Giovanni XV
Giovanni, figlio del presbitero Leone del quartiere di Gallina Alba (VI "regio"), fu cardinal prete del titolo di S. Vitale. Di origine romana, divenne papa nell'agosto del 985 probabilmente per intervento del "patricius" Giovanni, succeduto in tale carica al padre Crescenzio "de Theodora". Secondo Martino di Troppau, che però scrive circa tre secoli dopo, G. sarebbe stato uomo di grande cultura, circostanza che può aver contribuito al successo della sua candidatura.
Tra il basso clero romano e il nuovo papa pare si sia però giunti in breve tempo a forti tensioni, perché il pontefice avrebbe troppo favorito i Crescenzi. Dietro questo genere di accuse si celavano probabilmente conflitti di interesse ben più profondi, che spesso venivano alla luce al momento di una nuova elezione. La posizione politica di G. all'interno della città fu comunque molto debole durante l'intero pontificato, e si fece più difficile alla morte del suo protettore, il "patricius" Giovanni, cui successe il fratello Crescenzio II Nomentano.
Le difficoltà romane non gli impedirono di svolgere una notevole attività nei riguardi della Chiesa italiana e d'Oltralpe. Già nell'autunno 985 consacrò, ad esempio, l'arcivescovo di Benevento Alfano: questi era stato eletto tra molti contrasti nel 982 e pertanto non era stato ancora riconosciuto come legittimo presule. In un documento dell'11 novembre 985 G. confermò possessi e diritti a Montecassino. Nei mesi successivi concesse privilegi a monasteri e sedi vescovili in Borgogna, Germania, Francia, Inghilterra e Spagna.
G. cercò innanzitutto di stabilire rapporti diretti e personali con gli arcivescovi di diversi paesi, chiamandoli a Roma in occasione della concessione del "pallium". Durante il suo pontificato vennero infatti a tal fine arcivescovi dalla Francia, dall'Inghilterra, dai territori dell'Impero siti al di là delle Alpi e dalla penisola italiana. Nel 986 il "pallium" venne concesso all'arcivescovo Seguin di Sens; in questa occasione G. - sulla scorta di precedenti, analoghe disposizioni dei suoi predecessori - lo nominò primate delle Gallie e suo vicario. Nel 989 toccò all'arcivescovo di Canterbury Aethelgar di ricevere il "pallium" a Roma dalle mani del papa. L'anno dopo fu Sigerico, il successore di Aethelgar, che si mise in cammino verso la Città Eterna per ricevere un'analoga concessione. Nel 989 G. rinunciò a consacrare di persona i vescovi di Pesto, Acerenza, Nola, Bisignano, Malvito e Cosenza, che in futuro sarebbero stati ordinati dall'arcivescovo di Salerno, Amato I, e dai suoi successori. Inoltre G. stabilì che gli arcivescovi di Amalfi avrebbero dovuto essere sempre consacrati anche dal papa a Roma; soltanto nel caso in cui il papa non fosse stato disponibile, essi avrebbero potuto farsi consacrare dai loro suffraganei. Nel marzo del 994 anche l'arcivescovo Grimoaldo di Salerno ricevette un privilegio papale dello stesso tenore. Nel 989 il "pallium" era stato nel frattempo concesso all'arcivescovo Liawizo I, metropolita di Amburgo-Brema, alla cui Chiesa furono confermati possessi e diritti sulla scorta delle disposizioni dei predecessori di Giovanni XV. Per iniziativa di Liawizo I e in accordo con G., un cappellano di Ottone III accompagnò da Amburgo a Roma le spoglie di papa Benedetto V, che vi era morto in esilio ed ivi seppellito contro il suo esplicito volere. Nel novembre 993 fu infine Hartwig di Salisburgo a ricevere da G. le insegne della dignità metropolitica.
