VITELLESCHI, Giovanni
– Nacque a Corneto (oggi Tarquinia) intorno al 1395. Le sue origini sono oscure: secondo Poggio Bracciolini appartenne alla famiglia Vitelleschi solo per parte di madre, della quale non si ha ulteriore notizia; per Pietro Nobili Vitelleschi, invece, il padre si chiamava Bartolomeo (Law, 1998, p. 41).
Alcuni Vitelleschi sono attestati nelle magistrature cornetane già dal Duecento. Va quindi esclusa la tradizione quattrocentesca – riportata esclusivamente da coeve fonti letterarie umbre e forse creata ad arte per giustificare le azioni militari di Giovanni contro i Trinci – secondo cui la famiglia era originaria di Foligno e si impiantò a Corneto per sfuggire alla persecuzione dei signori di Foligno, alla metà del XIV secolo (Canonici, 2011, pp. 324 s.).
Nulla è noto della sua giovinezza. Studiò legge, ottenendo il titolo di decretum doctor entro il febbraio 1418 (Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Reg. Vat., 352, cc. 42v-43r), quando era già a servizio, in qualità di segretario, del condottiero Angelo Broglio (detto Tartaglia da Lavello), signore de facto di Toscanella (ora Tuscania) e governatore del Patrimonio dal 1416 per il papa di Avignone Giovanni XXIII. Come agente di Tartaglia, nel 1417 Vitelleschi fu inviato a negoziare con l’antipapa Benedetto XIII; tuttavia l’anno successivo ottenne un passaporto da Martino V, proprio quando il condottiero scendeva a patti con il nuovo papa di Roma. Broglio, infatti, riportò nel 1420 all’obbedienza romana Corneto – anche grazie al supporto della famiglia Vitelleschi – e altre località della Tuscia.
Entrato quindi a servizio della Curia papale, Vitelleschi fu presto nominato protonotario apostolico (27 giugno 1420, Reg. Vat., 347, c. 69r) e capitano della fortezza di Bologna (25 ottobre 1420, Reg. Vat., 349, cc. 294rv). Coeva è l’attribuzione del rettorato di S. Nicola a Corneto; non fu scalfito dal processo per tradimento condotto contro Tartaglia, il quale fu giustiziato nell’ottobre 1421.
Durante il pontificato di Martino V, Vitelleschi condusse con abilità trattative tra il papa e la Repubblica fiorentina; le sue doti furono notate dagli ambasciatori toscani. Grazie al suo operato, il governo cittadino ridusse la tassazione sul clero e rimosse le clausole anticlericali dagli statuti.
Nel 1431, con l’elezione a papa di Eugenio IV (Gabriele Condulmer), l’importanza di Vitelleschi alla corte papale si fece maggiore. Il 16 aprile, appena un mese dopo l’incoronazione del pontefice, fu eletto vescovo di Recanati e Macerata, nonché legato della Marca di Ancona; l’8 maggio, invece, fu nominato commissario generale dell’esercito della Chiesa (Codex Diplomaticus Dominii Temporalis Sanctae Sedis, a cura di A. Theiner, 1862, p. 301): il suo obiettivo fu quello (sempre attuale) di ristabilire la sovranità pontificia sulle terre controllate dai signori locali.
Nelle Marche riuscì a sottrarre alcuni territori ai Malatesta di Pesaro e il 6 settembre 1433 catturò e fece giustiziare Piergentile da Varano, signore di Camerino. Sempre nell’autunno di quell’anno convocò a Recanati i signori di quell’area, denunciando la loro tirannia; tuttavia costoro respinsero l’autorità della Chiesa e, con l’aiuto militare di Francesco Sforza, costrinsero Vitelleschi a fuggire.
Cruciale fu il suo ruolo in occasione della rocambolesca fuga di Eugenio IV da Roma del 29 maggio 1434, quando i Colonna instaurarono una repubblica. Vitelleschi, infatti, assistette il papa in quei drammatici momenti e gli assicurò la sistemazione a Firenze, forte anche delle trattative, iniziate nel 1433, con Rinaldo degli Albizzi per trasferire temporaneamente la Curia papale sull’Arno.
