SALVIATI, Giovanni
– Nacque a Firenze il 24 marzo 1490, primogenito di Jacopo e di Lucrezia de’ Medici, figlia di Lorenzo il Magnifico.
Fu l’unico dei dieci fratelli a frequentare lo Studio fiorentino, come il padre. Dopo l’elezione dello zio Giovanni al soglio pontificio, con il nome di Leone X, fu avviato alla carriera ecclesiastica, divenendo in rapida sequenza protonotario e poi cardinale il 1° luglio 1517. Per l’occasione fu portato in trionfo nel duomo di Firenze il 26 luglio (Cambi, 1786, pp. 126 s.). I benefici si accumularono negli anni successivi: vescovo di Fermo (1518) e poi di Ferrara (1520), titolare di diverse abbazie in Lombardia e in Francia, poteva contare sulla cospicua entrata di circa 8000 ducati annui, arricchita dal patrimonio familiare (Hurtubise, 1985, pp. 153 s.).
Raffinato lettore, ricevette la copia fresca di stampa dell’Arte della guerra di Niccolò Machiavelli e lodò l’autore per aver «al perfettissimo modo di guerreggiare antico [...] aggiunto tutto quello che è di buono nel guerreggiare moderno» (Lettere..., 1581, Roma 6 settembre 1521). Con la morte di Leone X, la carriera di Salviati subì un arresto, ma riprese con slancio dopo l’elezione di Clemente VII, che dal novembre 1524 gli affidò l’importante legazione di Lombardia, in un periodo di intenso conflitto militare franco-asburgico. Poco prima della battaglia di Pavia accolse a Piacenza il cognato Giovanni de’ Medici, ferito in una scaramuccia. Dopo la disfatta dei francesi e la cattura di Francesco I, il papa decise di inviarlo come legato alla corte spagnola, con il delicato compito di ricucire i rapporti con Carlo V.
Fu accolto freddamente a Barcellona nell’estate del 1525 e dovette attendere non poco prima di essere ammesso alla presenza dell’imperatore. Restò in Spagna fino al settembre del 1526, quando fu sostituito dal nunzio Baldassarre Castiglione e inviato come «procurator ad componendam pacem» (Fraikin, 1906, p. 108) in Francia. Le terribili notizie del sacco di Roma lo raggiunsero a Parigi, da dove scrisse una commovente lettera a Castiglione per informarlo della devastazione in corso e della prigionia del papa (von Pastor, 1926, pp. 724-726). Gli sforzi diplomatici del legato furono tesi a fare pressione sugli imperiali perché rilasciassero Clemente VII. Francesco Guicciardini nella Storia d’Italia (XVIII, 12) lo criticò per non essersi messo subito alla mercé dell’imperatore, ma Salviati si oppose silenziosamente all’iniziativa del cardinale Thomas Wolsey che voleva arrogarsi il diritto di gestire la Chiesa durante la cattività del papa. Quando quest’ultimo finalmente riuscì a fuggire a Orvieto nel dicembre del 1527, Salviati si congratulò per la liberazione, scusandosi se per ragioni di prudenza non aveva potuto scrivergli con la frequenza che avrebbe desiderato. Nel marzo del 1528 gli indirizzò una serie di consigli su come mantenere la neutralità nei confronti delle massime potenze europee.
Salviati restò in Francia per la firma del trattato di Cambrai nell’agosto del 1529. Giunse a Bologna in novembre per assistere all’incontro fra il papa e l’imperatore, che fu incoronato il 24 febbraio 1530. Da Parma favorì i movimenti militari per l’assedio di Firenze, rallegrandosi per la sconfitta della Repubblica e il ritorno dei Medici. Conservò molta influenza in Curia secondo il giudizio dell’ambasciatore veneziano Antonio Soriano: «persona di grande intelletto, prudente e ben pratico, per le legazioni, ispana e francese da lui benissimo sostenute; per lo che il suo giudizio è molto stimato e dal papa e dal resto della corte. E Sua Santità si serve di lui nel consiglio, e forse più che non fa del padre» (Relazioni..., 1846, alla data 3 luglio 1531). L’opposizione di Salviati al duca Alessandro, tuttavia, divenne esplicita dopo la morte di Clemente VII nel 1534. Il cardinale lasciò Firenze e si unì ai fuoriusciti capeggiati da Filippo Strozzi. Si recò a Napoli a fine 1535 per incontrare Carlo V in difesa degli esuli fiorentini contrari al duca, che nel frattempo aveva sposato Margherità d’Austria, rafforzando i suoi legami con l’imperatore.
