SANTASOFIA, Giovanni
SANTASOFIA, Giovanni. – Nacque a Padova, intorno al 1330, da Niccolò Santasofia, primo medico celebre della famiglia (morto dopo il 1351, forse discepolo di Pietro d’Abano e forse docente, coautore di un fortunato ricettario).
Fu fratello maggiore del medico Marsilio e di Fiordiligi, moglie del giurista Niccolò Lorenzi (legato alla Curia vescovile e ai Da Carrara), genitori del medico Giovanni e di Giacomo; fu padre di Galeazzo, Francesco, Bartolomeo e Giovanni, tutti e quattro medici, e di Taddeo; il primo fu padre del medico Niccolò, il terzo del medico Bartolomeo.
La famiglia, di probabile origine padovana, annoverata tra le ottantatré nobili della città che nel 1372 vennero riunite a consiglio dal signore carrarese Francesco il Vecchio, si affermò come «gloriosa domus» per l’eccellenza nella tradizione di studi medici e per il prestigio grazie a essi raggiunto: «[...] et in hoc literarum genere famosissimos et pene innumerabiles medicine doctores habuit, nam ei tanta ad colendam medicinam cura fuit, ut, quosquos masculos pareret, omnes ad eam sectandam dedicaret [...]» (M. Savonarola, Libellus..., a cura di A. Segarizzi, 1902, p. 36, rr. 28-30).
A partire dai primi anni del Duecento, e poi soprattutto nel periodo postezzeliniano, lo Studio di Parigi costituì, ancor più che Bologna, una tappa importante per la formazione di artisti e medici padovani noti e meno noti e luogo di interscambio e circolazione di testi. Emblematica, nella prima metà del Trecento, l’iniziativa di Ubertino da Carrara, su suggerimento di Gentile da Foligno, di finanziare dodici studenti padovani nei loro studi di arti e medicina a Parigi. A fare da sfondo all’ascesa dei primi Santasofia, fu comunque il dominio della letteratura medica e dell’insegnamento della disciplina affermatisi nello Studio di Padova – in contemporanea ai centri universitari di Bologna, Parigi e Montpellier – tra il 1270 e il 1320, attraverso la circolazione, lo studio e l’esegesi di alcune opere: il ‘nuovo’ Galeno, l’Articella, il Canone di Avicenna (di questo, pienamente inserito nel curriculum universitario padovano, il medico Giovanni Mondino da Cividale del Friuli commentò tutto il primo libro, seguito da Gentile da Foligno che dell’opera fece un commento integrale), opere di autori arabi ed ebrei, opere di Aristotele, quasi tutte note ai primi maestri padovani, a Pietro d’Abano e presenti anche nelle biblioteche di alcuni conventi della città.
Non si hanno notizie sulla sua formazione di base, verosimilmente avvenuta nelle scuole locali di grammatica. La prima attestazione di Giovanni rintracciata nei documenti padovani (notarili e universitari) riguarda la sua laurea in medicina conseguita il 10 agosto 1353. Venne aggregato al Collegio dei dottori medici e artisti, e risulta attestato come membro, in maniera discontinua, sino al 1377, durante una fase storica caratterizzata dall’opposizione tra l’universitas dei giuristi e quella degli scolari artisti e medici, dipendente allora dalla prima e che avrebbe conquistato la sua autonomia soltanto nel 1399.
Il 16 luglio 1354 era in contrada Parenzo nella sua casa (probabilmente quella paterna) dove, a nome di Pataro del fu Duce Buzzacarini e del priore del Collegio (commissario testamentario), versò la dote di Orsolina figlia del fu Antonio Magnani da San Tommaso fisico al marito Bonifacio del fu Accursio. Il 12 febbraio 1359, assieme al medico Bartolomeo Campo, partecipò all’affidamento dell’insegnamento di logica a Giovanni Dondi Dall’Orologio; probabilmente sostenne Campo quando il 3 febbraio 1360 fu scelto per intercedere presso Pileo da Prata, vescovo di Padova, affinché intervenisse come arbitro nella controversia tra scolari artisti e giuristi.