I buoni rapporti con Firenze e i suoi governanti (Cosimo de’ Medici lo definiva ‘intimo amico’) gli garantirono la cittadinanza fiorentina (31 dicembre 1434) e la possibilità di investire nel Monte Comune; la successiva promozione al suo arcivescovado fu frutto anche dell’interessamento dei Medici. Pure Siena, il 30 aprile 1439, iscrisse Vitelleschi e la sua famiglia tra i cittadini.
Si rese quindi protagonista, tra il 1434 e il 1436, del recupero della sovranità pontificia sull’Urbe e sul Lazio, mettendo in risalto agli occhi del pontefice indubbie capacità militari e politiche. Già nell’ottobre 1434 aveva represso le insurrezioni a Roma, punendo severamente i facinorosi; quindi promosse una campagna contro Giacomo dei Prefetti di Vico, che controllava la Tuscia, facendo capitolare il 31 agosto 1435 la fortezza di Vetralla, ove risiedeva, e giustiziando il ‘barone’ il 28 settembre. A prestigio e successo fecero seguito cospicui benefici e incarichi: il 21 febbraio 1435 fu promosso patriarca titolare di Alessandria, e gli fu conferita la legazia nel Regno di Napoli a seguito della morte della regina Giovanna II d’Angiò (2 febbraio 1435); il 12 ottobre seguente fu trasferito da Recanati al più prestigioso arcivescovado di Firenze, che resse solo nominalmente.
Vitelleschi comunque operò ancora nel Lazio tra marzo e aprile 1436, sconfiggendo i Savelli e occupando i loro territori a sud di Roma. Il 3 giugno 1436 espugnò i possedimenti colonnesi ed eliminò i baroni capifazione. Il 18 agosto conquistò Zagarolo e Palestrina, che fu poi rasa al suolo nell’aprile 1437. In questo contesto favorì esponenti della famiglia Orsini nell’assunzione di cariche pubbliche nell’Urbe. Ristabilito così l’ordine su Roma e circondario, Vitelleschi entrò trionfalmente in città il 29 agosto 1436 e fu acclamato come pater patriae.
Fu un vero e proprio trionfo che richiamava gli ingressi solenni del papa e dell’imperatore a Roma, additato tuttavia come eccessivo dai contemporanei: una processione composta dagli ufficiali dell’Urbe, dai caporioni – che tenevano le briglie del cavallo del padre della patria – e dal popolo accompagnò Vitelleschi, posto sotto un baldacchino d’oro, dall’arco di S. Vito fino a S. Lorenzo in Damaso, attraversando così tutta la città (Modigliani, 2017, p. 14).
In onore del patriarca, il Comune romano nella seduta del 12 settembre 1436 decise di erigere una statua equestre in Campidoglio (mai realizzata); inoltre, per celebrare la sconfitta dei Vico ogni anno sarebbe stato portato un calice d’argento. Tutti i cittadini cornetani furono proclamati cittadini romani.
Il legame di Vitelleschi con la terra natia fu sempre forte e la volontà di elevarne lo status fu al centro dei suoi interessi. Quando era a servizio di Martino V liberò Corneto dall’obbligo annuale di inviare rappresentanti ai giochi di Carnevale a Testaccio (simbolo della sottomissione a Roma, 1424); nel 1434 il Comune fu autorizzato a scegliere il proprio cancelliere dai ranghi dei notai locali. Il 5 dicembre 1435 Corneto fu eretta in diocesi (unita a Montefiascone); nel 1436 Vitelleschi concesse alla comunità un palazzo, a sua volta donato al patriarca da Ranuccio Farnese, affinché il Comune vi erigesse una resecata (ossia il passaggio obbligato tra due alte mura e due torri di difesa), le cui spese furono poi abbattute con l’esenzione del pagamento di tasse (1439). Inoltre, il 2 maggio 1436 Vitelleschi istituì a Corneto una fiera annuale; il 12 marzo 1437 iniziò una revisione delle finanze comunali; nel 1438 cedette al Comune la tenuta di Ancarano, sottratta ai Vico; il 18 giugno 1439 scelse dodici boni homines incaricati di predisporre varie riforme amministrative.