Dopo l’assassinio di Alessandro, nel gennaio 1537, Salviati si recò a Firenze con un piccolo esercito mercenario, ma venne persuaso a licenziare le truppe e a negoziare con il nipote Cosimo (figlio di sua sorella Maria). Partecipò senza troppo entusiasmo alla spedizione militare che si concluse tristemente a Montemurlo, con la disfatta dei fuoriusciti. Il sospetto del sostegno alla parte francese provocò il blocco dei suoi benefici in territorio imperiale. Tramite Bartolomeo Cavalcanti, allora in Francia, cercò di mantenere i rapporti con Piero Strozzi e gli altri figli di Filippo, il quale, suicidandosi in cella nel 1538, aveva lasciato un’eredità di vendetta contro il duca di Firenze.
Le tensioni con Paolo III, che lo privò della lucrosa legazione lombarda, fecero oscillare verso il partito asburgico anche Salviati, che non si schierò mai in modo definitivo. Nel 1542 cercò invano di persuadere alla pace il re di Francia e l’imperatore, con la mediazione del cardinale Ercole Gonzaga. Rientrato a Firenze nel 1545, si riallineò ufficialmente con il nipote ma i tentativi di riconciliarsi furono superficiali. Nel marzo del 1546 fu travolto dalla furia pontificia a causa delle presunte persecuzioni dei frati di S. Marco da parte di Cosimo. Alla morte di papa Farnese, il 10 novembre 1549, Salviati era considerato uno dei papabili. Il pronostico di Paolo Giovio su di lui «come animale anfibio, che non si sa dove penda, doverebbe esser suggetto degno per molte buone parti che in esso sono» (Lettere, 1956-1958, II, p. 154) si rivelò troppo ottimistico. Durante il lungo conclave si manifestò la ferma ostilità di Cosimo e di Carlo V che, dopo la morte del cardinale Niccolò Ridolfi nel gennaio 1550, favorì l’elezione di Giulio III.
Fu l’ultima delusione nella carriera di Salviati, il quale morì a Ravenna il 28 ottobre 1553.
Salviati fu una influente figura di cardinale nipote, non privo di qualità intellettuali, che cercò sempre di collocarsi super partes, senza mai riuscire veramente nei suoi disegni. Come diplomatico, mostrò di avere le doti di doppiezza e dissimulazione necessarie ai suoi uffici, ma come politico non arrivò mai a schierarsi con decisione ed efficacia in nessuno scontro di rilievo. La sua esclusione dal papato nei conclavi del 1534 e soprattutto del 1549-50 fu il risultato della sua percepita debolezza.
Egli era un bon vivant, amante dei piaceri terreni e delle raffinatezze artistiche. Ebbe rapporti amichevoli con Michelangelo e fu coinvolto con il cardinale Ridolfi e con Innocenzo Cybo nell’erezione delle tombe dei papi della famiglia Medici a S. Maria sopra Minerva a Roma, chiesa domenicana la cui confraternita era stata designata come erede dalla madre Lucrezia. Commissionò una tazza d’argento a Benvenuto Cellini, che lo apostrofò nella propria autobiografia (Vita, I, cap. 57) «Cardinal bestia» . Fu un modesto committente letterario in rapporto ai suoi mezzi, nonostante la sua numerosa familia (si veda, ad esempio, il ms. Lucca, Biblioteca governativa, 1438, cc. 9r-15v, Laurentius Claricius Gambarus, De anima ad tirones, con una lettera dell’autore che dedica l’opera incompleta a Salviati, cc. 1-2). Fu tuttavia amico di Machiavelli e di Ludovico Ariosto, che lo ricordò nel Furioso (XXVI, ottava 49) fra i cardinali nemici del «brutto mostro» (la crisi della fede cristiana), mentre Pietro Aretino gli indirizzò una lettera nell’ottobre del 1545 dopo il suo ritorno a Firenze (1999, n. 89).
