TOFANELLI, Giovanni Stefano
Nacque a Nave (Lucca) il 26 settembre 1752 da Andrea di Michelangelo e da Maria Domenica di Francesco Papini (Montuolo, Archivio parrocchiale di S. Giovanni Evangelista, Battezzati, 1716-54, c. 173r), in letteratura detta Maria Domenica Baroncelli.
Già avviato al mestiere di sarto del padre, riuscì a seguire l’inclinazione per il disegno grazie al supporto di alcuni mecenati locali, e nel 1762 divenne allievo di Antonio Luchi, insieme a Bernardino Nocchi, il quale sostituì il maestro nel 1766.
Nel 1768 Nocchi e Tofanelli si trasferirono entrambi a Roma ed entrarono nella bottega di Nicola Lapiccola, prendendo parte ai lavori nel palazzo pontificio a Castel Gandolfo e in quello dei Chigi ad Ariccia. Nell’ambiente cosmopolita dell’Urbe Tofanelli arricchì la lezione del maestro col neoclassicismo di Anton Raphael Mengs e di Gavin Hamilton, dedicandosi allo studio dell’antico e al disegno dal vero, nella ricerca di una sintesi tra ideale classico e realtà naturale.
Dal 1774 al 1783 si stabilì nel palazzo, collocato alle spalle di S. Maria in Campitelli, di Paluzio Altieri, figlio di Emilio Carlo quarto principe di Oriolo (Roma, Archivio del Vicariato, Parrocchia di S. Maria in Campitelli, Anime, 1773-88, cc. 16r, 27r, 38r, 49r, 61r), dove risiedeva monsignor Prospero Bottini lucchese, che favorì i contatti con la cerchia della nobile famiglia, in particolare il bibliotecario del principe Altieri, l’abate Vito Maria Giovenazzi, del quale Tofanelli divenne amico e che effigiò nell’Autoritratto con l’abate Giovenazzi, l’incisore Nicolò Mogalli, il padre Cassini e il monsignor Gualtieri. Nel 1779 si trasferì al piano terra dello stesso palazzo, raggiunto l’anno seguente dal fratello Agostino (ibid., cc. 72r, 82v, 94r, 104r, 116r), tra i primi allievi dell’Accademia di disegno da lui appena avviata.
A questo decennio appartengono alcuni ritratti (Trenta, 1822, p. 188), che insieme al precedente rivelano un interesse alla rappresentazione di sé e delle persone più intime. L’Autoritratto col padre, il fratello Agostino e Bernardino Nocchi (1783, Roma, Museo di Roma), realizzato per il mecenate Paolo Santini, intreccia in un conversation piece affetti familiari, la stima per l’amico e maestro e la scelta dei semplici abiti ‘alla pittoresca’. Per le analogie col medesimo, gli è stato attribuito il ritratto di Carlo Albacini all’Accademia di S. Luca (Susinno, 1974, p. 263).
Sempre alla cerchia delle amicizie appartiene il ritratto dello scultore Christopher Hewetson col busto di Gavin Hamilton (1775, Colonia, Wallraf-Richartz Museum), seguito nel 1783 da Hewetson davanti al monumento di Richard Baldwin (Grandesso, 2001), un primo esempio di monocromia, fondata sul dialogo tra pittura e scultura, che sarebbe tornata spesso nel suo catalogo.
Nel 1784, il successo della scuola lo spinse a trasferirsi in una casa più grande in strada Felice, presso Trinità dei Monti, insieme al fratello Agostino (Archivio del Vicariato, Parrocchia di S. Andrea delle Fratte, Anime, 1784, c. 30r; 1789, c. 31v). Qui dipinse il ciclo decorativo per villa Mansi a Segromigno, che lo portò alla fama, con le Storie di Apollo tratte dalle Metamorfosi di Ovidio, su consulenza di Giovenazzi, a partire dal Carro del sole (1784). Per la stessa villa, ove curò anche il disegno dei mobili, dopo un viaggio in Emilia e a Venezia (1786), eseguì la Morte di Marsia, esposta con successo in palazzo Rinuccini a Piazza Venezia a Roma nel luglio 1788, il Giudizio di Mida (1789) e quattro sovrapporte (1792), espressione del nuovo cromatismo acquisito a contatto con la pittura di Correggio e di Tiziano.
Al 1786 risalgono i ritratti a olio di Paolo Santini e della moglie Maria Lucrezia Balbani (Lucca, eredi Ottolini-Balbani) e un ritratto grafico di Gaetano Filangieri, inciso da Raffaello Morghen e ispirato alla tela passata in asta di recente ed esposta temporaneamente nel maggio 2019 al Museo civico Filangieri di Napoli.
Tofanelli tornò ai soggetti epici con l’Apoteosi di Romolo per il principe Altieri (1789-90), tela posta nel 1792 nel soffitto del gabinetto nobile nel palazzo in piazza del Gesù.
