio) a una promissio poi invalidata perché sottoscritta non liberamente. Nell'autunno-inverno 860-861 il papa Niccolò I accolse le proteste dei suffraganei emiliani "qui a Iohanne […] in rebus et iuris sui proprietatibus incommoda sustinebant" (Liber pontificalis, p. 155), convocando G. a Roma per ben tre volte senza esito e infine scomunicandolo in contumacia in un concilio tenutosi il 24 febbr. 861. Questa riunione sinodale fu la prima del pontificato di Niccolò, come ha dimostrato il Fuhrmann, riferendo a essa le scarne notizie presenti in due codici (Merseburg, Archivio capitolare, ms. 104, e Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. G 58 sup.) sulla base della comune menzione del vescovo di Pola Nandegiso. G., secondo le accuse registrate nel Liber pontificalis romano, aveva usurpato terre e redditi della S. Sede, spogliato chiese e persone dei loro beni, impedito ai funzionari papali l'esercizio dei loro compiti giurisdizionali, consacrato nuovi suffraganei non eletti canonicamente dal clero e dal popolo; inoltre, come asseriva un libello accusatorio redatto dallo stesso Nandegiso, doveva essere considerato "pessimo haereseos errore irretitus" (Liber pontificalis, p. 168). G. fu costretto a cercare rifugio a Pavia, presso l'imperatore Ludovico II, e a invocarne la protezione, mentre il pontefice romano si recava a Ravenna per portare aiuto agli "Aemilienses ac senatores" (ibid., p. 156) che si lamentavano per le vessazioni subite.
Il Liber pontificalis, redatto per questa parte da Anastasio Bibliotecario, descrivendo minuziosamente l'episodio del conflitto tra G. e Niccolò sottolinea che il presule ravennate dovette rinnovare il suo viaggio a Pavia per richiedere soccorso, comunque senza successo. Secondo la ricostruzione dello Herbers, la doppia visita a Ludovico - poco credibile per motivi logistico-temporali - è un'invenzione di Anastasio per scagionare l'imperatore da una qualsiasi connivenza con le trame sovversive di Giovanni. Un'altra fonte, indipendente dal Liber pontificalis e diversamente orientata, il Libellus de imperatoria potestate in urbe Roma, parla di un unico viaggio di G. a Pavia e inasprisce piuttosto il conflitto tra il papa e l'imperatore, mettendo in secondo piano la figura dell'arcivescovo di Ravenna.
È certo in ogni caso che G. non fu appoggiato da Ludovico, anzi fu esortato a un accordo con Niccolò e perciò, durante il sinodo lateranense del 16-18 nov. 861, per rioccupare la sua carica si vide costretto a fare atto di sottomissione e a rinunciare a ogni ambizione egemonica. Promise che si sarebbe recato ogni anno a Roma, a meno che non ne fosse impedito da gravi motivi di salute; che non avrebbe consacrato i suffraganei emiliani se non dopo l'elezione "ducis, cleri et populi" (ibid., p. 157) e dopo aver ricevuto la consecrandi licentia dalla Sede apostolica; che non avrebbe più impedito loro di recarsi a Roma né preteso da essi alcuna prestazione non prevista dai canoni; che non si sarebbe impossessato dei beni di qualsivoglia persona se non in seguito a un regolare processo da svolgersi davanti allo stesso pontefice o, a Ravenna, davanti al suo messo.
La bolla immediatamente successiva di Niccolò I, Sollicitudinem omnium, elenca in modo ancor più dettagliato gli abusi perpetrati da G. ai danni dei vescovi emiliani. L'arcivescovo imponeva loro, ogni due anni durante la visita pastorale, l'obbligo di fornire ospitalità e viveri ai circa 500 uomini a cavallo del suo seguito; tratteneva a Ravenna i loro più validi chierici, utilizzandoli per il suo interesse; adottava la "mala consuetudo" detta tricesimalis che ingiungeva ai suffraganei di abbandonare a turno per un mese la loro diocesi e di mettersi a disposizione del metropolita.
Ma le ostilità tra G. e papa Niccolò ripresero tra l'863 e l'864. L'arcivescovo ravennate assunse infatti le difese dei vescovi Guntario di Colonia e Teutgaudo di Treviri, che erano stati deposti dal papa in quanto avevano approvato e convalidato, nel concilio di Metz del 30 giugno 863, il divorzio tra Lotario II e Teutberga. Essi avevano cercato l'alleanza del patriarca di Costantinopoli Fozio e avevano ottenuto il concreto aiuto di Ludovico II, che su consiglio, pare, dello stesso G. marciò su Roma in armi per indurre Niccolò a ritrattare la condanna. L'imperatore occupò con le sue truppe la Pentapoli ed entrò in città (principio dell'864); secondo il Libellus de imperatoria potestate, G. in persona faceva parte del suo seguito.