Dopo i primi anni di insegnamento padovano, fu invitato per un biennio presso lo Studio di Perugia, in un periodo florido per quella istituzione, incaricato dell’insegnamento (forse di medicina pratica) dal 1° novembre 1364, con un salario annuale di 250 fiorini. È testimoniato nel 1366 come lettore alla cattedra ordinaria sui libri I e IV del Canone e per la disputa di una quaestio al I libro della Tegni di Galeno sulla latitudo sanitatis. Tornò poi a Padova, dove riprese l’insegnamento e ricoprì l’incarico di priore del Collegio tra il 1367 e il 1368. Nel 1369, assieme ai medici Nicolò da Rio e Dondi Dall’Orologio, fu incaricato di riformare gli statuti del Collegio, e l’anno successivo, con Uguccione da Rio, della revisione di pecie.
È attestato come testimone o promotore a tentamina, esami privati e pubblici dottorati, già dal 1355; il 29 giugno 1370 fu promotore, per la prima volta, assieme al fratello Marsilio, cui fu sempre molto legato. Pochi mesi dopo, il 21 ottobre, accettò (come emerge da una lettera di suo pugno) di porsi al servizio di Luigi II Gonzaga signore di Mantova, probabilmente in qualità di archiatra, per poi tornare a Padova qualche anno dopo, dove risulta attestato il 24 maggio 1375 con il fratello.
Come il padre, anche Giovanni ebbe rapporti con il vescovato, almeno per un decennio: è attestato come medico curante di Pileo da Prata al quale, il 7 maggio 1360, chiese il rinnovo di una decima, condivisa con il noto speziale Antonio, detto Antolino, del fu Giovanni (legato ai Da Carrara), come compenso per le cure; assieme a Marsilio curò poi Elias Beaufort, dal quale, il 15 ottobre 1371, i due fratelli ricevettero la conferma di un feudo.
Prima del febbraio 1376 tornò sulla quaestio perugina del 1366, in accesa polemica con il medico Albertino Rinaldi da Salso di Piacenza, docente a Pavia, al quale Giovanni rispose con un Tractatus. Nel 1376, per la terza volta eletto priore del Collegio, fu incaricato, assieme a Dondi dall’Orologio e a Giacomo da Arquà, di compilare una nuova redazione degli statuti (tuttora non identificata o dispersa). Lettore della Tegni (della quale fu interprete innovativo) a Padova nell’anno accademico 1376-77, venne richiamato per un triennio a Perugia, dove lo Studio viveva una fase difficile, e incaricato dal 1° ottobre 1380, con un salario annuale di 340 fiorini senza trattenuta della gabella, della lettura di «medicina seu fisica [...] ordinarie de mane» (Pesenti, 2003, p. 92): non risulta però fra i lettori dell’anno accademico 1382-83. Il 29 ottobre 1383 venne rieletto, forse per l’anno accademico 1384-85, ma quasi certamente rifiutò l’incarico. Nel 1382 è infatti attestato come tutore di Mabilia e Angela, orfane di Galvano Cappelli, cognato di Giacomo da Arquà; il 31 dicembre 1383 partecipò, assieme a Marsilio, a una riunione della fraglia (corporazione di mestiere cittadina) dei medici, della quale fu membro. Rifiutò, probabilmente, anche l’incarico offerto dallo Studio di Bologna nel 1384.
Assieme al fratello, fu promotore a ben ventidue tra esami privati e pubblici dottorati tra il 1385 e il 1387, compresa la licenza in arti congiunta, il 25 aprile 1386, di tre dei suoi figli: Galeazzo, Francesco e Bartolomeo; il primo e il terzo conseguirono la laurea in medicina il 18 gennaio 1390 assieme a Guglielmo, figlio di Marsilio. Il 20 febbraio 1386, venne eletto gastaldo della fraglia, mentre Marsilio assunse la carica semestrale di massaro. Dopo il rifiuto di un lettorato e di un incarico come medico condotto a Lucca, accettò per l’anno accademico 1388-89 la cattedra principale assegnata a Bologna, la «lectura medicine de mane» (p. 133). Morì, tuttavia, prima del 26 giugno 1389.
Di Giovanni rimangono anche memorie come pratico, così come riportato nel suo epitaffio (B. Scardeone, De antiquitate urbis..., 1560, p. 204). Ebbe tra i suoi pazienti illustri – che evidenziano la fama europea della famiglia, inaugurata dal capostipite – Luigi re d’Ungheria, alleato del carrarese Francesco il Vecchio, già destinatario di una ricetta di Niccolò e al quale Giovanni rivolse i suoi consigli, e probabilmente Sigismondo di Lussemburgo re d’Ungheria, per il quale scrisse una ricetta; Marsilio poi, di quest’ultimo, sarà archiatra.
