SAGREDO, Giovanni
Diplomatico, storico, novelliere, nato a Venezia il 2 febbraio 1617, di antica e nobile famiglia, ivi morto il 10 agosto 1682. Alunno per quattro anni del Collegio Clementino di Roma, iniziò nel 1643 la carriera politica, alla quale lo chiamavano i natali e l'ingegno, come addetto all'ambasciata inviata dalla Serenissima a Luigi XIV per rallegrarsi del suo avvento al trono. Fu poi ambasciatore ordinario in Francia, in Inghilterra e a Vienna, dimostrandosi, in tempi burrascosi e difficili, diplomatico sagace e risoluto. Tornato a Venezia, assunse nel Maggior Consiglio la difesa di Francesco Morosini, ingiustamente accusato d'avere abbandonato Candia, ed ebbe causa vinta. Nel 1676, in gara con G. B. Nani, presentò la sua candidatura al trono dogale, e nelle successive fasi dell'elezione giunse vicinissimo alla vittoria; ma il popolo, sobillato dai suoi nemici, la vietò tumultuando, e fu eletto in sua vece Alvise Contarini. Continuò tuttavia a rendere utili servigi allo stato fino alla morte.
Del S. sono a stampa tre notevoli Relazioni sulle ambascerie a Parigi, a Londra, a Vienna; inediti invece i numerosi dispacci relativi alle stesse. Egli medesimo pubblicò un volume di Memorie istoriche di monarchi ottomani (1673), sei volte ristampato nel sec. XVII; e gli diede il seguito di un secondo volume rimasto inedito, ma più importante del primo, perché riguarda l'epopea di Candia narrata, con nobiltà d'intenti e di tono, sulla scorta di documenti ufficiali e privati. La sua fama di scrittore è però affidata soprattutto all'Arcada in Brenta, edita nel 1667 sotto il nome anagrammatico di Ginnasio Gavardo Vacalerio (G. S. cavaliero) e ristampata dodici volte. È una raccolta di quarantacinque novelle e di quattrocento motti di spirito, incorniciati, al modo del Decameron, negli spassi di una brigata che trascorre gli ultimi giorni di carnevale sulla Brenta; meglio che la cornice, hanno pregio d'arte i racconti, e non tanto per l'originalità del contenuto, quanto per la grazia e la vivacità dello stile. Il S. lasciò anche, inedita, una raccolta di liriche, notevoli solo perché lontane dal marinismo di moda.
Bibl.: A. Belloni, Il Seicento, 2ª ed., Milano s. a., p. 85; N. Conigliani, G. S., Venezia 1934; G. Damerini, Morosini, Milano s. a., pp. 162-171.