Appena eletto G. aveva preso contatto con l'imperatrice Teofane, che si trovava, in quella fase, al di là delle Alpi e che era reggente per il figlio Ottone III (983-1002), allora ancora minorenne. Teofane era riuscita ad imporre quale vescovo di Piacenza Giovanni Filagato - il futuro antipapa Giovanni XVI -; ora ottenne l'appoggio del papa per la trasformazione in arcivescovato di quella sede. G. sottrasse infatti Piacenza alla giurisdizione dell'arcivescovo di Ravenna, di cui era stata sempre suffraganea, e la innalzò al rango di metropoli. Inoltre, e sicuramente sempre per intervento di Teofane, G. nominò Giovanni Filagato primicerio della Chiesa romana. Tra il dicembre 989 e il marzo dell'anno successivo l'imperatrice soggiornò a Roma, dove ebbe probabilmente ripetuti incontri con Giovanni XV. In questo periodo venne inviata una legazione papale al principe di Kiev, Wladimiro I († 1015): i messi pontifici trasmisero probabilmente anche un messaggio dell'imperatrice ad Anna, la principessa bizantina che era andata in sposa a Wladimiro. L'ambasceria deve avere avuto un certo successo perché il principe rispose inviando finalmente una propria ambasceria a Roma. G. vedeva così coronato il sogno di guadagnare una qualche influenza sulla corte variaga di Kiev, che proprio allora aveva cominciato a legarsi strettamente a Bisanzio sia sul piano politico che su quello religioso. Nell'autunno 990 G. inviò Leone, vescovo di Treviri, in qualità di suo legato in Inghilterra e in Normandia. Il legato doveva mediare tra re Etelredo II d'Inghilterra e il duca Riccardo I di Normandia; la mediazione ebbe successo e nel 991 venne conclusa la pace.
Nel 988-989 G. aveva accolto in Roma il vescovo Adalberto di Praga che, in seguito all'insuccesso della sua opera pastorale, aveva lasciato la propria sede vescovile e voleva recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme. G. avrebbe consigliato Adalberto di non proseguire per Gerusalemme, ma di consacrarsi piuttosto alla vita monastica in Italia. Dopo un soggiorno a Montecassino e un fallito tentativo di farsi accogliere nella comunità di Valleluce da s. Nilo, Adalberto fu indotto dal grande eremita calabrese a tornare a Roma, dove chiese di essere accolto nel monastero dei SS. Bonifacio ed Alessio sull'Aventino. G., in accordo con il clero cardinalizio, concesse all'abate del monastero, Leone, che ne aveva fatto richiesta, di accogliere Adalberto nella sua comunità. La cerimonia deve aver avuto luogo un Giovedì santo (forse del 990). Circa due anni dopo giunse a Roma un'ambasceria boema che richiese al papa il ritorno di Adalberto nella sua diocesi, rimasta priva di vescovo. La richiesta era fortemente appoggiata dall'arcivescovo Willigis di Magonza, nella sua qualità di metropolita di Praga, che richiese a G. il ritorno di Adalberto o l'autorizzazione papale a procedere all'elezione di un altro vescovo. Il sinodo che si riunì sotto la presidenza di G. nel 992 decise di rinviare Adalberto a Praga. Due anni più tardi, dopo una nuova e più grave rottura con il duca Boleslao, Adalberto lasciò una seconda volta la Boemia. Dopo aver informato G. della sua attività di vescovo di Praga e avergli spiegato le ragioni che lo inducevano a presentare le sue dimissioni, egli ottenne dal papa di rientrare nel monastero dei SS. Bonifacio ed Alessio. Qui restò finché, nel 996, Willigis di Magonza non ebbe ottenuto da Gregorio V che Adalberto ritornasse a Praga per svolgervi nuovamente la sua attività pastorale.
Fra il 991 e il 992 il principe Miezko I di Polonia († 992) e sua moglie Oda donarono a S. Pietro le loro terre, che si estendevano a nord fino al mar Baltico, ad est fino alle regioni abitate dai Pruzi e dai Russi, a sud fino a Cracovia e ad ovest fino all'Oder. Il documento relativo, di cui è sopravvissuto solo un regesto (noto come Dagome-iudex, dalle parole iniziali), venne probabilmente steso da un ecclesiastico italiano, forse romano. Le trattative preliminari tra G. e gli inviati di Miezko si svolsero a Roma e vi partecipò anche Adalberto. La donazione venne invece messa per iscritto probabilmente in Polonia, alla corte di Miezko, grazie all'opera di legati papali.