Monarcha medicine (Pesenti, 2003, p. 107), profondamente influenzato dalla cultura petrarchesca, rinnovò in maniera significativa, e in misura maggiore rispetto al fratello, l’insegnamento della medicina universitaria a Padova nella seconda metà del Trecento.
Durante i primi anni di docenza, Giovanni trascrisse e curò il primo testo medico-farmacologico composito padovano sinora noto, che concluse prima del 1363: la silloge di circa 540 ricette mediche (experimenta), per malattie sia comuni sia non comuni, prescritte, per la prima parte, dal padre Niccolò e dai suoi colleghi Bartolomeo Campo e Antonio Magnani da San Tommaso; per la seconda, da empirici ed esponenti noti e meno noti della disciplina, sia padovani sia forestieri legati a Niccolò: in particolare – parterre des rois della medicina universitaria dell’epoca – Taddeo Alderotti, Pietro d’Abano, Dino Del Garbo, Gentile da Foligno. Molte, infine, sono le ricette anonime. Fu questa l’opera che anticipò le future fortune familiari e che ebbe vasta diffusione, soprattutto Oltralpe.
Fu autore di propri experimenta e di importanti Commenti: quello alla Tegni, il primo commento completo all’opera redatto a Padova sinora noto; quello al I libro del Canone e alla fen XXI del III libro. Scrisse anche Consilia, come il Consilium ad pestilentiam ad Utinenses, quasi certamente per gli eventi del 1382 (Udine venne colpita da una pestilenza); Propositiones, originate probabilmente dalle lezioni sul I libro del Canone, molto ricercate e studiate nei territori tedeschi; un Compendium chirurgiae; una quaestio al I libro della Tegni sulla latitudo sanitatis; un Tractatus de corpore egro simpliciter, scaturito dalla polemica con Albertino Rinaldi da Salso di Piacenza.
Fonti e Bibl.: B. Scardeone, De antiquitate urbis Patavii et claris civibus Patavinis, libri tres, Basileae, apud Nicolaum episcopium iuniorem 1560, p. 204; M. Savonarola, Libellus de magnificis ornamentis regie civitatis Padue, in RIS2, XXIV, 15, a cura di A. Segarizzi, Città di Castello 1902, ad indicem.
A. Castiglioni, Santa Sofia, Giovanni di, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, vol. 30, Roma 1949, p. 778; T. Pesenti, Peregrinatio academica e monarchae medicinae: studenti attorno ai Santasofia, in Studenti, università, città nella storia padovana. Atti del Convegno, Padova, 6-8 febbraio 1998, a cura di F. Piovan - L. Sitran Rea, Trieste 2001, pp. 117-125; Ead., Marsilio Santasofia tra corti e università. La carriera di un «monarcha medicinae» del Trecento, Treviso 2003 (si rimanda a questa opera per documenti di archivio, manoscritti e bibliografia retrospettiva relativi a Giovanni, agli altri medici della famiglia, al contesto storico-scientifico nel quale vissero); G. Ongaro, La medicina durante la signoria dei Carraresi, in Padova Carrarese, a cura di O. Longo, Padova 2005, pp. 185-202; T. Pesenti, “Patavi autem duo”. Il secondo medico padovano del Petrarca, in Petrarca e la medicina. Atti del Convegno di Capo d’Orlando, 27-28 giugno 2003, a cura di M. Berté - V. Fera - T. Pesenti, Messina 2006, pp. 229-245; Ead., Libri di medicina tra Padova, Bologna e Montpellier nel secolo XIV, in Les élites lettrées au Moyen Âge. Modèles et circulation des savoirs en Méditerranée occidentale (XIIe-XVe siècles). Actes des séminaires du CHREMMO réunis par P. Gilli, Montpellier 2008, pp. 135-153; S. Zucchini, Università e dottori nell’economia del comune di Perugia. I registri dei Conservatori della Moneta (secoli XIV-XV), Perugia 2008, ad ind.; Da signori feudali a patrizi. I Fontaniva tra Medioevo e Rinascimento, a cura di E. Martellozzo Forin, Fontaniva 2010, ad indicem.