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Francia, 1 (lettere parzialmente edite da Ehses, 1893); Fondo Pio, 53. Carte su Salviati sono nei fondi dell’Archivio di Stato di Firenze, Arch. Accolti, Mediceo avanti il Principato, Mediceo del Principato, Minute e Carteggio universale di Cosimo; Pisa, Scuola normale superiore, Arch. Salviati (documenti finanziari); Archivio di Stato di Mantova, Copialettere Davari; inoltre: C. Guasti, Le Carte Strozziane del R. Archivio di Stato in Firenze. Inventario. Serie prima, Firenze 1884 e 1891, passim. Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio Salviati (con molti importanti inediti); Barb. lat., 5788-5793: Copialettere del cardinale [Ercole] Gonzaga, passim; Urb. lat., 879, cc. 120r-125v (lettera di Salviati a Cosimo I de’ Medici, Roma, 16 marzo 1546).
Lettere di Principi..., I-III, Venezia 1581, ad ind.; G.B. Adriani, Istoria de’ suoi tempi, Venezia 1587, ad ind.; G. Cambi, Istorie, III, Firenze 1786, pp. 126 s., 213; B. Segni, Storie fiorentine, Milano 1805, ad ind.; G. Molini, Documenti di storia italiana copiati su gli originali autentici e per lo più autografi esistenti in Parigi, Firenze, I, 1836; II, 1837, ad indices; I. Nardi, Istorie della città di Firenze, Firenze 1838-1841, ad ind.; Relazioni degli ambasciatori veneti al senato..., edita da E. Alberi, s. 2, III, Firenze 1846, pp. 69, 127, 133, 279; B. Varchi, Storia fiorentina, Firenze 1858, ad ind.; A. Desjardins, Négociations diplomatiques, II, Paris 1861, pp. 782-784; III, 1865, pp. 13 s.; S. Ehses, Römische Dokumente... (1527-1534), Paderborn 1893, ad ind.; J. Fraikin, Nonciatures de Clément VII, I, Depuis la bataille de Pavie jusqu’au rappel d’Acciaiuoli (25 février 1525-juin 1527), Paris 1906, ad ind.; L. von Pastor, Storia dei papi, IV, 1, Roma 1926, ad ind.; P. Giovio, Lettere, I-II, a cura di G.G. Ferrero, Roma 1956-1958, ad ind.; N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961; Id., Legazioni e Commissarie, a cura di S. Bertelli, Milano 1964; Il Carteggio di Michelangelo, a cura di P. Barocchi et al., Firenze 1965-1983, ad ind.; B. Cavalcanti, Lettere edite e inedite, Bologna 1967, ad ind.; R. von Albertini, Firenze dalla repubblica al principato, Torino 1970, ad ind.; P. Hurtubise, Une famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano 1985, ad ind.; B. Cerretani, Ricordi, a cura di G. Berti, Firenze 1993, ad ind.; Id., Storia fiorentina, Firenze 1994, ad ind.; F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di A. Montevecchi, Milano 1998, ad ind.; P. Aretino, Lettere, a cura di P. Procaccioli, III, Roma 1999, ad ind.; P. Simoncelli, Fuoriuscitismo repubblicano fiorentino... (1530-37), Milano 2006, ad ind.; I. Pitti, Istoria fiorentina, Napoli 2007, ad ind.; P. Hurtubise, Tous les chemins mènent à Rome. Arts de vivre et de réussir à la cour pontificale au XVIe siècle, cap. VIII, La « famille » du cardinal G. S. (1512-1553), Ottawa 2009, pp. 173 ss.; E. Bonora, Aspettando l’imperatore, Torino 2014, ad ind.; M. Simonetta, Volpi e Leoni, Milano 2014, ad ind.; A. Monti, L’Assedio di Firenze (1529-1530), Pisa 2015, ad indicem.