BONACOSSA, Giovanni Stefano
Nacque l'8 giugno 1804 a Caselgrasso (Cuneo), ove il padre esercitava la professione di medico. Rimasto orfano di padre a 13 anni, riuscì, nonostante le difficoltà di famiglia, a compiere gli studi superiori e conseguì a 19 anni la laurea in medicina. Dopo un breve periodo di tirocinio in Torino, con il Gianolio, nel 1828 fu nominato medico supplente presso il manicornio di quella città, divenendo assistente del Trompeo; ottenne quindi l'incarico di medico ordinario nello stesso ospedale il 4 apr. 1830, e nel 1835 conseguì la nomina a professore aggregato presso il collegio medico dell'università torinese. Nello stesso anno, in occasione dell'epidemia di colera, rimase isolato per circa tre mesi nel nosocomio torinese, onde evitare il contagio dei ricoverati.
Divenuto intimo collaboratore di C. Bertolini, primario del manicomio, nel 1836 e nel 1837 lo coadiuvò attivamente nella stesura del nuovo regolamento interno dell'ospedale, documento di portata eccezionale per quei tempi, in quanto rendeva la figura del primario autonoma e indipendente dal controllo degli organi amministrativi. Nel 1837 pubblicò il primo saggio di statistica sul manicomio di Torino, comprendente gli anni dal 1831 al 1836, e, l'anno successivo, sovvenzionato dal governo e dall'amministrazione dell'ospedale, compì un viaggio di studio, visitando i nosocomi più importanti d'Italia, Francia, Inghilterra, Svizzera, Belgio, Olanda e Germania. Poté così ampliare ed approfondire le sue nozioni scientifiche, apprendere tecniche e conoscenze nuove, che compendiò nella Relazione sullo stato dei mentecatti e degli ospedali dei medesimi in varie parti d'Europa (Torino 1840).
Clinico ormai noto, nel 1840 fu tra i soci fondatori della Regia Accademia di Medicina di Torino, della quale alcuni anni dopo, dal 1860 al 1863, fu poi eletto presidente. Nel 1842 successe a C. Bertolini come primario del manicomio di Torino, carica che ricoprì per trentadue anni, mirando sempre a migliorare le condizioni di vita degli alienati. Nel 1850 il B. divenne docente universitario: in quell'anno, infatti, il re Vittorio Emanuele II emanò il decreto di istituzione della clinica delle malattie mentali presso l'università di Torino, la seconda in Italia dopo quella di Firenze. Nel 1851 compì un nuovo viaggio di studio in diversi paesi europei, e nello stesso anno venne nominato membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Nel 1874 si dimise dagli incarichi clinici ed universitari, ritirandosi a vita privata.
Psicopatologo di grande esperienza, sostenne l'importanza della conoscenza delle alterazioni anatomopatologiche dell'apparato nervoso e delle leggi che governano la vita psichica per la comprensione dei quadri clinici della patologia mentale, propugnando il valore dell'insegnamento della psichiatria (Della necessità di scuole di medicina psicologica teorico-pratica, Torino 1862). Alienista aperto ai problemi della medicina pratica, affermò la necessità in campo medico-legale della perizia psichiatrico-forense (Quesiti sulla procedura in alcuni casi di perizia medico-legale riflettente lo stato mentale in persone accusate dinanzi alle Corti d'Assise, Torino 1863).
Sotto l'impulso del suo spirito profondamente umano, il B. si rese interprete soprattutto della necessità di migliorare le condizioni di vita dei malati di mente negli ospedali psichiatrici in Italia e in Europa (Osservazioni sulla proposizione di legge del medico collegiale B. Bertini, Torino 1849; Il manicomio e l'ospizio di carità, Torino 1856).
Morì a Torino l'11 apr. 1878.
Bibl.: M. Porporati, Necrologio del Professore B., in Giornale della Regia Accademia di Medicina di Torino, XLI (1878), pp. 396-409; T. Tamburini, Necrologio, in Rivista Sperim. di Freniatria, IV (1878), pp. 223-224; A. Pazzini, Storia della Medicina, II, Milano 1947, p. 460; G. Padovani, Gli inizi dell'insegnamento universitario della psichiatria in Italia e S. B., in Rassegna di studi psichiatrici, XXXVIII (1949), pp. 94-105; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte..., I, München-Berlin 1962, p. 617.