Diversi sono i motivi addotti dalla storiografia per spiegare questa donazione: Miezko avrebbe mirato in primo luogo alla creazione di una struttura ecclesiastica indipendente, con a capo un metropolita, nei territori sotto la sua giurisdizione (grosso modo la futura Polonia). Un altro motivo, che tiene conto dell'età di Miezko al momento della donazione, sarebbe consistito nella volontà di affidare alla tutela papale la moglie e i due figli ancora minorenni, Miezko e Lamberto. Dal punto di vista di G., la donazione avrebbe consentito di rafforzare il ruolo della Santa Sede nella evangelizzazione dei popoli slavi. La donazione della futura Polonia a S. Pietro, il cui aspetto formale sembra debba essere fatto risalire ad un modello proposto da Roma, pose le premesse per la nascita di una provincia ecclesiastica polacca indipendente, eretta nell'anno 1000.
Alla fine del gennaio 993 si riunì in Laterano, sotto la presidenza di G., un sinodo durante il quale fu decisa la canonizzazione del vescovo Ulrico di Augusta (923-973). Alla sua conclusione G. informò per iscritto le autorità ecclesiastiche di Gallia e Germania sui lavori dell'assemblea e ordinò che ad Ulrico venisse prestato un culto pubblico. A quanto si sa, fu questa la prima formale canonizzazione da parte della Santa Sede. Dopo la partenza da Roma dell'imperatrice Teofane - e probabilmente dopo la morte del "patricius" Giovanni - Crescenzio II divenne signore della città e costrinse il papa in una posizione di ancor maggiore soggezione. Ciò comportò immediate conseguenze e ridusse la libertà di azione di G. nella questione relativa alla sede arcivescovile di Reims, problema con cui egli dovette misurarsi dal 989 fino alla fine del proprio pontificato. Poiché re Ugo di Francia (987-996) aveva vietato ad Arnolfo, un figlio illegittimo del carolingio re Lotario († 986), eletto nel 989 arcivescovo di Reims, di recarsi a Roma, G. gli fece avere il "pallium" attraverso il vescovo Notkero di Liegi. Nell'estate 990, G. ricevette un'ambasceria che gli consegnò due lettere di re Ugo di Francia e di vescovi suffraganei della sede metropolitica di Reims, il cui testo era stato concordato durante il sinodo di Senlis del giugno 990 e poi messo in bella forma da Gerberto d'Aurillac. Re Ugo lamentava il fatto che Arnolfo si fosse macchiato di infedeltà nei suoi confronti, in quanto l'arcivescovo aveva aperto le porte di Reims ad un nemico del re, il duca Carlo della Bassa Lorena, zio dello stesso Arnolfo. Poiché Arnolfo non aveva dato seguito sia ad un invito a comparire alla corte del re sia ad una convocazione al concilio di Senlis, il re chiedeva al papa di pronunciarsi. La lettera dei suffraganei imputava ad Arnolfo una serie di colpe, di cui si sarebbe macchiato dopo la sua elezione ad arcivescovo. Anch'essi domandavano al papa di esprimere il suo giudizio, richiedendo al contempo il permesso di deporre Arnolfo ed eleggere un nuovo arcivescovo. Poco tempo dopo questa ambasceria giunsero a Roma anche i legati degli avversari di re Ugo, che illustrarono una serie di argomenti contrari. G. evitò di prendere posizione e congedò i legati che gli erano stati mandati da Senlis senza aver preso la decisione che essi richiedevano. In seguito a questi avvenimenti si riunì, nel giugno 991, un nuovo sinodo a St-Basle-de-Verzy (presso Reims), che procedette all'interrogatorio di Arnolfo, nel frattempo preso prigioniero, e alla sua condanna, benché alcuni illustri abati avessero sollevato dubbi sulla legalità del procedimento. Nel corso di quest'assemblea il vescovo di Orléans tenne un discorso violentemente antipapale, divenuto in seguito assai celebre e il cui contenuto fu ripreso da Gerberto negli atti del sinodo, da lui messi per iscritto. Con questa invettiva antiromana si tentò tra l'altro di negare a G. l'autorità di decidere della questione di Reims, autorità che avrebbe dovuto essere trasferita al sinodo. Quando, alcuni giorni più tardi, Gerberto venne eletto nuovo arcivescovo di Reims, si aprì nell'arcidiocesi uno scisma. Nell'autunno del 991 G. inviò nel nord della Francia l'abate Leone del monastero dei SS. Bonifacio ed Alessio e il vescovo Domenico di Sabina in qualità di suoi legati, con il compito di indagare sulla situazione che si era creata a Reims. In questa veste l'abate Leone convocò i vescovi francesi ad un sinodo da tenersi ad Aquisgrana nella primavera del 992, per discutere, in presenza anche di vescovi del Regno di Germania, la questione di Reims. Ma, probabilmente a causa di un diretto intervento di re Ugo, i vescovi francesi non si presentarono al sinodo.
