VILLIFRANCHI, Giovanni
Poeta; della sua vita si hanno scarse notizie. Nacque a Volterra nella seconda metà del sec. XVI, prese gli ordini sacri, e fu segretario di Virginio Orsini duca di Bracciano. Morì nel 1614 su una galera veleggiante verso Napoli.
Come scrittore ebbe per il teatro una predilezione attestata da una favola pastorale, Astrea (Venezia 1594), che è pedissequa imitazione dell'Aminta del Tasso e del Pastor Fido del Guarini, e da una favola piscatoria, Amaranta (Venezia 1610), che, sebbene derivi dal Pastor fido, e dalla Filli di Sciro del Bonarelli, piacque ed ebbe tre edizioni. Al Tasso risale anche la tragedia Altamoro, evidente filiazione del Torrismondo. Al teatro profano diede inoltre quattro "favole sceniche" (La cortesia di Leone e di Ruggiero, Gli amori di Armida, La fuga d'Erminia, Ia Sofronia), goffe riduzioni dialogiche degli episodî ariosteschi e tasseschi. Non trascurò il teatro sacro (Tragedia del martirio dei Santi Carissimo, Dolcissimo e Crescenzio, Firenze 1612), e la commedia (La-fida Turca, ivi 1614), e pubblicò anche i due primi canti di un poema Il Colombo (ivi 1602). Ma tutte queste composizioni, che gli procurarono allora buon nome di poeta, si ricordano oggi solo come documento del gusto dei suoi tempi, e riprova della fortuna dei grandi modelli cinquecenteschi.
Bibl.: C. Steiner, C. Colombo nella poesia epica ital., Voghera 1891, pp. 65-67; R. S. Maffei, G. V., Catania 1893.