SOGLIA CERONI, Giovanni Francesco Bartolomeo
Nacque a Casola Valsenio, nella legazione di Romagna, l’11 ottobre 1779, da Giovacchino e da Anna Braga, secondo tra sei sorelle e un fratello.
Appartenenti alla consorteria di famiglie che dal Medioevo aveva retto il potere locale, i Ceroni possedevano ancora orti e poderi nei dintorni del borgo natale, ma vivevano ormai soprattutto dell’inserimento negli apparati politici ed ecclesiastici dello Stato della Chiesa. Lo zio materno Giacomo Barga, segretario del vescovo di Imola Barnaba Chiaramonti, indirizzò il giovane Soglia Ceroni alla carriera ecclesiastica, avviata con gli studi nel seminario imolese e proseguita con le lauree in teologia al Collegio romano (1805) e in utroque iure alla Sapienza (1807).
Eletto papa il cardinal Chiaramonti, Soglia Ceroni seguì lo zio a Roma, entrando negli ambienti della curia e ottenendo, dopo l’ordinazione sacerdotale del 1803, la carica di cappellano segreto del pontefice. Con la rottura definitiva tra Napoleone e Pio VII, Soglia Ceroni accompagnò il papa nella sua detenzione a Savona (nel luglio del 1809), occupandosi della stesura di lettere e istruzioni. Sul finire del 1810 Soglia Ceroni venne perciò allontanato da Pio VII e internato con il cardinale Pacca nel forte di Fenestrelle, da dove uscì pochi mesi dopo, con l’ordine di stabilirsi lontano dal pontefice (Montanari, 1856, pp. 12 s.). Egli tornò dunque a Casola, dove visse ritirato gli anni dell’occupazione francese, dedicandosi agli studi. Nel 1814, Soglia Ceroni, andato incontro al papa sulla via che dalla Francia lo portava verso i suoi stati, sfilò come crocifero nel corteo con cui Pio VII rientrava nell’Urbe. La restaurazione segnò per il prelato emiliano la ripresa delle prospettive di carriera curiale.
Confermato cappellano segreto da Pio VII e dai suoi successori, ebbe nel 1814 la cattedra di diritto canonico alla Sapienza e fu nominato, nel 1818, relatore della Congregazione dell’Indice, sedendovi poi a lungo come consultore (1820-1838). L’incarico di maggiore responsabilità fu tuttavia quello di segretario della commissione cardinalizia istituita da Leone XII per la riforma degli studi universitari nello Stato pontificio. Soglia Ceroni si adoperò personalmente per dar voce a quanti reclamavano una migliore organizzazione degli studi ingegneristici, attuata nel 1826 (Gemelli - Vismara, 1933, pp. 286-288). Segretario (1824-1834) della Congregazione degli Studi istituita con la riforma, egli collaborò alla stesura delle Theses ex jure publico ecclesiastico (Roma 1826), compilate in curia per rifondere i principi fondamentali oggetto dell’insegnamento del diritto ecclesiastico (Parenti, 1975, pp. 238-239; Listl, 1978, pp. 236-244). Nel 1826 fu elevato arcivescovo in partibus di Efeso. Nel 1832, Gregorio XVI, che ne stimava le doti di studioso, chiamò Soglia Ceroni a far parte, come consultore, delle congregazioni degli Affari ecclesiastici straordinari e del Sant’Uffizio, e in quest’ultima posizione il prelato, nel 1838, raccomandò di valutare con rigore le costituzioni dell’Istituto di Carità fondato da Antonio Rosmini (Zanardi, 2018, p. 177). A tali funzioni si aggiunse quella di segretario della Congregazione dei Vescovi e regolari, che Soglia Ceroni tenne assieme alle altre fino al 1839, quando Gregorio XVI, dopo averlo gratificato del titolo onorifico di patriarca latino di Costantinopoli (1835), lo creò cardinale nel concistoro segreto del 18 febbraio, destinandolo alla sede vescovile di Osimo e Cingoli.
