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Rucellai, Giovanni

di Nicoletta Marcelli - Enciclopedia machiavelliana (2014)
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Rucellai, Giovanni

Nicoletta Marcelli

Figlio di Bernardo e di Nannina de’ Medici, sorella di Lorenzo il Magnifico, nacque il 20 ottobre 1475. Fu discepolo del filosofo Francesco Cattani da Diacceto, che dedicò a lui e al suo fratello maggiore Palla l’edizione definitiva del trattato De pulchro. Nel 1505 R. soggiornò a Venezia e nel maggio dell’anno successivo ad Avignone, insieme al padre. Non si hanno notizie sulla data in cui intraprese la carriera ecclesiastica, ma nel 1513, dopo l’elezione del cugino Giovanni de’ Medici al papato con il nome di Leone X, R. si trasferì alla corte di Roma come familiare del papa. È stato ipotizzato che, dopo la morte Bernardo, Giovanni, assai più incline a coltivare interessi letterari rispetto a Palla, abbia tenuto viva la tradizione degli incontri negli Orti Oricellari; tuttavia, la sua partenza per la curia romana poco dopo l’elezione di Leone X rende poco probabile tale ipotesi. Ben nota l’amicizia che legò R. a Gian Giorgio Trissino, nel quale fin dal 1513 egli riconobbe un maestro e un mentore. Nel 1515, a Trissino, che si recava in Germania in qualità di nunzio di Leone X, fu affidato il giovane Cosimo Rucellai, come si evince dalle lettere che R. scrisse all’amico in quel periodo. A testimonianza del forte legame tra i due resta il dialogo, di argomento linguistico, Il castellano (1529), che Trissino così intitolò in omaggio a R., nominato nel 1523 castellano di Castel Sant’Angelo da papa Clemente VII, e l’edizione del poemetto Le api di R., pubblicata postuma (1540) per le cure di Palla Rucellai con lettera di dedica a Trissino. Nel 1520-21 R. fu nunzio apostolico in Francia. Sia in occasione della creazione di cardinali avvenuta nel 1517 a opera di Leone X, sia in quella successiva del 1521 (che tuttavia fu solo progettata, ma non ebbe luogo a causa della morte del pontefice), R. sperò di ottenere la porpora, ma, pur avendo le credenziali per aspirare a tale carica, non l’ottenne mai. Dopo il rientro dalla Francia sappiamo che si fermò a Firenze, probabilmente soggiornando nella villa di famiglia a Quaracchi, dove iniziò a comporre Le api. In occasione dell’elezione del nuovo pontefice Adriano VI, nel 1522, R. fu nominato ambasciatore fiorentino a Roma. In tale occasione scrisse l’orazione latina che fu letta dal fratello Palla, anch’egli membro di quell’ambasceria. Morì a Roma il 2 o 3 aprile 1525.

Oltre a Le api, in versi sciolti d’imitazione virgiliana, R. scrisse due tragedie, sempre in sciolti e metri lirici, Rosmunda e Oreste. Della prima, modellata sull’Antigone sofoclea e sull’Hercules furens senecano, pare che abbia avuto luogo una prima rappresentazione nel 1515 proprio all’interno degli Orti Oricellari (Gilbert 1949, trad. it. 19772, pp. 35-36; Bausi 2005, p. 81). L’Oreste, tragedia in gran parte debitrice dell’Ifigenia in Tauride di Euripide, rimase incompiuta.

Non è dato di sapere con certezza se e in che rapporti furono M. e R.; tuttavia è assai probabile che si conoscessero e che gli incontri avessero luogo all’interno degli Orti Oricellari. Un indizio potrebbe esserne la lettera di Filippo de’ Nerli a M., del 1° agosto 1520, qualora il Giovanni lì citato sia da identificarsi con il nostro: «Filippo [forse il Casavecchia], Giovanni, il Guidetto [Francesco Guidetti] e questi amici di meriggio tutti si raccomandano a voi, e per loro parte non altro a dirvi» (Lettere, p. 364: i personaggi non sono identificati). Ma l’ipotesi pare poco probabile, in quanto all’epoca R. si trovava in Francia.

Se di recente sono stati messi in evidenza (Bruscagli 2011) numerosi punti di contatto fra il testo della Rosmunda e alcuni luoghi del Principe e dei Discorsi, suggerendo una più che probabile ispirazione machiavelliana per la tragedia di R., assai più problematico appare il rapporto (o piuttosto la contrapposizione), peraltro indiretto e tutto da provare, tra le tesi esposte nel Dialogo intorno alla nostra lingua e quelle enunciate da R. quale interlocutore del dialogo trissiniano Il castellano.

Bibliografia: Le Opere di Giovanni Rucellai, a cura di G. Mazzoni, Bologna 1887; Lettere dalla nunziatura di Francia (1520-1521), a cura di G. