TOFANI, Giovanni
TOFANI, Giovanni. – Nacque a Genova il 27 aprile 1875. Il padre, Mario, ingegnere – i genitori erano di origine toscana –, ricopriva un incarico tecnico in una società del gas e per motivi di lavoro spostò la famiglia a Pavia, dove il figlio compì i primi studi al collegio Ghislieri.
Nella città pavese Giovanni si sarebbe sposato il 27 febbraio 1898 con Anna Gilli (Comune di Genova, Anagrafe, estratto per riassunto dei registri degli atti di nascita), con la quale non ebbe figli ma adottò Fabrizio, Paolo e Giovanni.
Iscritto al Politecnico di Torino, si laureò in ingegneria industriale nel 1899, risultando terzo per merito fra i laureati del suo corso. Terminati gli studi, si volse verso il settore dell’elettrochimica, specializzandosi rapidamente nello studio e nella pratica dei forni elettrici industriali a grande potenza per la produzione del carburo di calcio, per la quale occorrevano la calce ottenuta dalla cottura del calcare in apposite fornaci, il carbone e l’energia elettrica. Il suo primo impiego, grazie alla segnalazione da parte di un suo docente del Politecnico, fu presso lo stabilimento metallurgico aostano di Pont Saint-Martin, di cui nel 1901 divenne direttore.
La fabbrica era nata nel 1897 sulla destra della Dora Baltea; il primo forno elettrico in dotazione per la produzione di carburo venne brevettato e realizzato da Riccardo Memmo. Potenziata poi fra il 1899 e il 1902, nella fabbrica aostana vennero aggiunti successivamente altri otto forni trifasici. Proprietaria dello stabilimento era la Società piemontese per la fabbricazione del carburo di calcio e prodotti affini, i cui 4 milioni di capitale erano prevalentemente nelle mani di investitori tedeschi e svizzeri. Deteneva quote azionarie anche la Società italiana dei forni elettrici, costituita nel 1897, che nello stabilimento di Narni Scalo produceva carburo di calcio con i forni elettrici brevettati da Ferdinando Lori l’anno precedente, società presente anche in altri soggetti imprenditoriali che impiegavano forni elettrici come la Società italiana dell’elettrocarbonium fondata nel 1900 dalla stessa impresa per produrre elettrodi per l’industria.
La contiguità con capitalisti tedeschi permise a Tofani di farsi apprezzare come tecnico preparato nel settore dei forni elettrici fino a diventare consulente della Siemens, esportando in un secondo momento le proprie conoscenze anche negli Stati Uniti (dove progettò forni alimentati dall’energia prodotta dall’acqua delle cascate del Niagara), in Brasile e in Giappone.
Il carburo di calcio conobbe all’epoca un momento produttivo particolarmente felice in campo industriale per più utilizzi: impiegato inizialmente per la produzione di gas acetilene, su cui tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si puntò come possibile sostituto del gas di carbone, dal momento che, per l’elevata temperatura di combustione e la natura endotermica, il suo rendimento luminoso era di gran lunga superiore, divenne poi la materia prima per la produzione di un fertilizzante azotato, la calciocianamide, ottenuta dal riscaldamento ad altissima temperatura, grazie a un forno elettrico, del carburo di calcio in presenza di azoto; infine, trovò spazio anche nella saldatura autogena, cioè ossiacetilenica. Il principale produttore in Italia era la Società italiana per il carburo di calcio acetilene e altri gas: nel 1922, insieme alla Vickers Terni, venne fusa per incorporazione nella Società degli alti forni fonderie e acciaierie di Terni (SAFFAT), dando vita alla Terni società per l’industria e l’elettricità (Società Terni). Di qui gli investimenti significativi operati nel settore della produzione di carburo di calcio, che veniva fabbricato soltanto in Francia – era stato ottenuto per la prima volta dal chimico francese Henri Moissan nel 1892 –, Svizzera, Germania e negli Stati Uniti, dove Thomas Leopold Wilson fu il primo ad avere l’idea nel 1888 di prepararlo industrialmente con l’ausilio di un forno elettrico.