Non più giovane, Soglia Ceroni si vide dunque assegnare una delicata funzione pastorale, a ridosso di quell’area romagnola che costituiva il principale epicentro dell’agitazione politica nello stato. La visita pastorale con cui inaugurò il mandato vescovile (Ancona, Archivio diocesano, Sez. Osimo, b. 164) gli permise di osservare le condizioni spirituali e materiali della diocesi e di improntare la propria azione al contenimento dei processi di scristianizzazione che parevano agire con particolare gravità nei ceti popolari. In una serie piuttosto organica di iniziative, Soglia Ceroni cercò di migliorare la formazione del clero e di promuovere le missioni popolari, invitando il padre Vincenzo Pallotti a predicare nella diocesi nel 1840. Operò inoltre per rafforzare gli istituti di beneficenza che, negli intenti dei loro promotori, dovevano fungere anche da strutture di disciplinamento e moralizzazione dei poveri. Per diretto interessamento del vescovo, vennero ampliati e dotati di maggiori risorse l’ospedale civile e l’ospizio dei vecchi, mentre nel 1843 si stabilì a Osimo una sezione della Società di s. Vincenzo de’ Paoli (Grillantini, 2015, pp. 12-13.).
Oltre a dedicarsi a lavori di erudizione, negli anni del suo episcopato Soglia Ceroni non tralasciò gli studi giuridici, dando alle stampe gli Institutionum juris publici ecclesiastici libri tres (Loreto 1842; più volte riediti), opera apologetica tesa a riaffermare la superiorità della chiesa sulle potestà terrene e il suo diritto di dirigere la società umana ai fini della salvezza delle anime (Boni, 2015, p. 23). Il trattato, ponendosi in piena consonanza con le direttrici dei pontificati di Leone XII e di Gregorio XVI, costituì di fatto una delle più influenti traduzioni canonistiche della nascente dottrina intransigente, tanto da restare un punto di riferimento sino alla metà del Novecento.
I documenti oggi disponibili non consentono una sicura ricostruzione delle opinioni di Soglia Ceroni a proposito dei ritardi e delle disfunzioni che con gravità crescente affliggevano il governo pontificio durante il regno di Gregorio XVI, ma è possibile ipotizzare che nemmeno a lui sfuggisse l’esigenza di limitate riforme amministrative sottolineata, all’indomani dei moti riminesi del 1845, dal card. Mastai Ferretti, vescovo di Imola, legato al confratello osimano da lunga consuetudine (Serafini, 1958, p. 660-662). Soglia Ceroni intrattenne relazioni distese con la borghesia liberal-moderata e ne protesse gli esponenti coinvolti nelle inchieste della commissione militare formata dopo i moti di Romagna. La collaborazione tra il vescovo e l’élite liberale impedì che i tumulti annonari verificatisi in Osimo nel 1846 sfociassero in una sollevazione (Grillantini, 2015, p. 13). Al conclave apertosi nel giugno di quell’anno Soglia Ceroni presentò le istanze «di indulgenza e di civili riforme» espresse dal notabilato della sua diocesi (Farini, 1853, I, p. 150) e, considerato tra i papabili di tendenze concilianti, ricevette una manciata di voti poi confluiti sul nome di Mastai Ferretti (Martina, 1974, pp. 85, 539).
Nei mesi successivi Soglia Ceroni guardò con sostanziale favore ai primi provvedimenti di Pio IX e, dopo le Cinque giornate di Milano e l’inizio della guerra in Lombardia, contribuì a legittimare la mobilitazione patriottica contro l’Austria, autorizzando nelle chiese collette per il reclutamento dei volontari pontifici (Grillantini, 2015, p. 13). Con le conseguenze del crescente coinvolgimento dello Stato della Chiesa nella guerra, provocato dalle manovre di Massimo d’Azeglio e del generale Durando per spingere le truppe a entrare nel Veneto contro il volere del papa, Soglia Ceroni dovette misurarsi quando, dopo la fine dell’interim del cardinal Orioli e le rinunce dei cardinali Ciacchi e Amat, fu nominato segretario di Stato (2 giugno 1848). In tali vesti presiedette i gabinetti ministeriali succedutisi nei mesi che videro il tracollo dell’esperimento costituzionale avviato con la concessione dello statuto. Soglia Ceroni giunse al governo in condizioni non semplici, nel mezzo del conflitto tra il sovrano e il gabinetto Mamiani, che ambiva a dirigere gli affari esteri secolari e la politica interna in piena autonomia rispetto al papa e al suo segretario di Stato.
