COMANDÈ (Cumandeo), Giovanni Simone
Figlio del pittore Stefano (allievo di Polidoro da Caravaggio, del quale il Grosso Cacopardo ricorda, sulla base del Gallo [1755, p. 185], due riquadri affrescati già distrutti nel 1783), nacque a Messina. Non è precisabile la data, che il Susinno (1724) riporta al 1558 circa; lo Hackert (1792) al 1588; il Grosso Cacopardo (1821) e G. La Farina (1840) al 1580. La più probabile, tuttavia, sembrerebbe essere, quella indicata dal Susinno poiché una Crocifissione, che, esisteva nel duomo di Taormina, oggi perduta, ma vista da C. La Farina (1835) e dal La Corte Cailler (1902), recava la firma e la data 1595.
Secondo le notizie riportate concordemente dai biografi, studiò prima lettere; quindi fu messo a bottega presso Deodato Guinaccia. Fu poi mandato, a pubbliche spese, a studiare pittura a Venezia presso il Veronese. Tornato a Messina, costituì un'attiva bottega con il fratello Francesco. Morì a Messina di angina, secondo il Susinno nel 1630; secondo il Grosso Cacopardo nel 1633; e secondo il La Farina nel 1626.
Delle molte opere ricordate dal Susinno, primo biografo del C., già il Grosso Cacopardo (1821) tentava una revisione critica, cercando di distinguerne la mano da quella del fratello Francesco. In seguito però né la storiografia locale, se si escludono i brevi interventi di C. La Farina e del La Corte Cailler, né la critica moderna si sono occupate di questa personalità artistica che parrebbe la più importante della famiglia Comandè.
Nel tracciare il profilo del pittore, i biografi tendono a distinguere due periodi: uno guinaccesco ed uno influenzato dall'arte veneta. Perduta o non identificata purtroppo l'opera sua più antica, la Crocifissione firmata e datata 1595, che avrebbe potuto costituire una testimonianza importante della prima attività del C. in rapporto con il presunto alunnato presso il Guinaccia ricordato dal Susinno, è impossibile assegnargli con certezza quella Adorazione dei Magi già in S. Maria di Basicò ed oggi al Museo regionale di Messina, che, se sua, potrebbe costituire l'opera più indicativa di questo periodo.
Difatti il Susinno, che gliela attribuiva sulla testimonianza di un manoscritto del Samperi, contemporaneo del pittore, avvisava esere diversa dalle altre opere del C. e simile ad un'altra Adorazione dei Magi dipinta per la Confraternita di S. Rocco firmata e datata 1594, oggi purtroppo non identificata. L'Adorazione dei Magi di S. Maria di Basicò, che il Grosso Cacopardo e G. La Farina attribuivano invece al fratello Francesco è vicina ai modi di Catalano l'Antico e, al là del motivo iconografico che deriva ancora dall'Adorazione dei Magi di Cesare da Sesto già in S. Nicolò dei Gentiluomini a Messina ed ora a Capodimonte, a Napoli, si mostra orientata verso modi barocceschi largamente diffusi nell'Italia meridionale e a Napoli.
Al di là della questione attributiva che deve necessariamente restare, sospesa finché non vengano chiarite anche le modalità della diffusione di questa cultura finora ancorata alla personalità del Catalano, che ritornò in Sicilia nel 1598, è difficile anche instaurare un rapporto tra questo dipinto e le altre opere improntate a caratteristiche stilistiche più tarde e diverse. Di questa seconda fase, a partire dalla Vocazione di s. Andrea già in S. Andrea ed ora al Museo regionale di Messina, concordemente attribuitagli, alla S. Caterina, pure al Museo, firmata e datata 1623, le opere a lui già riferite o riferibili si mostrano aggiornate su alcuni aspetti della cultura napoletana e non tralascianonemmeno notazioni di tipo realistico e contrasti chiaroscurali di tipo caravaggesco anche se sovrapposti ad un impianto tardomanieristico.
