TAMASSIA, Giovanni Vincenzo
– Nacque a Mantova il 29 marzo 1776 da Domenico e da Lucrezia Vedoni.
Di famiglia non nobile ma abbastanza agiata per mantenerlo agli studi, conseguì la laurea in legge nel 1796 presso l’Università di Pavia. Tra le file di quei giovani provenienti dal mondo delle professioni giuridiche che faticavano a trovare sbocchi di rilievo in una società dominata dai privilegi, con l’arrivo delle armate francesi in Italia aderì subito alla causa rivoluzionaria, divenendo uno dei maggiori esponenti del patriottismo mantovano. Membro di primo piano dell’Accademia di pubblica istruzione di Mantova, attivo collaboratore del Giornale degli amici della libertà italiana e fondatore nel dicembre del 1797, insieme all’amico Ferdinando Arrivabene, del Circolo costituzionale cittadino, sostenne con forza l’annessione di Mantova alla Repubblica Cisalpina (Il cittadino Tamassia all’Accademia di Pubblica Istruzione di Mantova, in Giornale degli amici della libertà italiana, 13 maggio 1797; Ai Lombardi, ibid., 16 maggio 1797; Della libertà naturale e politica, ibid., 27 maggio 1797). In questa prima fase di impegno politico, alla quale appartengono anche i due opuscoli Pensieri e Seguito dei pensieri (Mantova 1797), marcati da un approccio empirico-sensista di matrice lockiana, espresse una cultura politica saldamente articolata sui principi stabiliti dalla costituzione francese dell’anno III.
Nel gennaio del 1798 divenne capo della guardia nazionale di Mantova. In seguito al colpo di Stato in funzione antimoderata del generale Guillaume-Marie-Anne Brune, nell’ottobre del 1798 fu nominato membro del Consiglio dei juniori. Nei due mesi scarsi durante i quali mantenne la carica intervenne su temi cruciali quali il divorzio, la riforma militare e la regolamentazione dei beni comuni, allineandosi sulle posizioni dell’ala più avanzata del movimento patriottico democratico.
La svolta conservatrice della politica francese, con la nomina di Claude-Joseph Trouvé quale nuovo ambasciatore in Italia, determinò nel novembre del 1798 l’allontanamento di Tamassia dal Consiglio dei juniori. In seguito alla caduta della prima Cisalpina esulò a Marsiglia; rientrato a Milano dopo la vittoria di Marengo, si candidò per la cattedra di economia pubblica presso l’Università di Pavia. Proprio per rafforzare la sua candidatura, alla quale fu tuttavia preferita quella di Adeodato Ressi, scrisse Dello spirito di riforma considerato relativamente al progetto di una legge agraria (1799-1800), un opuscolo fortemente influenzato dai Principles of political economy di James Steuart, che contribuì in modo decisivo alla prima circolazione in Italia delle idee dell’autore scozzese.
Da Steuart, riconosciuto come modello della riflessione economica, Tamassia riprese soprattutto l’adesione alla moderna società commerciale, imperniata sul progresso del commercio e delle manifatture, sull’interdipendenza dei settori produttivi e sulla prosperità crescente.
Nel gennaio del 1801 fu designato commissario straordinario del dipartimento del Mincio, nel quadro delle nuove strutture politiche della seconda Cisalpina. Nel novembre dello stesso anno fu eletto rappresentante di Mantova per la Consulta di Lione e nel gennaio del 1802 fu nominato membro del Collegio dei dotti e del Corpo legislativo dell’appena istituita Repubblica Italiana. La diffidenza nei suoi riguardi del vicepresidente Francesco Melzi d’Eril, per il legame con l’ala democratica del Corpo legislativo e probabilmente ancora di più per l’amicizia con personaggi apertamente dissidenti come Ugo Foscolo, gli impedirono di ottenere incarichi di governo, ai quali non smise tuttavia mai di ambire, anche per la necessità di mantenere una famiglia numerosa (con la moglie Marianna Catena ebbe undici figli). In questa fase si concentrò sullo studio dell’economia, al quale si era avviato durante i mesi di esilio a Marsiglia e che pose così definitivamente al centro dei suoi interessi. Già alla fine del 1802 pubblicò due scritti economici, rispettivamente a Milano e a Brescia: Delle scienze e della libertà relativamente al commercio e Lezione di economia politica.
Nei due opuscoli la convinzione che il sapere economico costituisse uno strumento di emancipazione politica, nel solco di David Hume e poi di Steuart, si legò al rafforzarsi di un orientamento liberista, alimentato anche dalla lettura di Adam Smith, inteso come libertà di iniziativa individuale e limitazione del ruolo dello Stato nell’economia.