Mentre falliva la missione di monsignor Morichini, che a fine maggio era stato inviato presso la corte imperiale per negoziare, senza il sostegno del governo, un accordo tra Austria e Sardegna basato sul riconoscimento dei confini naturali della nazione italiana (Roma, Museo centrale del Risorgimento, b. 74, f. 64, lettere di Morichini a Soglia Ceroni, 27 e 30 giugno 1848), l’ordine pubblico si deteriorava anche per la paralisi delle autorità provinciali che ricevevano ordini contrastanti dal Ministero dell’interno e dalla Segreteria di stato (Farini, 1853, II, p. 146). Dopo le dimissioni di Mamiani e la riunificazione del dicastero degli Esteri nelle mani del segretario di Stato (circolare ai nunzi, 12 agosto 1848, in Spada, 1869, II, p. 456), Soglia Ceroni chiese invano al governo francese l’invio di un presidio militare che garantisse la tranquillità di Roma (Martina, 1974, pp. 273-274) e comunicò al card. Amat la nomina alla testa del commissariato straordinario istituito per ripristinare l’ordine nelle Legazioni, sconvolte, dopo la battaglia della Montagnola, da un’ondata di omicidi e aggressioni contro giudici e funzionari di polizia (Roma, Museo centrale del Risorgimento, b. 68, f. 34, lettere di Amat a Soglia Ceroni, 22 agosto 1848; f. 41, lettere di Farini a Soglia Ceroni, 3 settembre 1848).
L’accentramento delle funzioni di ministro dell’Interno, della Polizia e delle Finanze nelle mani di Pellegrino Rossi, anima del gabinetto formato il 16 settembre 1848, destò l’ironia dei caricaturisti della stampa romana contro Soglia Ceroni (Spada, 1869, II, p. 502) e le inquietudini di Rosmini. Inviato a Roma dal governo piemontese per riprendere le trattative in vista di una confederazione tra gli stati italiani e scavalcato dal progetto di una lega tra principi sostenuto da Rossi, Rosmini fece rilevare a Soglia Ceroni come l’attivismo del carrarese invadesse le competenze che spettavano al segretario di Stato come presidente del Consiglio e ministro degli Esteri. Qualche settimana dopo, Soglia Ceroni avrebbe alluso al suo desiderio di abbandonare una carica tanto gravosa e fare ritorno alla propria diocesi (Rosmini, 1998, pp. 57-59).
A tale esito si giunse quando, precipitata la situazione dopo l’assassinio di Rossi, Soglia Ceroni, incaricato da Pio IX di trattare con Giuseppe Galletti la formazione di un nuovo ministero, fu tenuto all’oscuro dei preparativi per la fuga del papa, e partì a sua volta da Roma il 25 novembre. Martina (1974, p. 299) spiega questa condotta con la pavidità e con il «crescente disinteresse» di Soglia Ceroni per il papa, senza però addurre solidi riferimenti documentari a sostegno di tale giudizio. Uomo del tutto privo di esperienza amministrativa, Soglia Ceroni era stato chiamato al vertice dello Stato pontificio in uno dei momenti più convulsi della sua storia e si era fatto esecutore della volontà, spesso contradditoria, del pontefice, sostenendolo nello scontro contro chi tendeva a limitarne il potere politico. Colto di sorpresa dalla fuga di Pio IX, dovette considerare esaurita la propria funzione, dalla quale, trovandosi già in Osimo, chiese e ottenne di essere esonerato per riprendere la guida della diocesi che gli aveva dato – scriveva a Pio IX forse con una amara allusione agli ultimi eventi – «non equivoche prove di rispetto e di attaccamento» (lettera del 29 novembre 1848, cit. in Martina, 1974, p. 310).
Negli anni successivi restò ai margini della vita politica e amministrativa, dedicandosi agli studi giuridici (Boni, 2015, pp. 35-35) e alle cure pastorali sino alla morte, sopraggiunta nel 1856.