In virtù della fama accumulata negli anni trascorsi a Pont Saint-Martin, Tofani nel 1909 venne incaricato dalla Società industriale italiana, fondata nel 1905, di interessarsi alla propria produzione di carburo di calcio presso la fabbrica eretta nelle vicinanze della stazione di Ascoli Piceno ed entrata in funzione nel 1906. Controllata da capitali genovesi, la Società industriale italiana, di cui Tofani divenne direttore e amministratore, decise di impiantare lo stabilimento ascolano anche per l’iniziativa di Venceslao Amici, autore del progetto di ferrovia Ascoli-Roma. La scarsa qualità del prodotto ottenuto spinse gli amministratori dello stabilimento a rivolgersi – elargendo un compenso di 50.000 lire – a un esperto come Tofani per introdurre i necessari miglioramenti, subito individuati nell’aumento della tensione elettrica necessaria ad alimentare i forni. I principali fornitori di energia elettrica dello stabilimento erano i fratelli Merli, imprenditori elettrici della zona, che avevano fondato una prima officina elettrica nel 1902 e nel 1909 la Società elettrica del Tronto, di cui nel 1917 la Società industriale italiana acquisirà il controllo. La società gestiva l’impianto idroelettrico di Mozzano, ma per poter disporre della necessaria energia elettrica, insufficiente a causa della scarsità di acqua, Tofani si rese protagonista dello sviluppo degli impianti idroelettrici del Tronto, avviando nel 1924 la costruzione della diga e del lago artificiale di Scandarello formato dallo sbarramento costruito sull’omonimo torrente affluente del Tronto. Visti i buoni risultati, gli venne offerta la direzione della fabbrica nel 1911, quando si trasferì definitivamente con la moglie e i tre figli nella città marchigiana. Vi visse poi a lungo, creando un sodalizio duraturo e distinguendosi dai molti uomini d’affari e imprenditori settentrionali, più propensi a presenze temporanee e dagli intenti più «colonizzatori» (Amatori 1987, p. 618). Tofani aggiunse nel 1912 all’attività della fabbrica la produzione della calciocianamide grazie alla maggiore disponibilità di energia elettrica conseguente all’ultimazione della centrale idroelettrica di Venamartello. Nel corso della guerra, che appoggiò da convinto interventista, la produzione di carburo venne interrotta a favore della ghisa sintetica, producendone oltre un milione di quintali, ottenuta dalla fusione nei forni elettrici dei residui dei proiettili. Legata alla Banca italiana di sconto, la Società industriale italiana visse anni difficili all’indomani della fine della guerra ed entrò nella sfera dell’Unione esercizi elettrici (Unes). Ciò portò allo scorporo della produzione del carburo di calcio, che confluì nella nuova Società industriale carburo di calcio, di cui Tofani, in possesso del 30% delle azioni, divenne amministratore delegato e presidente fino al termine della guerra. La società produttrice di carburo giunse a occupare un migliaio di addetti, utilizzando nel momento di massimo sviluppo dieci forni monofase e altri due trifase con una potenza installata di 18.000 kW; la massima produzione raggiunta fu di 10.000 tonnellate di calciocianamide e 4000 di carburo all’anno. La fabbricazione di elettrodi per i forni elettrici – necessari nel processo di produzione di alluminio, carburo e acciaio – venne concentrata fin dal 1917 nel nuovo stabilimento della Società italiana carboni elettrici – nel 1920 acquisita dalla Società italiana dei forni elettrici e dell’elettrocarbonium (sorta nel 1917 dalla fusione delle due imprese che gestivano gli stabilimenti di Narni Scalo), operazione promossa da Tofani, che ne fu egualmente amministratore delegato. Nello stabilimento dell’Elettrocarbonium venivano prodotte 5000 tonnellate annue di elettrodi di carbone.
Nella sua lunga permanenza ad Ascoli Piceno, Tofani non si distinse soltanto come manager d’impresa, ma ricoprì anche cariche di varia natura: nel 1921 venne designato membro del Consiglio superiore del lavoro, poi fu presidente della Commissione Reale per la provincia di Ascoli Piceno, del Consorzio antitubercolare della stessa provincia, della Scuola agraria Ulpiani di Ascoli e infine, fra il 1922 e il 1923, della società calcistica Ascoli. Una volta trasferitosi a Roma, ricoprì anche la carica di presidente di Cinecittà fra il 1938 e il gennaio del 1940. Ottenne anche due onorificenze: nel 1931 fu nominato commendatore e cinque anni dopo grande ufficiale.
