SIOTTO PINTOR, Giovanni
– Nacque a Cagliari il 29 novembre 1805 da famiglia di origine spagnola. Il padre era Giovanni Maria Siotto e la madre Luisa Pintor. La famiglia aveva ricevuto da Carlo Felice nel giugno del 1827 il diploma di nobiltà, nel quale si formalizzava la concessione del titolo «in favore degli Avvocati Efisio Luigi, Antonio, Giovanni, e del Prodottore Giuseppe, fratelli Siotto Pintor, nella persona del fu loro padre avvocato Giovanni Maria, e dei loro discendenti maschi».
Sulla base di questo diploma e avvalendosi della consuetudine legale invalsa nell’isola, anche al fine di evitare gli equivoci legati alle frequenti possibili omonimie, Siotto Pintor usò sempre i due cognomi riuniti.
Nel ramo paterno è possibile trovare moltissimi giuristi e magistrati. Nella Storia moderna di Sardegna di Giuseppe Manno (Firenze 1858, p. 250) si afferma che il padre fu tra i giuristi incaricati di collaborare con la Reale Udienza negli anni della ‘Sarda rivoluzione’ (1793-96). Di questa tradizione Siotto Pintor fu sempre orgoglioso e in uno dei suoi ultimi scritti, dedicato anche nel titolo alla famiglia, ricordava di avere avuto tra gli antenati trentasette tra magistrati, avvocati, giuristi (Siotto Pintor, Modena 1873). Questa ascendenza contribuisce a spiegare la propensione per gli studi giuridici, mentre alla famiglia della madre deve essere attribuita la passione letteraria e il gusto tutto romantico per la poesia non solo in italiano, ma anche in sardo.
I primi studi li compì sotto la guida di due sacerdoti che lo indirizzarono alle discipline umanistiche e teologiche. Nel 1818 superò il corso di magistero e nel 1824 conseguì la laurea in utroque iure. Nel 1826 venne chiamato a far parte, come applicato, dell’ufficio fiscale patrimoniale di Cagliari. In questo ufficio dimostrò subito molta tenacia, zelo e competenza. Nel 1838 venne nominato giudice della Reale Udienza, la più alta magistratura dell’isola, nei cui uffici si caratterizzò per correttezza e dignità, così da conseguire solo tre anni dopo, nel 1841, il grado più elevato al suo interno. Contemporaneamente rivelava interessi letterari: nel 1825 fondò assieme ad amici e ai fratelli una ‘Accademia letteraria’, rivelando una straordinaria passione per la letteratura. Sono gli anni del cosiddetto risveglio culturale isolano, avviato dalla Storia di Sardegna di Manno (Torino 1825-1827) e caratterizzato dall’intento di tanti intellettuali isolani di studiare e valorizzare le vicende e i personaggi della storia patria, anche nella prospettiva di poter avviare in Sardegna una nuova e più incisiva stagione di riforme dopo quella ‘boginiana’ del secolo precedente. Al pari di altri esponenti della cultura isolana – come Pasquale Tola e Pietro Martini – Siotto Pintor ebbe con Manno, da tutti riconosciuto come una sorta di maestro e di nume tutelare, una ricca corrispondenza, che rivela però oltre a quali fossero i temi al centro degli studi e delle sue ricerche, anche un tono chiuso e provinciale e una forte vena di maldicenza, comune peraltro a tutti gli altri corrispondenti sardi, interessati principalmente a parlare male con Manno dei propri conterranei al fine di accreditarsi di un rapporto privilegiato con l’autorevole interlocutore torinese.
Dopo la ‘fusione perfetta’ del novembre 1847, di cui fu assieme al fratello Giuseppe uno dei principali ispiratori, passò all’amministrazione unitaria diventando consigliere presso la corte d’appello di Cagliari e proseguì la carriera fino a diventare nel 1861 consigliere della Corte di cassazione. Nel 1870 fu collocato a riposo con il titolo onorifico di presidente di Cassazione. Ricoprì numerosi incarichi presso società e accademie di tutta Italia. Insignito nel 1850 dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, al momento del pensionamento ricevette il titolo di ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia.
