TAVELLI, Giovanni (Giovanni da Tossignano)
Nacque nel 1386 a Codrignano, territorio di Tossignano nella diocesi di Imola, da Antonio e Margherita.
La tradizione lo vorrebbe addirittura nobile, ma Dufner (1975, p. 103) sostiene che i Tavelli erano piuttosto poveri e lo desume dal fatto che il padre di Giovanni, per farlo studiare, dovette vendere un terreno.
Intorno al 1402 si trasferì a Bologna, probabilmente ospite della famiglia Canedoli, per frequentare l’università e laurearsi in diritto civile. Proprio a Bologna venne in contatto con il gruppo dei frati gesuati il cui insediamento si trovava presso S. Eustochio a Porta S. Mamolo. Decise di entrare a far parte della loro comunità, postulò e fu accolto il 28 luglio del 1408 dal superiore dell’insediamento, il senese Spinello di Boninsegna. Per seguire questa sua vocazione abbandonò gli studi universitari procurando – almeno secondo le fonti agiografiche che lo riguardano, in conformità a un diffuso topos – lo sconcerto del padre; ciò che tuttavia non gli fece cambiare idea. Ancora novizio, fu trasferito da S. Eustochio agli insediamenti gesuati di Venezia: dapprima fu destinato a S. Giustina, dove rimase fino al 1415, poi fu spostato a S. Maria ad Elisabeth, dove visse dal 1415 al 1426.
A Venezia ebbe modo di entrare in contatto e di stabilire un legame amichevole e spirituale con numerosi protagonisti del movimento riformatore quattrocentesco: Antonio Correr, Marino Quirini, Gabriele Condulmer (il futuro Eugenio IV), Lorenzo Giustiniani.
Nella città lagunare inaugurò l’attività di scrittore e di volgarizzatore, destinata ad accompagnarlo lungo tutta la sua esistenza. Tradusse infatti, nel 1420, i Sermones di s. Bernardo, e probabilmente nel 1425 il De disciplina et perfectione monastica di Lorenzo Giustiniani.
Il volgarizzamento dei Sermoni fu pubblicato a spese e per cura della comunità gesuata di Ferrara nel 1529, a Venezia presso i fratelli Da Sabio e facendolo precedere da una lettera dedicatoria a Isabella d’Aragona, regina di Napoli e particolarmente benevola nei confronti dei gesuati.
Inoltre Tavelli volgarizzò la Regula pastoralis e le Homeliae in Evangelia di Gregorio Magno e probabilmente alcuni libri del Vecchio e Nuovo Testamento (Vita B. Joannis a Tauxiniano, 1885, pp. 41 s.; Dufner, 1958, pp. 152-170; Gagliardi, 2004, pp. 99-163, 265-337).
La questione relativa ai volgarizzamenti biblici di Tavelli non è stata ancora chiarita a fondo; di sicuro sappiamo che era un profondo conoscitore della Scrittura, tanto che l’umanista Guarino Veronese lo qualifica come uomo dotato di «Sanctarum Scripturarum intelligentia» nel discorso di saluto che pronunziò quando Tavelli si insediò come vescovo a Ferrara (Con il cuore indiviso, 1996, p. 12). Tavelli aveva inoltre maturato una profonda conoscenza della patristica, raggiungendo una grande familiarità con i testi di s. Girolamo, di s. Agostino, di Gregorio Magno, di s. Bernardo e anche di s. Tommaso d’Aquino. Su queste devote letture aveva innervato la propria pietà, eminentemente cristologica ed eucaristica.
Nel 1425 tornò a Bologna dove fu convocato a seguito dell’inquisizione sul gruppo gesuato felsineo che era stata ordinata dal vescovo Niccolò Albergati.
Nell’occasione si riunirono i superiori di tutti gli insediamenti gesuati italiani e, per ottemperare alle richieste di Albergati, misero mano alle costituzioni (ovvero a una descrizione e norma della vita comune), e ad una prima biografia ufficiale dell’iniziatore del movimento gesuato: Giovanni Colombini.
È questa, nell’insieme, la prima documentazione ufficiale dei gruppi gesuati, che sino ad allora non avevano adottato alcuna regola né accedevano al sacerdozio, limitandosi a pronunciare voti temporanei che, per scelta, non reiteravano, preferendo considerarli vincolanti di per sé.
Fu proprio Tavelli a compilare nel 1425, su mandato dei superiori, la prima Vita ‘ufficiale’ di Giovanni Colombini e a stendere la prima versione delle Costituzioni (Gagliardi, 2004, pp. 351-363, 487-513). Nel 1426, a seguito del capitolo generale dei gesuati che approvò le Costituzioni e le rese vigenti in tutti gli insediamenti, Tavelli fu eletto priore del convento gesuato di Ferrara dove, nel 1429, avrebbe procurato di far erigere un oratorio intitolato a s. Girolamo. Tavelli lavorò in prima persona alla costruzione dell’oratorio, così come aveva precedentemente fatto a Venezia, quando si era dedicato alla muratura della chiesa di S. Maria della Visitazione alle Zattere, in guisa di esercizio ascetico (Con il cuore indiviso, 1996, p. 19). Appena due anni più tardi (nel gennaio del 1431) scrisse al generale Spinello Boninsegni affinché lo esonerasse dall’incarico di priore.