I successi del 1436 non cessarono di produrre effetti positivi per la carriera di Vitelleschi: il 9 agosto 1437 fu elevato a cardinale, del titolo di S. Lorenzo in Lucina, e gli fu assegnata in commenda la diocesi dalmata di Traù.
Partecipò quindi alle campagne militari degli angioini contro Alfonso V d’Aragona tra il 1437 e il 1438: nonostante i primi successi le milizie aragonesi ebbero la meglio, tantoché Vitelleschi dovette fuggire nel febbraio 1438 e riparare, via Venezia, a Ferrara (ove si trovava il papa). Il 24 marzo 1438 fu nominato vicario generale in temporalibus e vicario de latere nel Patrimonio, nella Campagna, Marittima, Sabina e terra degli Arnolfi (Reg. Vat., 374, cc. 257v-266v), così da controllare quasi tutto lo Stato della Chiesa. In tal veste continuò la missione di ristabilimento della sovranità papale nei suoi riottosi territori.
Tra il 1438 e il 1439 espugnò altri possedimenti colonnesi, nonostante la strenua resistenza di quella consorteria. Dal luglio del 1438 Vitelleschi iniziò una campagna contro Corrado III Trinci, signore di Foligno: anche se subì una prima sconfitta nell’agosto del 1438 (grazie all’arrivo di Francesco Piccinino in soccorso ai folignati), il cardinale ebbe la meglio nel corso dell’anno successivo, e nonostante la mediazione dei Medici, che auspicavano una soluzione meno radicale, riuscì a rovesciare la signoria dei Trinci e a catturare Corrado il 9 settembre 1439. Nel gennaio del 1440 ottenne la rocca di Spoleto, occupata da Pirro Tomacelli, abate di Montecassino.
La sua fortuna, tuttavia, si sgretolò repentinamente: il 19 marzo 1440, mentre era in procinto di lasciare Roma per celebrare la Pasqua a Corneto, Vitelleschi fu arrestato fuori Castel S. Angelo dal castellano Antonio da Rido.
Le circostanze e le motivazioni della sua cattura appaiono fumose, mancando una qualsivoglia attestazione sui mandanti; però è chiaro che Vitelleschi a Firenze ormai non era più reputato ‘intimo amico’: autorità, ricchezza, influenza negli stati pontifici allarmarono il regime dei Medici (che temevano un accordo del cardinale con Piccinino) e provocarono ostilità, gelosia nella curia (ancora residente sull’Arno), i cui esponenti – e forse anche Eugenio IV stesso – erano impauriti dal crescente potere del cardinale.
Morì dopo quattordici giorni di prigionia, il 2 aprile 1440, presumibilmente per le ferite subite durante la cattura (sebbene i contemporanei abbiano sospettato un avvelenamento). Il suo patrimonio fu incamerato nei beni della Chiesa. Fu sepolto dapprima in S. Maria sopra Minerva, quindi nel 1452 il suo corpo fu traslato nella cattedrale di Corneto dal nipote Bartolomeo, allora vescovo di quella diocesi e che fu suo braccio destro tanto nel governo temporale quanto in quello spirituale.
Commentatori e diaristi contemporanei e posteriori alimentarono la negativa reputazione postuma di Vitelleschi (Lombardi, in I Vitelleschi, 1998; Modigliani, 2017), visto come homo diabolico e monstro più che prelato e condottiero forte, determinato e abile, pater patriae e tertius Romolus. È descritto sovente come uomo di Chiesa ‘rinascimentale’, e in effetti non trascurò le committenze architettoniche, per la costruzione del suo palazzo-fortezza al centro della città di Corneto, e artistiche (convocò i principali artisti del tempo, tra cui Filippo Lippi). Né mancò di promuovere gli interessi della propria famiglia e dei suoi concittadini, collocati in vari e diversi uffici dello Stato della Chiesa e nelle signorie perseguendo una ‘tradizione’ tutta medievale e che muterà in altra forma con il grande nepotismo del XV secolo.