Della vita di Giovanni Battista da San Bernardo monaco fuliense: commentario scritto in latino da monsignor Giovanni Soglia, trad. di G.I. Montanari, Imola 1833; Grammatica della lingua latina ad uso dei seminarii di Osimo e di Cingoli, Loreto 1840; Institutiones iuris privati ecclesiastici libri tres, Anconae 1854.
Città del Vaticano, Archivio apostolico vaticano, Segr. di Stato, a. 1848 (atti politici e amministrativi vari); Spogli curia, Spoglio Soglia Ceroni, b. unica; Roma, Museo centrale del Risorgimento, b. 23, f. 9; b. 68, ff. 34, 41; b. 74, ff. 64-65; b. 75, f. 3; b. 139, ff. 36, 43; Ancona, Archivio diocesano, Sezione di Osimo, bb. 74, 164, 207, 219, 220; Roma, Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Fondo Spada, 26.3.H.9/108, 26.3.H.10/11, -15, -36, -41, -46, -50. Tra le numerose testimonianze, cfr. L.C. Farini, Lo Stato romano dal 1815 al 1850, Firenze 1853, I, p. 150, II, pp. 145 s., 215 s., 263-266, 284-286, 304 s.; G.I. Montanari, Elogio dell’eminentissimo e reverendissimo principe signor cardinale G. S. C. vescovo di Osimo e Cingoli letto nel terzo giorno delle solenni sue esequie 14 agosto 1856 nella chiesa cattedrale di Osimo, Ancona 1856; G. Spada, Storia della rivoluzione di Roma e della restaurazione del governo pontificio, Firenze 1869, II, pp. 329, 386-392, 399-401, 440 s., 447, 502, 521; A. de Liedekerke de Beaufort, Rapporti delle cose di Roma (1848-1849), a cura di A.M. Ghisalberti, Roma 1959, ad ind.; A. Rosmini, Della missione a Roma di Antonio Rosmini-Serbati negli anni 1848-1849. Commentario, a cura di L. Malusa, Stresa 1998, ad indicem. Note biografiche in C. Weber, Kardinäle und Prälaten in den letzten Jahrzehnten des Kirchenstaates, Stuttgart 1978, II, pp. 522 s., e P. Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la curie romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Rome 2002, pp. 470-471. Maggiori dettagli in A. Serafini, Pio Nono. Giovanni Maria Mastai Ferretti dalla giovinezza alla morte nei suoi scritti e discorsi editi e inediti, I, Le vie della divina provvidenza (1792-1846), Roma 1958, pp. 660-662, 773, 1132-1137, 1169, 1754 s., e C. Grillantini, Il cardinale G. S. C. vescovo di Osimo segretario di Stato di Pio IX (1974), ora in Il card. G. S. C. servitore di cinque papi, a cura di P.G. Rinaldi Ceroni - A. Padovani, Casola Valsenio 2015, pp. 11-16. Per il periodo della segreteria di Stato, L. Pasztor, La Segreteria di Stato di Pio IX durante il triennio 1848-1850, in Annali della Fondazione italiana per la storia amministrativa, 1966, vol.3, pp. 308-365, e soprattutto G. Martina, Pio IX (1846-1850), Roma 1974, ad indicem (ma in partic. pp. 265-299). Su aspetti specifici dell’attività di S. C.: A. Gemelli - S. Vismara, La riforma degli studi negli Stati pontifici (1816-1824), Milano 1933, pp. 2 s., 10, 253, 256, 286-288; G. Parenti, Il cardinale G. S. C., segretario di Stato di Pio IX ed eminente giurista, in Divinitas, XIX (1975), pp. 237-242; Id., L’indole apologetica del Jus publicum ecclesiasticum del cardinale G. S. C., 1779-1856, in Divinitas, XX (1976) pp. 210-226; J. Listl, Kirche und Staat in der neueren katholischen Kirchenrechtswissenschaft, Berlin 1978, pp. 4-10, 236-244; G. Boni, Il cardinale G. S. C. e lo jus publicum ecclesiasticum, in Historia et ius, 2015, n. 8, (http://www.historiaetius.eu/num-8.html). Cenni in S. Zanardi, La filosofia di Antonio Rosmini di fronte alla Congregazione dell’Indice, 1850-1854, Milano 2018, pp. 153, 177.