Di qualche anno successivo è il coinvolgimento dell'arcivescovo nell'affaire foziano, dopo cioè la prima deposizione del contestato patriarca dalla carica (867). Si è infatti conservata una breve lettera non datata di Fozio a G. (la datazione del Grumel alla fine dell'878 o all'inizio dell'879 non è accettabile) il cui tenore è alquanto misterioso, ma pare alludere a un fallimento del tentativo di avvicinare alla sua causa il presule ravennate, che viene rimproverato per il suo atteggiamento incerto ed esitante.
La politica di G. non mutò con l'avvento al soglio pontificio di Giovanni VIII. Databile al primo anno di pontificato di Giovanni (872) è un frammento di lettera indirizzata al suo omonimo ravennate in cui il papa ricorda: "mortuos suscitasse Christum legimus, in scelerum obstinationem labefactos absolvisse non legimus" (Registrum Iohannis VIII papae, p. 278, n. 8). È così confermato che tra le due sedi persistevano gravi contrasti, sia relativi alla giurisdizione ecclesiastica (in un altro frammento di lettera, certamente dell'873, G. viene rimproverato per aver ordinato un vescovo senza l'auctoritas papale), sia in merito ai diritti patrimoniali: nel gennaio dell'874 il papa scriveva a Ludovico II di non essersi indebitamente impossessato, come evidentemente lo accusava di aver fatto G., dei monasteri di S. Maria di Pomposa, di S. Salvatore in Montefeltro e di S. Probo, né dei coloni posti "in territorio Ferrariensi et Adriensi et Gallicata et Faventilla" (ibid., p. 291, n. 31), ma di detenerli iure proprio, sulla base di una continuità di possesso con i suoi predecessori. La crisi dinastica che si aprì alla morte di Ludovico II (875) vide G. schierato con l'imperatrice vedova Engelberga e con i duchi di Spoleto, che sostenevano la candidatura del figlio di Ludovico il Germanico, Carlomanno, contro Carlo il Calvo, il successore designato dal papa e da Ansperto di Milano. La vittoria di Carlo (incoronato imperatore il 25 dic. 875) fu seguita dalla scomunica dei sostenitori romani di Carlomanno, tra cui Formoso, vescovo di Porto, il secundicerio Stefano e suo fratello Sergio, i quali tutti si rifugiarono nel territorio spoletino (aprile 876). In questo contesto si colloca un evento noto solo attraverso una lettera di Giovanni VIII a Engelberga: nell'autunno dell'876 un gruppo di armati, comandato da un certo Maurino, entrò in Ravenna con il favore di G., saccheggiò le case e i beni dei fedeli del papa, tolse con la violenza al vestararius papale le chiavi della città e le consegnò come segno di potere all'arcivescovo. Si trattò insomma di un episodio di rivincita del partito spoletino e formosiano, con il beneplacito di G. che ribadiva in questo modo la sua posizione drasticamente antiromana. Questa iniziativa non ebbe comunque successo, non mise, cioè, in discussione il controllo su Ravenna delle autorità pontificie, se già nel luglio dell'877 Giovanni VIII poté convocare in città un concilium generale Italici Regni. È significativo poi che durante questo importante sinodo non sia stato preso alcun provvedimento nei confronti del metropolita ravennate, nonostante i suoi evidenti legami con il partito spoletino (cui il concilio si oppose con decisione) e il recentissimo colpo di mano. Se ne può inferire che sia stato raggiunto un accordo o si sia accettata una situazione di compromesso.
A un anno circa di distanza da questo sinodo, nell'ultima traccia documentaria dell'esistenza in vita di G. costituita da una lettera a Engelberga datata al maggio dell'878, Giovanni VIII chiede all'imperatrice di inviare "epistolas consolatorias" da parte sua all'arcivescovo di Ravenna e di incitarlo alla lotta contro i nemici di Dio (i Saraceni). Sorprende che il papa sembri contare ora sull'appoggio del rivale. Ma G. morì prima della fine di novembre di quello stesso anno. Una lettera, appunto di fine novembre, di Giovanni VIII a Giovanni di Pavia perché sia sua cura sollecitare i suffraganei della Chiesa ravennate alla partecipazione al concilio pavese indetto per il 2 dic. 878 (poi non celebrato), testimonia la vacanza della sede. Nel dicembre dello stesso anno risulta già eletto il successore di G., Romano.
