Romano (m. 882), per vent'anni arcidiacono della Chiesa di Roma, successe, vecchio ma ancora energico, ad Adriano II (872). La sua attività politica fu soprattutto subordinata al problema dell'eliminazione del pericolo arabo-islamico. Patrocinò, alla morte di Ludovico II (875), la successione di Carlo il Calvo, scomunicando Formoso, vescovo di Porto, capo del partito favorevole a Carlomanno. Ma non riuscì a concretare con il nuovo imperatore una grande lega antislamica; anzi le città campane, per salvaguardare i loro interessi, si collegarono con i Saraceni. Riuscì, con instancabile energia, a ricondurre, nel convegno di Traetto (877), gli alleati dei Saraceni in una lega antimusulmana. Ma l'improvvisa morte di Carlo il Calvo (877) permise a Lamberto di Spoleto di assalire Roma, sì da contenere la rinnovata potenza papale. G. fuggì allora in Francia; ritornò per incoronare l'ultimo imperatore carolingio, Carlo il Grosso, e riprendere la lotta contro gli Arabi, insediatisi ormai anche sul Garigliano. La speranza di un aiuto da parte di Bisanzio si rese vana mentre si avviò a soluzione la questione di Fozio, che, dopo la morte del patriarca Ignazio, era nuovamente salito sul trono patriarcale, ottenendo, di fatto, il consenso del papa che aderì alla sua reintegrazione. Morì, si disse, assassinato. Importantissimo il suo Registrum epistolarum.