Dopo il ritorno di Leone da Aquisgrana - autunno 992 - G. richiese a re Ugo, a suo figlio Roberto (II), già associato al Regno, e ai vescovi francesi, che avevano partecipato alla deposizione di Arnolfo, di giustificare a Roma il loro operato. Ugo e i vescovi si limitarono ad inviare l'arcidiacono Teudo, latore di nuova documentazione, con l'incarico di informare più esattamente G. sulla deposizione di Arnolfo. In una lettera scritta da Gerberto di Aurillac, re Ugo assicurava il pontefice che la deposizione di Arnolfo non era assolutamente rivolta contro di lui. In risposta alla convocazione a Roma, Ugo invitava a sua volta G. ad incontrarlo a Grenoble, località al confine tra Italia e Gallia, ove sovrani franchi si erano già altre volte incontrati con predecessori di Giovanni XV. Per evitare un ulteriore deterioramento nei suoi rapporti con il monarca francese, G. inviò nuovamente, nella primavera del 993, l'abate Leone, che doveva cercare di porre fine allo scisma di Reims.
Il legato papale si recò in primo luogo alla corte ottoniana, partecipando ad un sinodo che si riunì in occasione della Pasqua ad Ingelheim, per raggiungere poi Mouzon, località al confine tra i due Regni. Di qui egli mandò messi a re Ugo per proporgli di lasciar decidere la questione tra Arnolfo e Gerberto in un sinodo da convocarsi in Francia. In risposta Ugo fece avere al legato papale gli atti del sinodo di St-Basle-de-Verzy. Leone rispose all'invettiva contro Roma, contenuta nel documento, con una lettera molto dettagliata ove negava ogni fondamento alle accuse rivolte ai papi. Ma al legato non restò comunque che tornare a Roma senza aver raggiunto lo scopo. In seguito a questi avvenimenti, G. rivolse all'episcopato francese una serie di lettere, in cui si criticavano energicamente la deposizione di Arnolfo e l'elezione di Gerberto. Quest'azione non fece che irrigidire le reciproche posizioni. Così i vescovi francesi, in un sinodo riunitosi a Chelles nel maggio del 994, cui partecipò anche re Roberto, ribadirono la loro posizione del 991. Nell'estate dello stesso anno G. accolse a Roma l'abate Abbone di Fleury, che lo informò sugli esiti del sinodo di Chelles. Nel contempo G. ricevette più volte la richiesta da parte dei vescovi delle regioni transalpine dell'Impero di cassare la deposizione di Arnolfo e l'elezione di Gerberto, avvenuta in dispregio dei canoni. Nel 995 G. inviò per la terza volta l'abate Leone quale suo legato per la questione di Reims. Leone ebbe l'incarico di convocare, in accordo con l'arcivescovo Seguin di Sens, vicario papale per le Gallie, un sinodo da tenersi nella provincia ecclesiastica di Reims, sinodo cui avrebbero dovuto partecipare vescovi francesi e tedeschi e che avrebbe dovuto porre infine termine allo scisma. G. richiese specificamente all'episcopato francese di intervenire al sinodo convocato dall'abate Leone.