Fonti e Bibl.: Supplementum Concilii Romani habiti anno Christi 863, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script. II, 2, Mediolani 1726, coll. 127 s. (concilio del 24 febbr. 861, con una datazione all'863); Annales Bertiniani, a cura di G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores rer. Germ. in usum scholarum, V, Hannoverae 1883, pp. 92 s. (per il sinodo del 16 dic. 850, sul quale cfr. anche Mon. Germ. Hist., Concilia, III, a cura di W. Hartmann, Hannoverae 1984, pp. 230 s., e per i sinodi del 29 maggio e del 19 giugno 853); Epistolae selectae Leonis IV, a cura di A. de Hirsch-Gereuth, ibid., Epistolae, V, Berolini 1899, nn. 7 e 8 (a. 853) pp. 588 s. (per la parentela con il duca Gregorio); Epistolae Nicholai I, a cura di E. Perels, ibid., VI, ibid. 1912, nn. 51 p. 338, 105 (bolla Sollicitudinem omnium) pp. 614-617, 106 p. 619, 135-137 pp. 655 s., 152 p. 667; Registrum Iohannis VIII papae, a cura di E. Caspar, ibid., VII, ibid. 1928, nn. 49 pp. 46 s., 59 pp. 53 s., 61 e 62 pp. 53-55, 73 pp. 67-69, 94 pp. 88 s., 124 p. 112, 144 pp. 123 s., 146 pp. 124 s., 284 p. 250, frammenti nn. 8 p. 278, 28 p. 289, 31 p. 291, 60 p. 311, 62 p. 312; G.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, XV, Venetiis 1770, col. 658 (sul concilio dell'861), XVII, ibid. 1772, coll. 297 s., 337-344 (concilio dell'877, i cui atti sono pubblicati come esito di due concili distinti, l'uno celebrato nell'874 e l'altro appunto nell'877); Vita Nicolai I, in Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1886, pp. 155-158, 168 s.; P.F. Kehr, Italia pontificia, V, Berolini 1911, nn. 100-122, pp. 39-44; Il "Chronicon" di Benedetto monaco di S. Andrea del Soratte e il "Libellus de imperatoria potestate in urbe Roma", a cura di G. Zucchetti, in Fonti per la storia d'Italia [Medioevo], LV, Roma 1920, pp. 191-210; I placiti del "Regnum Italiae", I, a cura di C. Manaresi, ibid., XCII, ibid. 1955, n. 53 pp. 176-187, spec. p. 186 (per il documento attestante l'ordinazione archiepiscopale nell'850, qui ritenuto autentico, ma cfr. M. Polock - H. Schneider, Die gefälschte Synodalurkunde von Rom 850 (?), in Mon. Germ. Hist., Concilia, III, cit., pp. 495-502, spec. p. 497 n. 9); G. Rossi, Historiarum Ravennatum libri decem, Venetiis 1589, pp. 259 s.; G.L. Amadesi, In antistitum Ravennatum chronotaxim, II, Faventiae 1783, pp. 29-31 (per la successione Grazioso - Giovanni VII - Valerio, negata già dal Bacchini e, più recentemente, dall'Orioli e dal Picard), 48 s.; G. Buzzi, Ricerche per la storia di Ravenna e di Roma dall'850 al 1118, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XXXVIII (1915), pp. 107-128; F. Lanzoni, Una epistola del patriarca Fozio a G. arcivescovo di Ravenna, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, IX (1919), pp. 137-141; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I, München 1911, p. 688; V. Grumel, Les regestes des actes du patriarcat de Constantinople, II-III, Regestes 715-1206, a cura di J. Darrouzès, Paris 1989, n. 514 pp. 102 s.; H. Fuhrmann, Papst Nikolaus I. und die Absetzung des Erzbischofs Johann von Ravenna, in Zeitschrift der Savigny Stiftung, kan. Abt., XLIV (1958), pp. 353-358; A. Simonini, La Chiesa ravennate. Splendore e tramonto di una metropoli, Faenza 1964, pp. 78-81, 178-188; G. Orioli, I vescovi di Ravenna. Note di cronologia e di storia, in Boll. della badia greca di Grottaferrata, XXXII (1978), pp. 60 s.; G. Fasoli, Il dominio territoriale degli arcivescovi di Ravenna fra l'VIII e l'XI sec., in I poteri temporali dei vescovi in Italia e in Germania nel Medioevo, a cura di C.G. Mor - H. Schmidinger, Bologna 1979, pp. 102-106; J. Belletzkie, Pope Nicholas I and John of Ravenna: the struggle for ecclesiastical rights in the ninth century, in Church history, XLIX (1980), pp. 262-272; A. Vasina, Prefazione al Breviarium Ecclesiae Ravennatis (Codice bavaro) secc. VII-X, a cura di G. Rabotti, in Fonti per la storia d'Italia [Medioevo], CX, Roma 1985, p. XXVI; J.-C. Picard, Le souvenir des évêques: sépultures, listes épiscopales et culte des évêques en Italie du Nord des origines au Xe siècle, Roma 1988, p. 493; W. Hartmann, Die Synoden der Karolingerzeit im Frankenreich und in Italien, München 1989, pp. 293-297, 343-350; K. Herbers, Der Konflikt Papst Nikolaus' I. mit Erzbischof Johannes VII. von Ravenna (861), in Diplomatische und chronologische Studien aus der Arbeit an den Regesta Imperii, a cura di P.F. Heinig, Köln-Wien 1991, pp. 51-66; R. Savigni, I papi e Ravenna. Dalla caduta dell'Esarcato alla fine del secolo X, in Storia di Ravenna, II, 2, Dall'età bizantina all'età ottoniana. Ecclesiologia, cultura e arte, Venezia 1992, pp. 344-350; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXVII, coll. 496 s.