GIOVANNI Zápolyai (Szapolyai), ultimo re nazionale d'Ungheria
Figlio del conte palatino Stefano Zápolyai e della principessa Edvige di Teschen, nacque nel 1487 a Szepesváralja (Spišské Podhradie). L'ambiziosa madre cercava di unirlo in matrimonio con la figlia del re Ladislao I Iagellone e di assicurargli in questo modo la successione al trono. Respinto da Ladislao, G. si mise dalla parte della piccola nobiltà che si opponeva ai tentativi degli Asburgo di ottenere un patto che garantisse loro il trono ungherese. Dalla dieta del 1505, quando i nobili del suo partito decisero che, estinta la dinastia iagellonica, non venisse più eletto un re di razza straniera, G. fu per venti anni nel centro della lotta. Pare sia stato nominato vajda (luogotenente del re) della Transilvania (1511), per allontanarlo dalla corte regia. Nell'estate del 1513 fece un'irruzione in territorio turco; poi, quando i contadini, arruolati per una crociata contro i Turchi, diressero le armi contro i proprî padroni, soffocò nel sangue la rivolta e ne fece giustiziare il capo, Giorgio Dozsa (1514), aumentando così la propria autorità. Morto Ladislao II (1516) il partito nazionale volle eleggere G. governatore con pieni poteri accanto al re minorenne Lodovico; ma tale proposito fu sventato da un altro partito, il quale seppe pure impedire che G. venisse eletto conte palatino (1519). L'aspra lotta intestina accelerò la caduta dell'Ungheria. L'odio di G. contro i suoi avversarî contribuiva a far cadere la linea meridionale di difesa del regno ungherese (Belgrado, Sabac) nelle mani dei Turchi (1521). Nella catastrofe dell'esercito ungherese sul campo di Mohács (1526), G. non fu presente. I pretendenti al trono vacante erano due: lo stesso G., candidato del partito nazionale, e Ferdinando d'Asburgo, arciduca d'Austria, fratello di Carlo V, che vantava diritti derivanti da patti di famiglia. La dieta di Széhesfehérvár (Alba Reale) elesse re G. (10 novembre 1526), che il giorno appresso fu incoronato. Ma gli avversarî di G. risposero con l'elezione di Ferdinando (16 dicembre 1526). Le truppe tedesche e ungheresi di Ferdinando batterono parecchie volte l'esercito di G., costringendo quest'ultimo a fuggire in Polonia. Abbandonato dall'estero e tradito dai propri partigiani aristocratici, G., che nei primi mesi dopo la sua elezione aveva cercato di continuare la lotta contro i Turchi, mutò rotta; e si rivolse al sultano Solimano, concludendo un'alleanza (gennaio 1528) che lo riconosceva legittimo re d'Ungheria e gli prometteva l'aiuto turco. Nel frattempo G. nel suo esilio polacco, a Tarnów, cercò di allearsi coi nemici della dinastia degli Asburgo, in specie col papato, con la repubblica veneta, con la Francia e con l'Inghilterra, ma le fatiche dei suoi ambasciatori non furono ricompensate che da un trattato di alleanza di poco valore con Francesco I di Francia. Nel novembre 1528 G. poté ritornare nell'Ungheria. L'anno appresso, in occasione della campagna turca contro Vienna, rinnovò l'alleanza con Solimano, il quale lo aiutò a occupare Buda. Il legame con i Turchi rese impossibile l'ulteriore orientamento verso l'Occidente a G. che nel 1529 fu scomunicato. Alla fine del 1530 G. nominò governatore dell'Ungheria il veneziano Lodovico Gritti, il quale non tardò a tradire la sua causa a Costantinopoli. L'esperienza fatta con l'alleato turco rese G. più propenso alla pace con gli Asburgo. Le lunghissime trattative condussero al trattato di pace di Varadino (1538), in cui si stipulava che dopo la morte di G. l'Ungheria spettasse a Ferdinando e gli eventuali suoi discendenti diventassero eredi degl'immensi possedimenti familiari degli Zápolyai col titolo di "principe di Szepes". Ma appena firmato il trattato, G. disperando del valore dell'appoggio degli Asburgo, si decise a rompere la stipulazione di Várad. Morì durante una campagna contro gl'insorti transilvani, nel 1540, lasciando l'ordine che il trattato con Ferdinando d'Asburgo non fosse eseguito e il suo figlio neonato, Giovanni Sigismondo, gli succedesse al trono. La sua politica preparò lo smembramento del regno ungherese.
Bibl.: I. Acsády, Storia dello smembramento dell'Ungheria in tre parti (in ungh.), Budapest 1897; G. Szekfü, Storia ungherese, il secolo XVI (in ungh.), Budapest s. a.