Dopo aver felicemente concluso la trattativa con i vescovi tedeschi, il legato inviò un'ambasceria ai re Ugo e Roberto, chiedendo loro di presentarsi al sinodo. Benché i due sovrani si fossero in un primo tempo dichiarati disponibili a partecipare, poco prima della prevista riunione ritirarono la loro adesione. Così, quando - all'inizio di giugno del 995 - il sinodo si riunì a Mouzon erano presenti quasi esclusivamente ecclesiastici provenienti dall'Impero ottoniano. L'unico rappresentante dell'episcopato francese fu Gerberto arcivescovo di Reims, che voleva giustificarsi di fronte al sinodo. Dopo aver pronunciato la propria difesa, egli consegnò la versione scritta del suo intervento all'abate Leone. Ma, a causa dell'assenza di Arnolfo e dei vescovi francesi, anche questa volta non fu possibile por termine allo scisma. Il legato di G. indisse allora un secondo sinodo, che avrebbe dovuto riunirsi il 1° luglio 995 a St-Remi di Reims. Questa volta i re Ugo e Roberto consentirono ad Arnolfo di presentarsi, ma ancora una volta l'assemblea non riuscì a giungere ad una decisione, per l'indisponibilità dei molti vescovi francesi presenti. Lo scisma di Reims non venne risolto durante il pontificato di G., il quale aveva però mantenuta ferma, grazie al continuo impegno del suo legato Leone, la pretesa dell'autorità papale di avere voce in capitolo. Nella primavera del 995, intanto, i contrasti tra G. e Cre-scenzio II, che nelle fonti compare - a partire dal 991 - come conte di Terracina, avevano costretto il papa a lasciare Roma. G. si ritirò nella Tuscia romana, a Sutri, continuando di lì a svolgere la propria attività.
Il 4 aprile del 995 G. concesse ad esempio un privilegio al monastero alsaziano di Selz, fondato dall'imperatrice Adelaide. Il papa consentì alla comunità di Selz la libera elezione dell'abate e la possibilità di scegliere il vescovo che avrebbe dovuto consacrarlo. All'abate venne concesso anche l'uso dei sandali e della dalmatica durante la celebrazione eucaristica, mentre veniva vietato a chiunque, in primo luogo al vescovo di Strasburgo, titolare della diocesi in cui sorgeva Selz, di esercitare qualsiasi forma di giurisdizione sul monastero. Nel maggio 995 G. confermò all'abate Guglielmo di Volpiano il possesso del monastero di St-Pierre-de-Bèze, che gli era stato offerto dal vescovo di Langres.
Dalla Tuscia G. inviò anche legati alla corte di Ottone III, in quel momento al di là delle Alpi, per chiedere al sovrano di venire a Roma e di appoggiarlo contro Crescenzio II Nomentano. G. aveva nel frattempo guidato due assalti contro il fronte nemico per rientrare a Roma ed entrambe le volte era stato sconfitto. Quando Ottone III incominciò a preparare la spedizione italiana, Crescenzio II mutò atteggiamento e, negli ultimi mesi del 995, chiese a G. di rientrare a Roma. Il pontefice tornò dunque nella Città Eterna, dove fu accolto festosamente e condotto nel Palazzo Lateranense. Crescenzio II e i maggiorenti della città chiesero perdono al papa per le colpe commesse nei suoi confronti, ottenendo la grazia pontificia. Ottone III aveva comunque iniziato la sua spedizione italiana nella primavera del 996 per farsi incoronare a Roma, ma G. morì per un improvviso e violento attacco di febbri nel marzo del 996, prima che l'imperatore avesse raggiunto la città. Venne probabilmente sepolto in S. Pietro.
fonti e bibliografia
Archiepiscopi Hamburgensis, in Scriptores rerum Danicarum Medii Aevi, VI, a cura di J. Langebek, Hauniae 1786, p. 609.
Catalogus pontificum Hamburgensium, ibid., p. 613.