Ai compiti di magistrato e agli impegni di carattere culturale accompagnò una intensa attività politica e parlamentare. Negli anni Quaranta aderì pubblicamente alle idee e ai programmi giobertiani e assunse un ruolo importante di direzione nel movimento promosso dalle classi dirigenti isolane da cui presero impulso le manifestazioni che portarono alla fusione del Regno di Sardegna con gli Stati di Terraferma: vicende che segnarono la fine di un regime vecchio e ormai assolutamente fuori dal tempo e che portarono nell’isola una politica moderna, con lo Statuto e le elezioni per il Parlamento. È nota la fortissima polemica che proprio nel 1848 lo vide contrapposto a Giovanni Battista Tuveri, esponente di orientamento democratico vicino a Giuseppe Mazzini. Al centro dello scontro, icasticamente reso pubblico da Tuveri in un opuscolo che ebbe straordinaria fortuna in Sardegna – gli Specifici contro il codinismo (Cagliari 1848) –, vi era tra gli altri il tema della istruzione. Siotto Pintor riteneva che i poco più che cento studenti delle due Università di Cagliari e Sassari fossero una cifra imponente e tale da stravolgere l’assetto culturale e sociale dell’isola. Nelle prime elezioni del 1848, comunque, sia lui sia Tuveri vennero eletti. Siotto Pintor riuscì vincitore in cinque collegi e per sorteggio venne chiamato a rappresentare quello di Nuoro. Ritornò alla Camera nella IV legislatura e nella VI (suppletive del collegio di Sanluri, 1858). Successivamente la nomina a sostituto procuratore della Cassazione non gli consentì di esercitare il mandato. Fu però nominato al Senato. È noto l’episodio accaduto al suo esordio alla Camera alta, quando prese a schiaffi il portiere che lo respingeva all’ingresso per il fatto che era abbigliato secondo la moda isolana. Dal Senato si dimise nel 1873, avendo maturato quelle idee critiche sulla ‘fusione perfetta’ che lo portarono successivamente a definire le vicende del 1847 come un grave errore politico. Sia alla Camera sia al Senato fu molto attivo, intervenendo sui principali temi del dibattito politico di quegli anni, e in particolare su questioni di politica estera – dove espresse sempre posizioni fortemente antifrancesi – e sui rapporti tra Stato e Chiesa (matrimonio civile, potere temporale del papa) e sulla necessità che Roma diventasse capitale d’Italia. Quando venne diffusa in Sardegna la voce di una eventuale cessione dell’isola alla Francia in cambio della possibilità di nuove acquisizioni sul continente, scrisse un violento pamphlet antifrancese, Intorno alle voci di cessione dell’isola di Sardegna. Considerazioni, dichiarazioni, protesta dei Popoli Sardi (Milano 1861). Sul tema di Roma capitale e sulla fine del potere temporale dei papi, devono essere ricordati due scritti: Lettera cattolica ai vescovi adunati in Roma (Firenze 1862) e Intorno al potere temporale dei Pontefici (Milano 1864).
Fino alla morte si impegnò in una intensa attività pubblicistica. Raffaele Ciasca attribuisce a Siotto Pintor 98 scritti. Tito Orrù ha completato l’elenco con gli articoli, gli interventi parlamentari, gli opuscoli, giungendo a oltre ottocento schede relative all’attività di un cinquantennio: una produzione veramente notevole, il cui elenco attende di essere completato.
La sua prima opera importante fu la Storia letteraria di Sardegna, che apparve in quattro volumi a Cagliari tra il 1843 e il 1844. Si tratta di un lavoro fortemente influenzato dal modello di Girolamo Tiraboschi, notevole per accuratezza e completezza di dati. Nell’opera, al pari di tutti gli altri intellettuali sardi del periodo – come Martini, Vittorio Angius, Giovanni Spano – l’autore rivendicava l’italianità dell’isola («italiani siam noi d’indole, di costumi e di governo, e se più miseri dei popoli delle altre provincie, non perciò meno degni della nostra origine»: I, 1843, p. 18) e «il valore e l’attitudine dei sardi a ogni maniera di scienze e di lettere» (p. 89). Alla Storia letteraria nocque però l’asprezza dei giudizi espressi nell’ultimo volume nei confronti di molti autori contemporanei. Lo stesso governo piemontese espresse un esplicito rincrescimento per questa polemica dannosa alla politica sabauda nell’isola, vietandogli con una lettera del ministro Salvatore Pes di Villamarina di pubblicare un altro scritto, Degli uffici dei magistrati e della virtù civile, che poté essere stampato solo successivamente alla concessione dello Statuto.