Con il passaggio al Regno d’Italia Tamassia poté riprendere la carriera amministrativa. La nomina nel luglio 1805 a viceprefetto di Lecco segnò il definitivo assorbimento nelle strutture di governo napoleoniche e allo stesso tempo un nuovo impegno nella riflessione economico-statistica, che si concretizzò nella pubblicazione del Quadro economico dei cantoni di Taceno e Lecco (Milano 1806) e del Quadro economico dei cantoni di Asso e Bellano (Como 1807).
La riaffermazione dell’adesione ai principi liberisti si legò a una nuova attenzione per le specificità delle situazioni locali, che lo portò a proporre alcune limitate misure di natura protezionistica a sostegno dell’industria nazionale. Si trattava del riflesso dell’emergere di un abbozzo di posizione industrialista, sulla quale influì la lettura di Jean-Baptiste Say, assunto a nuovo modello dell’analisi economica nell’opuscolo Economia nazionale di Giammaria Ortes paragonata colle teorie economiche di Adamo Smith (Como 1813). Con Say, e più in generale con la corrente liberista francese postdirettoriale, Tamassia condivise lo sforzo di fare perno sul nesso tra libertà economica e libertà politica, che costituì il fil rouge della sua riflessione e che, nel quadro dello stringente autoritarismo napoleonico, rispose al tentativo di agire politicamente attraverso il discorso economico.
L’approfondimento della riflessione statistica, in seguito alla nomina a segretario generale del ministero dell’Interno, nell’agosto del 1807, lo portò allo scontro con Melchiorre Gioia, direttore dell’Ufficio generale di statistica.
Nel trattato Del fine delle statistiche (Milano 1808), Tamassia prese posizione contro la concezione della scienza statistica di Gioia, che assorbiva tutti gli aspetti della vita sociale, compresa l’economia, nella scienza dell’amministrazione. La risposta polemica di Gioia, con la pubblicazione dell’Indole, estensione, vantaggi della statistica (Milano 1809), che costò al vicentino la revoca della cittadinanza nell’agosto del 1809, spinse Tamassia a dare alle stampe l’Esame della confutazione del fine delle statistiche (Milano 1809). Ai confini ampi della statistica di Gioia, Tamassia oppose una statistica che trovava limiti precisi nell’iniziativa individuale, nel solco di un approccio di derivazione smithiana, che assumeva il significato più ampio di rivendicazione dell’allargamento della sfera delle libertà.
La promozione alla carica di prefetto, prima del dipartimento del Mincio, nel 1809, e poi del Lario, nel 1810, rappresentò l’ambito coronamento della carriera politico-amministrativa. Durante la lunga attività come prefetto si dedicò con energia alla riorganizzazione dipartimentale, procedendo con decisione nell’esecuzione delle politiche del governo, anche limitando le autonomie locali. La sua fiducia sincera negli effetti positivi sulla società della monarchia amministrativa e così anche nella capacità di Napoleone di difendere la penisola dalle minacce controrivoluzionarie non implicarono affatto un adeguamento obbediente a un sistema politico-istituzionale calato dall’alto.
Il lungo rapporto manoscritto inviato da Tamassia al ministro dell’Interno in seguito alla visita dipartimentale del 1811 (Archivio di Stato di Milano, Atti di governo, Uffici e tribunali regi, p. m., 22) evidenzia la figura di un intellettuale-funzionario animato ancora da una forte passione politica, che si esplicitava nella proposta di concreti provvedimenti tesi alla riforma della società, a partire da quelli in materia economica.
La caduta del Regno d’Italia pose bruscamente fine al suo impegno politico attivo. Malgrado l’adesione formale al nuovo regime, nel 1816 fu allontanato dalle istituzioni di governo. La successiva apertura delle autorità austriache verso gli ex prefetti napoleonici gli permise di riprendere l’attività amministrativa (dal 1820 al 1832 con la carica di vicedelegato provinciale e poi dal 1832 di delegato provinciale). Abbandonata la riflessione economica, si dedicò allo studio della storia antica, pubblicando in poco più di dieci anni una mole di scritti. La nuova attenzione verso la storia, che rifletteva idealmente lo spostamento dello sguardo dal presente, ovvero dalla politica attiva, al passato, si legò a un’attività di traduzione in italiano di scritti in lingua francese e inglese, che nel complesso lo portò a estraniarsi sempre più dalle vicende politiche contingenti, anche per celare il più possibile la sua avversione verso le nuove istituzioni di governo austriache.
Morì il 22 agosto 1839 a Lodi, dove risiedeva come imperial regio delegato.