Annales Quedlinburgenses, Annales Augustani, Annales S. Vincentii Mettensis, in M.G.H., Scriptores, III, a cura di G.H. Pertz, 1839, pp. 73, 124, 157.
Leonis abbatis et legati ad Hugonem et Robertum reges epistola, ibid., pp. 686, 689 e in Gerbert d'Aurillac, Acta Concilii Remensis ad sanctum Basolum, a cura di A. Olleris, Paris 1867, pp. 237, 243.
Vita Adalberonis II. Mettensis episcopi auctore Constantino abbate, in M.G.H., Scriptores, IV, a cura di G.H. Pertz, 1841, pp. 661 s.
Annalista Saxo, a cura di G. Waitz, ibid., VI, a cura di G.H. Pertz, 1844, pp. 633 s., 641.
Auctarium Bellovacense, a cura di L.C. Bethmann, ibid., p. 461.
Herimanni Augiensis, Chronicon e Bernoldi, Chronicon, ibid., V, a cura di G.H. Pertz, 1844, pp. 117, 399, 423.
Chronicon breve Bremense, a cura di J.M. Lappenberg, ibid., VII, a cura di G.H. Pertz, 1846, p. 391.
Chronicon Hugonis monachi Virdunensis et Divionensis, abbatis Flaviniacensis, ibid., VIII, a cura di G.H. Pertz, 1848, p. 367.
Annales S. Rudberti Salisburgenses, ibid., IX, a cura di G.H. Pertz, 1851, p. 772.
Historia Francorum Senonensis, a cura di G. Waitz, ibid., p. 368.
Historia regum Francorum monasterii sancti Dionysii, a cura di G. Waitz, ibid., p. 403.
Vita Gebehardi episcopi Constantiensis, a cura di G. Wattenbach, ibid., X, a cura di G.H. Pertz, 1852, p. 587.
Vita sancti Abbonis auctore Aimoino monacho, in P.L., CXXXIX, col. 401.
Annales Palidenses, Annales Magdeburgenses, in M.G.H., Scriptores, XVI, a cura di G.H. Pertz, 1859, pp. 65, 159.
Annales Marchianenses, a cura di L.C. Bethmann, ibid., p. 613.
Annales S. Blasii, Annales S. Trudperti, ibid., XVII, a cura di G.H. Pertz, 1861, pp. 276, 289.
Magni presbyteri, Annales Reicherspergenses, Chronica collecta a magno presbytero, a cura di G. Wattenbach, ibid., pp. 444, 485.
Eulogium (historiarum, sive temporis), in Rerum Britannicarum Medii Aevi scriptores (Rolls Series), IX, 3, a cura di F.S. Haydon, London 1863, p. 25.
Annales Ceccanenses, a cura di L.C. Bethmann, in M.G.H., Scriptores, XIX, a cura di G.H. Pertz, 1866, p. 281.
Gerbert d'Aurillac, Acta concilii Remensis ad sanctum Basolum, 25-7, pp. 202-04.
Concilium Mosomense, ibid., pp. 245, 249.
Oratio episcoporum habita in concilio Causeo in praesentia Leonis abbatis legati papae Johannis, ibid., pp. 252, 255.
Casus monasterii Petrishusensis I, 25, a cura di O. Abel-L. Weiland, in M.G.H., Scriptores, XX, a cura di G.H. Pertz, 1869, p. 633.
Ricardi de Cirencestria, Speculum historiale de gestis regum Angliae [...], in Rerum Britannicarum Medii Aevi scriptores (Rolls Series), XXX, 2, a cura di J.E.B. Mayor, London 1869, p. 143.
Martini Oppaviensis, Chronicon pontificum et imperatorum, a cura di L. Weiland, in M.G.H., Scriptores, XXII, a cura di G.H. Pertz, 1872, pp. 431 s.
Matthaei Parisiensis monachi, Sancti Albani Chronica majora, in Rerum Britannicarum Medii Aevi scriptores (Rolls Series), LVII, 1, a cura di H.R. Luard, London 1872, p. 475.
Adventus archiepiscopi Sigerici ad Romam, ibid., LXIII, a cura di W. Stubbs, ivi 1874, p. 392.