Avendo sostituito Hamilton nella direzione della sua scuola, si trasferì col fratello Agostino in via dei Greci (1790-1800), entrambi raggiunti nel 1792 dal nipote tredicenne Andrea Tofanelli, anch’egli avviato al disegno e all’incisione (Archivio del Vicariato, Parrocchia di S. Lorenzo in Lucina, Anime, 1790, c. 38r; 1792, c. 33r; 1795, c. 38r; 1800, c. 30v).
Negli anni Novanta fornì disegni ai principali incisori attivi a Roma (Giovanni Volpato, Raffaello Morghen, Giovanni Folo, Pietro Fontana, Pietro Bettelini ecc.), copiando capolavori del classicismo rinascimentale e secentesco. Ma per la stampa produsse anche disegni di sua invenzione, tra i quali I funerali fatti dal pontefice Pio VI a Carlo III re di Spagna, e le vignette di Carlo III e di Carlo IV con Maria Luisa di Borbone, nel volume In funere Caroli III Hispaniar. Regis Catholici (Parma 1789); L’incontro del conte di Provenza con Maria Giuseppina di Savoia (disegno al Museo di Versailles); Giuditta (Fontana incisore); Apollo, Primavera, Autunno, Inverno (disegni all’Albertina di Vienna), Estate, Baccante, Fauno, Diana, Venere (tutti incisi da Folo).
Nel gennaio 1791 divenne socio dell’Accademia di S. Luca, alla quale lasciò Il trionfo di Apollo e la punizione di Marsia (Grandesso, 2000), e due mesi dopo socio dei Virtuosi al Pantheon.
L’anno seguente ricevette il primo importante ordinativo ecclesiastico, tre pale d’altare per S. Niccolò all’Arena a Catania: la Natività di Gesù, il S. Nicola e la liberazione dello schiavo, la Decollazione del Battista (Vasta, 2012). Nel 1794 si spostò a Tivoli per affrescare a monocromo i Ss. Pietro, Lorenzo, Paolo e Amanzio nella chiesa di S. Antonio Abate. Si susseguirono gli incarichi per la pieve di Vorno in quel di Lucca (1795, Assunzione della Madonna) e per S. Secondo a Gubbio (1796, Martirio di s. Secondo), ma soprattutto realizzò la tela con S. Anna che adora il Bambino (1796) per la cappella Buonvisi in S. Frediano a Lucca, opera matura e perfettamente equilibrata sotto ogni aspetto.
Nel 1801, passando prima a Firenze, dove dipinse Apollo e le Muse per il marchese Pietro Torrigiani, accolse l’invito della sua città a rimpatriare.
I primi incarichi ricevuti dal governo napoleonico furono il ritratto del gonfaloniere Francesco Belluomini con la famiglia (Santiago del Cile, Museo Nacional de Bellas Artes; bozzetti a Firenze, Palazzo Pitti), la cattedra di disegno all’Università di S. Frediano (1802) e il disegno della Statua di Bonaparte console, scolpita poi da Giuseppe Martini (1803, distrutta nel 1814) (Ciardi, 1986, p. 273). Nella cattedrale, invece, completò la decorazione della cappella Buonvisi con gli affreschi nella volta (1801).
Si dedicò inoltre a un’intensa attività ritrattistica. Del 1802 sono i ritratti del mecenate Luigi Mansi (Firenze, Palazzo Pitti) e del Cardinale Antonio Despuig (Palma di Maiorca, già coll. Fernando Truyols Morell), il quale gli offrì il titolo di pittore di corte presso Carlo IV re di Spagna, da lui rifiutato per non abbandonare l’incarico d’insegnante. Meno certa la data dei ritratti di Federico Bernardini, della moglie Maria Santini (entrambi a Lucca, palazzo Mansi) e di Giovanni Antonio Nocchi (Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio), padre di Bernardino.
Con l’arrivo a Lucca, nel 1805, dei principi Elisa Bonaparte e Felice Baciocchi, Tofanelli fu nominato primo pittore di corte, senatore del Principato e socio dell’Accademia Napoleone; gli fu inoltre confermata la cattedra all’Università, rinominata Liceo Felice.
I ritratti dei nuovi sovrani, di cui fu subito incaricato, furono posti nella sede dell’Accademia Napoleone; tuttavia, la loro individuazione tra quelli superstiti non è concorde, a eccezione del ritratto di Elisa Baciocchi (Parigi, Musée Marmottan). Il ritratto di Napoleone, donato da Tofanelli il 15 agosto 1805, è noto solo dalla copia in miniatura di Chiara Carrara, mentre per il frontespizio del Code de Napoléon le Grand, edito a Firenze (1809), Tofanelli copiò il modello di Robert Lefèvre in veste imperiale (Tosi, 1986).
Dispersi anche i due ritratti della principessina Napoleona Elisa Baciocchi, eseguiti alla nascita e intorno ai sei anni; del secondo è nota l’incisione del nipote Andrea, del 1812 (pp. 311 s.). Certamente distrutto nel 1814 il dipinto col Principe Felice Baciocchi in atto di prestar giuramento alla Costituzione, considerato uno dei suoi capolavori (p. 303).
