FILOCALO, Giovanni Tommaso
Nato a Troia (Foggia) intorno al 1497, dalla patria d'origine prese l'appellativo di Troiano, coi quale lo troviamo spesso indicato. Trasferitosi a Napoli in giovane età, vi compì - probabilmente fra il 1510 e il 1515 - gli studi umanistici. Nella città partenopea, di cui ottenne la cittadinanza prima del 1537, il F. iniziò la sua attività di insegnante privato, mettendosi al servizio della prestigiosa famiglia d'Avalos. Dal 1524 il F. (che par essere il vero cognome dello scrittore e non "nome umanistico" come sostenuto da B. Croce, p. 367) cominciò ad insegnare umanità nello Studio di Napoli, uno dei principali luoghi di produzione culturale della città, che insieme con l'Accademia Pontaniana contribuì alla diffusione della letteratura umanistica. Il F. insegnò nello Studio fino al 1541 (anno in cui la cattedra venne soppressa dal viceré di Toledo), a parte qualche anno di interruzione, come mostrano i registri di pagamento dello stesso Studio. Di questa sua attività di insegnante non rimane alcuna testimonianza scritta, se non nel ricordo del Chioccarelli, che affermava di aver visto uno zibaldone di estratti da autori greci e latini di mano del Filocalo. Un'altra traccia che rivela il successo di questa sua attività è riscontrabile in alcune lettere di contemporanei.
La prima testimonianza a noi giunta dell'attività letteraria del F. sono i versi in lode del cardinale G. Seripando posti a conclusione degli Opuscola di Egidio Romano, ripubblicati a Napoli nel 1525. Essi rivelano la precoce consuetudine del F. con l'ambiente colto partenopeo e allo stesso tempo quell'attitudine encomiastica e celebrativa che caratterizzerà tutta la sua produzione. E infatti l'opera successiva è la Canzone del Philocolo recitata in Napoli, composta in onore del marchese A. d'Avalos e recitata in sua presenza nel 1531, della quale non possediamo esemplari, ma che troviamo citata dal Minieri Riccio, il quale la dà per pubblicata nel 1530 a Roma e nel '31a Napoli. Il legame strettissimo con la famiglia d'Avalos ben risalta anche da un componimento di poco posteriore, il Genethliacum carmen, composto in occasione della maternità di Maria d'Aragona, moglie di Alfonso d'Avalos, e dedicato a Costanza d'Avalos, che insieme con Vittoria Colonna lesse il testo durante i festeggiamenti per il lieto evento. Il carme, pubblicato da G. Sultzbach a Napoli nel 1531, è privo di interesse letterario, ma costituisce un utile documento, ricordando una serie di personaggi legati all'Accademia Pontaniana, frequentata dal F. negli ultimi anni del suo splendore. Dell'opera esiste una traduzione settecentesca pubblicata a Napoli (s.d.) da G. V. Meola col titolo Poemetto di Gio. Filocolo di Troia nella nascita del III Marchese del Vasto e II di Pescara e del Vasto. L'accertata consuetudine dello scrittore con la famiglia d'Avalos è testimoniata anche da un letterato suo contemporaneo, G. Carbone, che in un'elegia pubblicata in testa al trattato De vera vivendi libertate di A. Nifo (Venezia 1535), lo consacra cantore ufficiale degli Avalos. In seguito il F. si legò alla famiglia Sanseverino, come rivela il poemetto In reditum illustrissimi Ferrandi Sanseverini (Napoli, Sultzbach, 1532), probabilmente ispirato dall'occasione del ritorno del principe di Salerno da Bologna, dove si era recato in rappresentanza di Napoli per la cerimonia dell'incoronazione di Carlo V. Ma l'opera certamente più nota del F., quella a cui resta legata la sua fama, è il Carmen nuptiale (Napoli, Sultzbach, 1533) composto per le nozze di Fabrizio Maramaldo e Porzia Cantelmo. Anche questo componimento - di tono aulico e classicheggiante e, come il Genethliacum carmen, scritto a fini esclusivamente laudativi - acquista interesse nel suo essere testimone di una precisa epoca letteraria, dando notizie su un gran numero di umanisti (P. Gravina, G. Carbone, G. Anisio), coi quali il F. mantenne solidali rapporti. Della produzione del F. restano anche due componimenti in volgare, la Canzone de Italia e la Canzone in lode delle due sorelle, alle quali sono premesse due epistole, indirizzate rispettivamente a S. Piscicelli e a G. Arcella. I due testi non portano indicazioni di stampa ma, secondo l'opinione del De Frede (pp. 153 ss.) sarebbero posteriori al 1536 e pubblicati dallo stesso Sultzbach, che diede alle stampe tutta la produzione del Filocalo. Infine il cod. Vat. lat. 2836 (f. 255) conserva tre epigrammi del F. sulla morte - avvenuta nel 1528 - del Carbone, editi in anni recenti da P. De Montera (pp. 72 s.). La maggior parte della produzione del F. è attualmente conservata nel cod. cart. 77 della Biblioteca governativa dei Gerolamini a Napoli.
Il F. morì a Napoli intorno al 1561.
Fu sepolto secondo alcune fonti nella chiesa di S. Maria del Parto a Mergellina, vicino alla tomba dell'ineguagliato maestro Sannazaro (Altamura, p. 142; De Frede, p. 162), mentre il De Montera (p. 55) sostiene che la sua tomba si trovasse nella cappella di famiglia dei conti di Palena, dei quali era amico.
Fonti e Bibl.: G. Anisio, Epistolae de religione et epigrammata, Napoli 1538, c. 31v; A. Minturno, Lettere, Venezia 1549, c. 31v; P. Giovio, Lettere, a cura di G. G. Ferrero, Roma 1956-1958, I; p. 177; II, p. 122; B. Chioccarelli, De illustribus scriptoribus qui in civitate et Regno Neapolis... floruerunt, I, Napoli 1780, p. 347; C. Minieri Riccio, Biografie degli accademici alfonsini detti poi pontaniani dal 1442al 1543, Napoli 1881, p. 243; E. Cannavale, Lo Studio di Napoli nel Rinascimento, Torino 1895, pp. 1686 s.; P. De Montera, L'humaniste napolitain Girolamo Carbone et ses poésies inédites, Napoli 1935, pp. LXXXVIII, 55, 72 s.; A. Altamura, L'umanesimo nel Mezzogiorno d'Italia. Storia, bibliogr. e testi inediti, Firenze 1941, pp. 141 s.; B. Croce, Aneddoti di varia letteratura, I,Napoli 1941, pp. 367 s; C. De Frede, I lettori di umanità nello studio di Napoli durante il Rinascimento, Napoli 1960, ad Ind.; P. Manzi, Annali di Giovanni Sultzbach (Napoli, 1529-1544 - Capua 1547), Firenze 1970, ad Ind.; Antologia poetica di umanisti meridionali, a cura di A. Altamura-F. Sbordone-E. Servidio, Napoli 1975, pp. 361 ss.; P. A. De Lisio, Gli anni della svolta. Tradizione umanistica e viceregno nel primo '500napoletano, Salerno 1976, pp. 166-177; A. Della Rocca, L'umanesimo napoletano del primo Cinquecento e il poeta G. F., Napoli 1988; N. De Balsi-A. Varvaro, Napoli e l'Italia meridionale, in Letter. italiana (Einaudi), Storia e geografia, a cura di A. Asor Rosa, II, 1, Torino 1988, p. 315.