Radulfi de Diceto decani Lundoniensis, Abbreviationes chronicorum, ibid., LXVIII, 1, a cura di W. Stubbs, ivi 1876, pp. 16, 157.
Id., Opuscula, ibid., LXVIII, 2, a cura di W. Stubbs, ivi 1876, p. 209.
Annales Hildesheimenses, in M.G.H., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, VIII, a cura di G. Waitz, 1878, p. 27.
Chronicon pontificum et imperatorum ex cod. Veneto, a cura di L.C. Bethmann, ibid., Scriptores, XXIV, 1879, p. 113.
Flores temporum auctore fratre ordinis Minorum, a cura di O. Holder-Egger, ibid., p. 245.
Chronica universalis Mettensis, a cura di H. Cardauns, ibid., p. 511.
Chronica regia Coloniensis [...], ibid., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, XVIII, a cura di G. Waitz, 1880, p. 31.
Gervasii, Actus pontificum Cantuariensis ecclesiae, in The Historical Works of Gervase of Canterbury, in Rerum Britannicarum Medii Aevi scriptores (Rolls Series), LXXIII, 2, a cura di W. Stubbs, London 1880, p. 357.
Catalogus episcoporum Augustensium et abbatum S. Afrae, in M.G.H., Scriptores, XIII, a cura di O. Holder-Egger, 1881, p. 280.
Willelmi Malmesbiriensis monachi, De gestis regum Anglorum libri quinque; historiae novellae libri tres, in Rerum Britannicarum Medii Aevi scriptores (Rolls Series), XC, 1, a cura di W. Stubbs, London 1887, pp. 191 s.
Passio S. Adalberti, in M.G.H., Scriptores, XV, 2, a cura di G. Waitz, 1888, p. 706.
Cronaca veneziana del diacono Giovanni, in Cronache veneziane antichissime, I, a cura di G. Monticolo, Roma 1890 (Fonti per la Storia d'Italia, 9), p. 152.
Flores historiarum, in Rerum Britannicarum Medii Aevi scriptores (Rolls Series), XCV, 1, a cura di H.R. Luard, London 1890, p. 521.
Annales Altahenses maiores, in M.G.H., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, IV, a cura di E. von Oefele, 1891², p. 15.
Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, p. 260.
Cronica minor Minoritae Erphordensis, in M.G.H., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, XLII, a cura di O. Holder-Egger, 1899, p. 623.
Il Chronicon Farfense di Gregorio di Catino, a cura di U. Balzani, Roma 1903 (Fonti per la Storia d'Italia, 34), p. 244.
Cronica pontificum et imperatorum S. Bartholomaei in Insula Romani, a cura di O. Holder-Egger, in M.G.H., Scriptores, XXXI, 1903, p. 214.
Johannis de Deo cronica, a cura di O. Holder-Egger, ibid., p. 320.
Cronica pontificum et imperatorum Basileensia, a cura di O. Holder-Egger, ibid., p. 289.
Die Kanonessammlung des Kardinals Deusdedit, a cura di V.W. von Glanvell, Paderborn 1905, p. 359.
Cronica dei custodi (a. 1100?), a cura di G. Grazzini, in R.I.S.², XXIV, 1, a cura di A. Bini-G. Grazzini, 1909-12, p. 75.
Determinatio compendiosa de iurisdictione imperii auctore anonymo ut videtur Tholomeo Lucensi [...], in M.G.H., Fontes iuris Germanici antiqui in usum scholarum, I, a cura di M. Krammer, 1909, p. 28.
Le Liber censuum de l'Église Romaine, a cura di P. Fabre-L. Duchesne, I, Paris 1910, p. 349.
Platynae historici, Liber de vita Christi ac omnium pontificum (1-1474), in R.I.S.², III, 1, a cura di G. Gaida, 1913-32, p. 174.
Magistri Adami Bremensis, Gesta Hammaburgensis ecclesiae pontificum, in M.G.H., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, II, a cura di B. Schmeidler, 1917³, p. 89.