L’entusiasmo dimostrato inizialmente da Elisa Baciocchi, la quale paragonò Tofanelli a Jacques-Louis David, non fu costante, e ben presto gli fu preferita Eulalie Morin (Ciardi, 1986, p. 265). Il distacco dal pittore lucchese ebbe origine nella principessa probabilmente con l’insoddisfazione del proprio ritratto, nel quale si vedeva come un «mostro» (p. 264). Nel 1807, poi, Elisa non gradì il progetto della piazza Napoleone, in cui Tofanelli cercò di salvaguardare la chiesa di S. Pietro Maggiore, e il suo incarico fu ridimensionato a membro della commissione giudicatrice (pp. 265, 276 nota 45).
Tra il 1807 e il 1810 Tofanelli si dedicò a una serie di opere religiose (Annunciazione, collegiata di Camaiore; Assunzione, duomo di S. Martino a Lucca; varie versioni del Cuore di Gesù e del Cuore di Maria), in cui dimostra un avvicinamento alle istanze puriste.
Alla fine del 1810 Bartolomeo Cenami lo incaricò di decorare la propria villa a Saltocchio, improntata ai temi epici, con le Storie di Achille dall’Iliade omerica. Le scene furono concepite come un bassorilievo antico, «quasi involucro di una malinconica serietà morale», espressione del fine etico della pittura neoclassica (Belli Barsali, 2004, p. 296).
Affascinata dalle pitture realizzate a Saltocchio, Elisa Baciocchi affidò a Tofanelli gli affreschi nella villa di Marlia, ma bocciò il suo progetto delle Fatiche di Ercole, ordinandogli un soggetto più leggero. Deluso, il pittore si dedicò alla decorazione della cappella del Ss. Sacramento nella cattedrale lucchese, con i chiaroscuri di Mosè e delle Virtù teologali, tornando malvolentieri all’esecuzione della Danza delle ore a Marlia, che infine lasciò incompiuta.
Ad allontanarlo dalla sovrana furono il suo carattere austero e il rigore morale, che trovarono espressione in una vita esemplare e negli scritti di natura teologica: Trattato della Fede, Trattato della Fede viva e della Grazia santificante, Della concupiscenza o peccato originale, Riflessioni contro i sentimenti di Gio. Vincenzo Bolgeni sul giuramento civico della Repubblica Romana, fatti valutare dal fratello Agostino con parere positivo (Giovannelli, 1994, pp. 209 s., 229).
Al principio del secolo, durante i lavori di decorazione di una cappella nel monastero delle francescane di S. Micheletto a Lucca, per collocarvi la sua tela con l’Apparizione della Vergine a suor Luisa Biagini, Tofanelli scoprì un antico quadro raffigurante l’Ultima cena, secondo lui utilizzato da Leonardo come modello per la sua celebre opera. Dopo una serie di vicissitudini, redasse alcune Osservazioni sul dipinto, accompagnate da disegni, che inviate a Roma riscossero molti consensi, tanto che i fratelli Riepenhausen si offrirono d’incidere l’opera (novembre 1812), ma il progetto fu abbandonato a causa della morte di Tofanelli (ibid., pp. 210-220).
Il 29 novembre 1812 il pittore morì a Lucca, circondato dagli allievi, che ne fecero la maschera funebre (Ridolfi, 1879). Due lapidi lo ricordano in S. Salvatore della Misericordia, dove fu sepolto qualche tempo dopo, e nella chiesa romana di S. Croce dei Lucchesi, col cenotafio dedicatogli dal fratello Agostino.
T. Trenta, Memorie e documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca, VIII, Lucca 1822, pp. 180-194; Scritti d’arte e d’antichità di Michele Ridolfi pittore, a cura di Enrico suo figlio, Firenze 1879, pp. ix s.; S. Susinno, I ritratti degli accademici, in L’Accademia Nazionale di San Luca, a cura di C. Pietrangeli, Roma 1974, pp. 263 s.; R.P. Ciardi, Per Elisa: appunti sulla situazione artistica a Lucca durante il periodo napoleonico, in Il principato napoleonico dei Baciocchi (1805-1814): riforma dello stato e società (catal.), Lucca 1986, pp. 259-277; A. Tosi, Aspetti della pittura lucchese durante il principato, ibid., pp. 302-312; R. Giovannelli, Tofanelli, Morghen, Leonardo..., in Labyrinthos, XIII (1994), 25-26, pp. 197-230; S. Grandesso, S. T., in Aequa Potestas: le arti in gara a Roma nel Settecento (catal.), a cura di A. Cipriani, Roma 2000, pp. 46 s.; S. Grandesso, S. T., in Quadreria 2001. Arte in Italia, 1780-1930: tradizione e continuità (catal.), Roma, galleria Carlo Virgilio, 2001, pp. 12-14; I. Belli Barsali, Per S. T.: “Primo pittore di sua altezza imperiale” (1752-1812) (1986), in Isa Belli Barsali per la città di Lucca. Scritti scelti dal 1947 al 1986, a cura di M.T. Filieri, Lucca 2004, pp. 269-298; D. Vasta, La pittura sacra in Italia nell’Ottocento: dal Neoclassicismo al Simbolismo, Roma 2012, p. 132.