Dopo essere stato attratto per un breve momento dalle teorie di Vincenzo Gioberti, Siotto Pintor rifletté sulle sfortunate esperienze del 1848-49 e pubblicò Le speranze vere d’Italia (Cagliari 1851), che si richiama esplicitamente all’opera di Cesare Balbo. Altre opere significative riguardarono il tema della riforma degli ordinamenti amministrativi dello Stato (La vita nuova, ossia rinnovamento delle istituzioni e degli ordinamenti dello Stato, I-II, Torino 1869-1873) e una riflessione sugli elementi più diffusi dei pregi e dei difetti nel temperamento nazionale (Potenza del carattere umano, Torino 1875).
Pubblicata negli ultimi anni della vita, la Storia civile dei popoli sardi dal 1798 al 1848 (Torino 1877) è forse la sua opera più significativa. Appare sorprendente fin dal titolo, con quell’aggettivo che sta a indicare un modo del tutto nuovo e inusuale per l’autore di accostarsi ai temi politici: «vi si vedrà la parte filosofica della storia, la fisionomia morale ed intellettiva de’ popoli, il governo e le leggi, la religione e i costumi, le arti e le scienze» (pp. 8-9). Al centro una riflessione amara e autocritica sul decadimento delle istituzioni del Regno di Sardegna e su quella che, a posteriori, gli apparve una ‘follia collettiva’, la rinuncia all’autonomia politica: «errammo tutti [...] accomunando con lo stato economico del paese la politica e volendo, adolescenti ancora, misurarci co’ popoli di civiltà compiuta; e non pensammo che se il regno di Carlo Alberto avevaci abilitati a muovere passi lesti e sicuri, non però potevamo in pochi lustri avere appresa l’arte di volare» (p. 476).
Morì a Torino il 24 gennaio 1882.
Fonti e Bibl.: I discendenti hanno a suo tempo (1965-66) fornito al biografo principale – Tito Orrù – notizie sulla lunga tradizione della famiglia. Solo molto di recente sono stati messi a disposizione i voluminosi e puntigliosi diari personali (in particolare un manoscritto del 1878, indicato come Autobiografia), la cui trascrizione però deve essere di fatto avviata, e che solo molto parzialmente è stato possibile utilizzare per la stesura di questa voce. A. De Gubernatis, Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, pp. 948 s.; G. Arnaudo, G. S. P., in La Gazzetta letteraria, 4 febbraio 1882; C. Bruno, Commemorazione del Senatore G. S.P., Cagliari 1882; G. Dedoni, Il Senatore G. S. P., in La Bandiera sarda, 2 e 5 febbraio 1882; F. Vivanet, G. S. P. nella politica e nelle lettere, Cagliari 1899; A. Levi, Sardi del Risorgimento, in Archivio storico sardo, XIV (1923), pp. 200-202; F. Farci, G. S. P., Cagliari 1924; R. Ciasca, Bibliografia sarda, IV, Roma 1934, pp. 184-194; A. Scano, G. S. P. nella vita e nelle opere, in Convivium, VIII (1935), pp. 859-874; F. Loddo Canepa, I giuristi sardi del secolo XIX, Cagliari 1938, pp. 10, 14; M. Serra, G. S. P., Cagliari 1940; P.M. Arcari, Il Quarantotto in Sardegna, in Il 1848 nella storia italiana ed europea, a cura di E. Rota, Milano 1948, pp. 538 s., 548; T. Orrù, G. S. P., scrittore e uomo politico. Bibliografia ragionata e notizie sugli inediti, Sassari 1966 (si tratta del lavoro più completo e attendibile su Siotto Pintor); G. S. P. e i suoi tempi. Giornata di studi, Cagliari 1985; G. Sotgiu, Storia della Sardegna dopo l’Unità, Roma-Bari 1986, pp. 59-61 e ad ind.; A. Accardo, La nascita del mito della nazione sarda, Cagliari 1996, ad indicem.