L'esame delle opere rimaste lascia pertanto perplessi circa un soggiorno in ambiente veneto così come vuole la storiografia locale; né convince molto, ai fini di un aggiornamento in un ambiente pittorico diverso da quello messinese, la traccia fornita da A. Bertolotti che nel 1616 si trovava a Roma un Gian Giacomo figlio di Giovanni de Commendinis pittore messinese (Alcuni art. siciliani..., in Arch. stor. siciliano, n.s., IV [1879], p. 160).
In effetti nella Vocazione di s. Andrea, di cui esiste una replica nella chiesa madre di S. Stefano Medio, l'impianto luministico, che sembra richiamare esperienze veneto-bassanesche, dà vita ad una composizione dove l'evidenza contenutistica dell'episodio viene espressa con una chiarezza e con un naturalismo semplificato, tali da richiamare aspetti del Santafede dopo il 1609.
Questo senso profondamente religioso, che si esprime con toni bassi e pacati, caratterizza anche le altre opere, che, ricordate dalle fonti, sono a noi pervenute: la Madonna col Bambino e s. Giuseppe proveniente da S. Anna degli Scalzi, datata 1617, e il S. Antonio abate proveniente da S. Antonio e poi nella chiesa dell'Addolorata (ambedue ora conservate al Museo, in pessime condizioni); e la Vergine di Porto Salvo ed il S. Antonio di Padova, nella chiesa di Gesù e Maria al Ringo, questo ultimo da identificarsi probabilmente con quello ricordato dagli storici nella chiesa di S. Maria di Gesù Inferiore; la Madonna tra s. Caterina e s. Nicolò della chiesa dello Spirito Santo, forse la stessa che si trovava una volta nella chiesa della Provvidenza (Gallo, Grosso Cacopardo, La Farina).
Inoltre, per le affinità con le opere documentate e soprattutto con la S. Caterina del Museo firmata e datata 1623, gli si potrebbero attribuire alcune opere conservate in provincia di Messina, quali il Cristo tra due sante nella chiesa madre di Roccavaldina, la Madonna tra i ss. Pietro e Paolo della chiesa parrocchiale di Bordonaro e la Madonna tra s. Domenico e s. Caterina della chiesa di Forza d'Agrò.
Queste ultime opere codificate sui tipici esempi delle pale controriformate, se per certi aspetti di severità contenutistica ed espressiva continuano a richiamare il Santafede, assorbono anche elementi della cultura pittorica locale per i rimandi che si possono istituire ad alcuni dipinti di Antonio Catalano il Vecchio, di Antonio Catalano il Giovane e di Gaspare Camarda, questi ultimi a lui contemporanei, cui poté essere debitore per certe finezze paladinesche.
Fonti e Bibl.: F. Susinno, Le vite de' pittori messinesi [1724], Firenze 1960, pp. 121 ss.; A. Mongitore, Mem. dei pittori... sicil. [sec. XVIII], a cura di E. Natoli, Palermo 1977, pp. 47, 100; C. D. Gallo, Annali della città di Messina... [1755], I, Messina 1877, pp. 99-102, 105, 120, 131, 142, 167, 150, 185, 193; F. Hackert, Mem. de' pittori messinesi, Napoli 1792, pp. 28, 30; G. Grosso Cacopardo, Mem. dei pitt. messin., Messina 1821 p. 93 (p. 65 per Stefano); C. La Farina, Intorno le belle arti, e gli artisti... in Messina, Messina 1835, p. 82; G. La Farina, Messina e i suoi mon., Messina 1840, pp. 30, 35, 42, 48, 72, 143; G. Grosso Cacopardo, Guida per la città di Messina, Messina 1841, pp. 6, 13, 26, 54, 95; G. La Corte Cailler, Alcune opere d'arte osservate in Taormina, in Atti della R. Accad. Peloritana, XVII (1902-03), p. 87; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 266 (anche per Stefano); Diz. encicl. Bolaffi dei pittori…, III, p. 405 (anche per Stefano).