All’esonero seguì però, nell’ottobre del medesimo anno, la nomina a vescovo di Ferrara da parte del pontefice Eugenio IV, nomina che Tavelli accettò soltanto dopo essersi consigliato Boninsegni e dopo aver conseguito il diaconato e il presbiterato (rispettivamente il 16 e il 27 dicembre del 1431). Fu consacrato vescovo a Mantova e fece il suo ingresso in diocesi il 1° gennaio del 1432.
Già in quel mese condusse la visita delle cappelle della cattedrale, e il 19 febbraio ottenne dal legato apostolico di Bologna, Fantino Dandolo, l’autorizzazione a effettuare la visita pastorale anche ai conventi, che si svolse dal 17 settembre all’8 dicembre del 1432. Il 30 settembre del 1432 celebrò il primo sinodo diocesano.
Accanto a lui incontriamo, quali collaboratori, il canonico Nicolò Marteli, vicario e procuratore, e Diotisalvi da Foligno, vicario generale e come suo familiare Ottaviano Giroldi (o Ziroldi), che ne avrebbe custodito devotamente la memoria dopo la sua morte.
L’attività pastorale di Tavelli fu molto intensa: convocò ben tre sinodi ed effettuò sei visite pastorali, impegnandosi molto nella formazione del clero, nella riforma della vita claustrale femminile – in ciò collaborando anche con Giovanni da Capestrano – e fondando l’ospedale di S. Anna, com’è attestato dalla bolla di Eugenio IV dell’8 ottobre 1440 (Ferraresi, 1969, III, pp. 134-654; IV, pp. 277-281; Gagliardi, 2004, pp. 99-172).
I registri delle visite pastorali di Tavelli, oggi custoditi a Ferrara presso l’Archivio storico diocesano, attestano chiaramente la solerzia del vescovo nell’indagare lo stato delle chiese e della comunità cristiana sottoposta alla sua giurisdizione (Con il cuore indiviso, 1996, p. 24).
Tavelli in qualità di vescovo, dedicò molta cura ai monasteri femminili della città di Ferrara e in qualità di gesuato, invece, compose un trattatello di lode della vita claustrale per le benedettine del monastero dei SS. Abbondio e Abbondanzio di Siena, che conobbe un certo successo circolando in varie comunità di monache e terziarie (Gagliardi, 2004, p. 237).
Le numerose biografie che lo riguardano sono concordi nel sottolineare, oltre allo zelo pastorale, le pratiche di mortificazione e la severa astinenza praticate dal Tavelli. Per esempio, nell’agiografia del carmelitano Faustinmaria di San Lorenzo si legge: «usava per lo più vestire l’abito stesso di rozzo panno, che nella Religione tenea, ed un meschino pagliariccio fornivagli il letto… Sorgeva indispensabilmente ogni notte ad orare, recitando ancora in tal tempo l’officio divino… Due volte al giorno, cioè sera e mattina duramente battevasi con aspri flagelli…» (di S. Lorenzo, 1753, p. 37). Ancora oggi si conservano gli speroni appartenuti a Tavelli e da lui usati per cavalcare e le loro dimensioni attestano che il vescovo non doveva usare il cavallo per spostarsi, ma con tutta probabilità un ben più modesto mulo, o mula, come vogliono le fonti agiografiche che lo ritraggono a piedi oppure sul dorso di una mula (Con il cuore indiviso, p. 24).
Nel 1433 fu convocato al Concilio di Basilea, ma il 14 maggio scrisse ai padri conciliari chiedendo di poter rimanere a Ferrara perché una gravissima carestia aveva colpito il territorio diocesano e delegò in sua vece Simone della Valle. Fu comunque a Basilea non molto più tardi, il 28 giugno, e tenne una prima predica ai padri conciliari, cui sarebbe seguita quella del 29 novembre 1433, dove celebrò il Concilio quale espressione della volontà di Dio per la riforma della Chiesa. Nell’ambito del Concilio basileese, svolse la funzione di suo rappresentante nelle trattative con i boemi e, durante la crisi conciliarista, si mantenne fedele al papa (Con il cuore indiviso, 1996, p. 22; cfr. Ferraresi, 1969, I, pp. 222 s.; IV, pp. 186-189).
Quando il Concilio si spostò a Ferrara, nel 1438, accolse Niccolò Albergati in veste di legato pontificio per l’apertura dell’assise in città e prese parte alle sedute, essendo poi delegato all’elaborazione di alcuni decreti insieme ad altri prelati (Dufner, 1958, p. 127; Id., 1963). Il 10 gennaio del 1439 dette pubblica lettura del decreto che trasferiva il Concilio a Firenze e, avendo lasciato quale vicario in diocesi Diotesalvi da Foligno, si recò nella città toscana. Ivi sottoscrisse, il 6 luglio del 1439, il decreto di unione tra greci e latini (Ferraresi, 1969, I, pp. 369-375).