Romualdi Salernitani, Chronicon (a.m. 130-a.C. 1178), in R.I.S.², VII, 1, a cura di C.A. Garufi, fasc. 2, 1919, pp. 170-72.
Annales Beneventani monasterii Sanctae Sophiae, a cura di O. Bertolini, "Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano", 42, 1923, p. 126.
Historia custodum Aretinorum, a cura di A. Hofmeister, in M.G.H., Scriptores, XXX, 2, 1934, p. 1472.
Thietmari Merseburgensis episcopi, Chronicon, ibid., Scriptores rerum Germanicarum. Nova Series, IX, a cura di R. Holtzmann, 1935, pp. 164 s., 202.
Annales Blandinienses, Annales Elmarenses, Annales Formoselenses, a cura di Ph. Grierson, Bruxelles 1937, pp. 22, 87, 126.
Richero (Richer), Histoire de France (888-995), a cura di R. Latouche, II, Paris 1937, pp. 192, 264, 288, 290, 302, 304, 312, 314, 324, 328.
Andreae Danduli, Chronica per extensum descripta a. 46-1280 d.C., in R.I.S.², XII, 1, a cura di E. Pastorello, fasc. 2, 1938, p. 187.
S. Adalberti Pragensis episcopi et martyris Vita prior, in Monumenta Poloniae historica, Nova Series, IV, 1, a cura di J. Karwasi´nska, Warszawa 1962, pp. 19, 24, 26 s., 32.
Patriarschaja ili Nikonovskaja Letopis', a cura della Akademija Nauk SSSR, Institut Istorii, Moskva 1965, pp. 57, 64.
Die Briefsammlung Gerberts von Reims, in M.G.H., Die Briefe der deutschen Kaiserzeit, II, a cura di F. Weigle, 1966, nrr. 107, 113, 160, 188, 197, pp. 136 s., 141, 189, 225 s., 239.
J.F. Böhmer, Regesta Imperii, II, 5, Papstregesten 911-1024, a cura di H. Zimmermann, Wien-Köln-Graz 1969, nrr. 641-740, pp. 256-96.
Brun di Querfurt, S. Adalberti Pragensis episcopi et martyris Vita altera, in Monumenta Poloniae historica, Nova Series, IV, 2, a cura di J. Karwasińska, Warszawa 1969, p. 18.
Papsturkunden 896-1046, a cura di H. Zimmermann, I-II, Wien 1988²: I, nrr. 285-325, pp. 555-634; II, nr. 346, p. 674.
Rodulfi Glabri, Historiarum libri quinque, a cura di J. France, Oxford 1989, p. 76.
Gerbert d'Aurillac, Correspondance, a cura di P. Riché-J.P. Callu, I-II, Paris 1993, nrr. 107, 113, 160, 188, pp. 260, 274, 398, 486, 488.
R.U. Montini, Le tombe dei papi, Roma 1957, nr. 138, pp. 162 s.
A. Gieysztor, Sanctus et gloriosissimus martyr Christi Adalbertus: un État et une Église missionnaires aux alentours de l'an Mille, in La conversione al cristianesimo nell'Europa dell'alto medioevo, Spoleto 1967, pp. 615, 620-25.
C. Warnke, Ursachen und Voraussetzungen der Schenkung Polens an den Heiligen Petrus, in Europa Slavica-Europa Orientalis. Festschrift für Herbert Ludat zum 70. Geburtstag, a cura di K.-D. Grothusen-K. Zernack, Berlin 1980, pp. 127-77.
H. Wolter, Die Synoden im Reichsgebiet und in Reichsitalien von 916 bis 1056, Paderborn-München-Wien-Zürich 1988, pp. 131-44.
V. Hrochová, Der hl. Adalbert und Theophano. Ihr Beitrag zur Christianisierung der Slawen, in Byzanz und das Abendland im 10. und 11. Jahrhundert, a cura di E. Konstantinou, Köln-Weimar-Wien 1997, pp. 182-96.
C. Romeo, Crescenzio Nomentano, in D.B.I., XXX, pp. 661-62; Dizionario storico del Papato, a cura di Ph. Levillain, I, Milano 1996, s.v., p. 649.