La svolta politica si colloca per Tofani nel novembre del 1919, quando venne eletto deputato una prima volta per il collegio di Ascoli Piceno-Macerata. Nell’occasione fu facilitato dall’abbandono del precedente deputato Enrico Teodori, ma ebbe anche il merito di garantirsi un vasto appoggio nelle liste dell’Intesa democratica da parte di un’alleanza composita, in cui convivevano liberali e socialisti, compreso lo stesso Francesco Merli insieme con gran parte delle maestranze degli stabilimenti ascolani, convinte politicamente ad appoggiarlo anche per le molte misure di politica sociale introdotte da Tofani per i propri operai. Fu poi riconfermato anche nelle due successive legislature, del 1921 e del 1924, eletto sempre nelle Marche. Il 21 aprile 1924 entrò nel Partito nazionale fascista, non senza trovare resistenze per la sua passata adesione alle liste democratiche. Nel gennaio del 1929 venne nominato senatore, ancora in rappresentanza della stessa regione.
Ricoprì anche una carica rilevante a livello nazionale. Fu infatti presidente dell’Ente nazionale per l’unificazione nell’industria creato nel 1928 dalla Confederazione fascista degli industriali, trasformando il Comitato generale per l’unificazione nell’industria meccanica, che era stato costituito nel 1921. Il compito dell’ente consisteva nel garantire uniformità di catalogazione, classificazione e utilizzo in diversi ambiti della scienza e della tecnica; in particolare trovò applicazione nell’ambito dell’industria meccanica. L’Ente, che aveva sede a Milano e che dal 1937 si dotò di un organo ufficiale, L’Unificazione, aveva omologhi consimili in molti altri Paesi: nel 1942 erano ventisette e Tofani fu presidente anche della federazione internazionale che li raggruppava, l’International Standard Association, fondata a Praga nel 1928 e che con la guerra interruppe la propria attività.
In quanto senatore, finì sotto il giudizio dell’Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo, entrato in funzione nel giugno del 1944 nella parte liberata del Paese. Il 7 agosto 1944 l’Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo lo sottopose a un deferimento e nel dicembre lo dichiarò decaduto dalla carica di senatore. A propria discolpa Tofani dichiarò di non aver partecipato alla marcia su Roma, di non aver aderito alla Repubblica sociale italiana e di non aver ricoperto cariche nel partito. Al termine dei lavori risultò uno dei 68 prosciolti fra i 99 imputati.
Morì a Roma il 16 luglio 1947.
Opere. Sulla fabbricazione industriale del carburo di calcio e sui forni di grande potenza, in Atti della Associazione elettrotecnica italiana, 1907, 6, pp. 584-614.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Presidenza del consiglio dei ministri, Affari generali, Gabinetto senatori del regno 1924-34, codice fondo 01 Tofani al 174; Alta Corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo, b. 11, Lavoro compiuto dall’Alta Corte; b. 35, Sentenze penali. Per l’attività parlamentare si veda il portale storico del Senato della Repubblica, con il relativo fascicolo personale. R. Memmo, L’impianto idroelettrico di Saint-Marcel. Con un’Appendice sull’industria del carburo in Italia, Torino 1902; B. Monasterolo, L’industria picena e l’impianto elettrico Fratelli Merli, Ascoli Piceno 1908; C. Rossi, L’unificazione nell’industria, nella vita sociale e in guerra (per il potenziamento tecnico nazionale), prefazione di Giovanni Tofani, Milano 1942.
L. D’Angeli, Pionieri dell’industria ascolana: G. T., in Piceno, 1980, n. 1, pp. 33-36; G. Caligaris, La Società industriale elettrochimica Pont Saint-Martin, antesignana della Società idroelettrica piemontese (S.I.P.), negli anni dell’esordio 1899-1901, in Studi in memoria di Mario Abrate, II, Cuneo 1986, pp. 887-913; F. Amatori, Per un dizionario biografico degli imprenditori marchigiani, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. Le Marche, a cura di S. Anselmi, Torino 1987, pp. 589-627; G. Caligaris, All’origine dell’industria elettrica in Piemonte. Dalla Società industriale elettrochimica Pont Saint-Martin alla Società idroelettrica piemontese (1899-1922), in Studi piemontesi, 1987, n. 1, pp. 179-187; G. Di Bello, L’attività della famiglia Merli e i primi tentativi di industrializzazione nell’Ascolano, in Proposte e ricerche, 1987, n. 19, pp. 174-193.