Tornato a Ferrara proseguì l’opera di cura della diocesi e di riforma della vita religiosa. Si occupò tuttavia anche dei gesuati, fondando il convento di Treviso e diventando nel 1442 definitore della congregazione (ibid., pp. 206 s.).
L’8 luglio del 1446, in presenza di quattro frati gesuati, del suo vicario generale Diotisalvi, del medico Guglielmo Bischizi, sottoscrisse il suo testamento di fronte al notaio Sante Libanori. Nell’atto stabilì di essere sepolto in S. Girolamo dei Gesuati e ricordò alcuni suoi consanguinei, tra i quali la sorella Caterina, il nipote Andrea e i pronipoti Lorenzi e Antonio.
Morì il 24 luglio del medesimo anno in fama di santità, tanto che il duca di Ferrara Ercole I ne promosse il processo di canonizzazione.
In un memoriale ferrarese, trascritto dal canonico Giuseppe Antenore Scalabrini nel 1776 e oggi perduto, si annota il momento della morte di Tavelli, esaltando le buone azioni del vescovo e la sua carità verso i più poveri: «tuto lo puollo de Ferrara comunamente grandemente se dolgiuto per la morte soa è stati limoxiniero e bono ali poveri e no ali richi» (Causa di canonizzazione, 1998, p. 92). Analogamente Illuminata Bembo racconta che Caterina Vegri, nel momento esatto del trapasso del Tavelli, ne vide l’anima salire in cielo sotto forma di colomba e il padre domenicano Andrea da Mantova, infermo da almeno venticinque anni, fu miracolosamente guarito (ibid.).
Dalla sua morte il culto non si è interrotto: fu approvato da Clemente VIII e successivamente confermato da Benedetto XIV nel 1749 (Peverada, 1989 [b]). Nel 1996 la Congregazione delle cause dei santi ha riconosciuto valido il processo diocesano aperto dall’arcivescovo Luigi Maverna e conclusosi nel 1995; il 23 gennaio 2020 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che riconosce l’eroicità delle virtù di Giovanni Tavelli.
F.M di S. Lorenzo, Storia del beato Giovanni Tavelli detto da Tossignano prima religioso gesuato…, Mantova 1753; Vita B. Joannis a Tauxiniano episcopi Ferrarensis ab anonymo conscripta nunc primum edidit Aloysius Albertazzi archpresbiter Tauxinianensis, in Analecta Bollandiana, XIV (1885), pp. 30-42; G. Dufner, Die “Moralia” Gregors des Grossen in ihren Italienischen Volgarizzamenti, Padova 1958; Id., Zwei Werke Gregors des Grosses in ihren Italienischen Ueberlieferung, in Italia medioevale e umanistica, VI (1963), pp. 235-252; G. Ferraresi, Il beato Giovanni Tavelli da Tossignano e la riforma di Ferrara nel Quattrocento, I-IV, Brescia 1969; G. Dufner, Geschichte der Jesuaten, Roma 1975, p. 103 G. De Sandre Gasparini, Uno studio sull’episcopato padovano di Pietro Barozzi (1387-1507) e altri contributi sui vescovi veneti nel Quattrocento. Problemi e linee di ricerca, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXXIV (1980), pp. 81-122 (in partic. pp. 94, 96, 113 s., 119); E. Peverada, Sinodi ferraresi quattrocenteschi, in Analecta Pomposiana, V (1980), pp. 137-159; Id., La visita pastorale del vescovo Francesco Dal Legname a Ferrara (1447-1450), Ferrara 1982 ad ind.; S. Bombardini, Il beato Giovanni Tavelli da Tossignano, Bologna 1986; E. Peverada, Pensieri spirituali, Autobiografia, antologia minima degli scritti, Ferrara 1986; Il beato Giovanni Tavelli vescovo di Ferrara nel VI centenario della nascita (1386-1446), Ferrara 1987; Marginalia sul beato Giovanni da Tossignano vescovo di Ferrara, in Analecta Pomposiana, XIV (1989), monografico (in partic. E. Peverada, Schede documentarie per il beato Giovanni Tavelli, pp. 15-62 [a]; Id., Attestati di santità nel Quattrocento, pp. 63-108 [b]); Gli atti ufficiali del beato Giovanni Tavelli da Tossignano vescovo di Ferrara, a cura di G. Ferraresi - I. Marzola, Città del Vaticano 1994; Con il cuore indiviso. Il beato Giovanni Tavelli da Tossignano Vescovo di Ferrara (1386-1446). Guida alla Mostra, a cura di E. Peverada, Ferrara 1996; Causa di canonizzazione del B. Tavelli da Tossignano († 1446). Relazione dei periti “in re historica”, a cura di D. Balboni et al., Ferrara 1998; I. Gagliardi, I “Pauperes Yhesuati” tra esperienze religiose e conflitti istituzionali, Roma 2004, pp. 99-163, pp. 265-337; pp. 351-363, pp. 487-513.