Vitelleschi, principe della Chiesa, mecenate e guerriero che trascorse tutta la sua carriera nel tentativo di ristabilire l’autorità papale su Roma e negli Stati pontifici, va considerato quindi più quale pioniere del cardinalato rinascimentale che come uomo dell’età della Rinascenza (Law, in I Vitelleschi, 1998, pp. 86 s).
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Reg. Vat., 347, c. 69r; 349, cc. 294rv; 352, cc. 42v-43r; 374, cc. 257v-266v; Codex Diplomaticus Dominii Temporalis Sanctae Sedis, a cura di A. Theiner, III, Romae 1862, pp. 301, 304 s., 310 s; Cronache e statuti della città di Viterbo, a cura di I. Ciampi, Viterbo 1872, ad ind.; S. Infessura, Diario della città di Roma, a cura di O. Tommasini, Roma 1890, ad ind.; P. dello Mastro, Il memoriale, in RIS, XXIV, 2, Città di Castello 1910-1912, pp. 81-100 e ad ind.; P. di Lello Petrone, La Mesticanza, a cura di F. Isoldi, ibid., pp. 1-63, ad ind.; La «Margarita Cornetana». Regesto dei docimenti, a cura di P. Supino, Roma 1969, ad ind.; P. Bracciolini, De Varietate Fortunae, a cura di O. Merisalo, Helsinki 1993, p. 145; L. Valla, La falsa donazione di Costantino, a cura di O. Pugliese, Milano 1994, pp. 225 s.; M. Polidori, Discorsi, annali e privilegi di Corneto, a cura di G. Insolera, Tarquinia 2007, ad indicem.
C. Eubel, Hierachia Catholica Medii Aevi, II, Monasterii 1914, pp. 7, 85, 154, 220, 253; P. Nobili Vitelleschi, Storia del cardinale G. V., a cura di G. Santiloni, in Bollettino della Società tarquiniense di arte e storia, XIV (1985), pp. 101-138; R. Schumacher-Wolfgarten, Kardinal G. V. Zur römischen Bildnistradition im 15. Jahrhundert, in Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte, LXXXII (1987), pp. 183-205; L. Valesio, Memorie istoriche della città di Corneto, a cura di M. Corteselli - A. Pardi, Tarquinia 1993, pp. 67-92; F.M. Vaglienti, V., G., in Lexikon des Mittelalters, VIII, München-Zürich 1997, coll. 1768 s.; J.E. Law, G. V. ‘prelato guerriero’, in Renaissance studies, XII (1998), 1, pp. 40-66; I Vitelleschi. Fonti, realtà e mito. Atti dell’Incontro di studio... 1996, a cura di G. Mencarelli, Tarquinia 1998 (in partic. M. Miglio, Un problema storiografico, pp. 11-20; G. Lombardi, G. V. nei giudizi di alcuni contemporanei, pp. 23-36; C. Canonici, I Vitelleschi nel panorama politico-amministrativo della Corneto quattrocentesca, pp. 37-53; J.E. Law, Profile of a Renaissance cardinal, pp. 69-87); D.S. Chambers, Popes, cardinals and war, London-New York 2006, ad ind.; C. Canonici, I Vitelleschi di Corneto, in Famiglie nella Tuscia tardomedievale. Per una storia, a cura di A. Pontecorvi - A. Zuppante, Orte 2011, pp. 323-334; A. Modigliani, Il cardinale G. V. da Corneto: un profilo biografico, in Altro Rinascimento. Il giovane Filippo Lippi e la Madonna di Tarquinia, a cura di E. Parlato, Milano 2017, pp. 11-18.