Opere. Oltre ai testi citati si segnalano: Carme libero del cittadino Giovanni Tamassia, in Prose e versi pel giorno natalizio di Virgilio, Mantova 1797; [Giuramento dello stato maggiore della Guardia Nazionale], Mantova, 4 piovoso, anno VI, in Giornale degli amici della libertà italiana, 25 gennaio 1798; Della semplicità de’ costumi ne’ suoi rapporti collo stato delle società moderne, in Giornale della società di incoraggiamento delle scienze e delle arti, I (1808), 3, pp. 310-318; Degli Studj, Como 1814; Di alcune cognizioni oggidì necessarie al cittadino, Como 1816; Primi insegnamenti di geografia fisica, di storia naturale e di chimica, Como 1819; Elementi di filosofia naturale o Primi insegnamenti di fisica, geometria, meccanica, geografia, fisica, storia naturale e chimica, Bergamo 1821; Storia compendiosa elementare dei principali popoli dell’antichità, Bergamo 1821; Saggio fisiologico sulla facoltà di sentire dell’uomo per servire d’introduzione alla scienza ideologica, Bergamo 1823; Quadro dei principali popoli antichi corredato di una carta geografica del mondo antico d’Anville, Bergamo 1824; Storia del regno dei Goti e dei Longobardi in Italia, I-III, Bergamo, 1825-1826; Dell’Italia antica e dei romani fino alla caduta dell’Impero d’occidente, Cremona 1827; Dell’antico Egitto e degli imperi assiro e medo-persiano, Cremona 1828; Ragionamento sulle statistiche ed altri opuscoli di economia politica aggiuntovi il volgarizzamento di avere sempre denaro nella borsa, e del trovato economico di Franklin, Cremona 1832; Corso compendioso di storia antica, I-III, Lodi 1835; Prose scelte dalle opere sue, Lodi 1836; Reminiscenze, o brano della sua vita tuttora inedita scritta da lui medesimo, Lodi 1838.
Traduzioni: Lettere sugli scritti e sul carattere di G.G. Rousseau della baronessa di Staël-Holstein tradotte dal francese con un discorso del traduttore sullo stesso argomento, Mendrisio 1817; Pensieri della baronessa di Staël scelti dalle sue opere, Bergamo 1824; Considerazioni intorno allo studio delle antiche storie ed al grado di certezza delle prove su cui sono fondate [di Nicolas Fréret], Bergamo 1827; La via della fortuna, del dottor Beniamino Franklin, Bergamo 1830; Vita di Beniamino Franklin scritta da lui medesimo, Bergamo 1830; Quadro delle rivoluzioni dell’Europa del sig. Koch, Milano, 1831; Specchio della storia moderna europea in continuazione del quadro delle Rivoluzioni dell’Europa del signor Koch, Milano 1833.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Atti di governo, Studi, p. m., 246, 1182; Atti di governo, Uffici e tribunali regi, p. m., 5, 22, 25, 650; Autografi, 157; Archivio di Stato di Mantova, Amministrazione di Stato, Amministrazione Centrale del Dipartimento del Mincio e Commissione amministrativa, 16, 21, 24, 26, 60; Mantova, Archivio storico dell’Accademia virgiliana di scienze, lettere e arti, Lettere di accademici illustri, 12; Assemblee della Repubblica cisalpina, IX, a cura di A. Alberti - R. Cessi - L. Marcucci, Bologna 1940, pp. 181-194, 295-304, 442-445.
Dizionario del Risorgimento nazionale. Dalle origini a Roma capitale. Fatti e persone, diretto da M. Rosi, IV, Le persone R-Z, Milano 1937, s.v.; G. Finzi, Il giornale degli amici della libertà italiana e l’opinione pubblica a Mantova alla fine del ’700, in Bollettino storico mantovano, I (1956), 3, pp. 162-201; L. Antonielli, I prefetti dell’Italia napoleonica. Repubblica e Regno d’Italia, Bologna 1983, ad ind.; M. Meriggi, Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto, 1814-1848, Bologna 1983, ad ind.; S. Nutini, Cuoco contro Gioia. Una sconosciuta polemica nell’Italia napoleonica, in Il Risorgimento, XXXV (1983), 1, pp. 46-66; G. Scuderi, Note su G. T., in Civiltà mantovana, n.s., XIX (1984), 5, pp. 109-112; F. Sofia, La statistica come scienza politica e dell’amministrazione, Milano 1985, ad ind.; C. Zaghi, Il Direttorio francese e la Repubblica cisalpina, II, Battaglie costituzionali e colpi di stato, Roma 1992, ad ind.; C. Carnino, G. T. «patriota energico». Dal Triennio rivoluzionario alla caduta di Napoleone (1796-1814), Milano 2017.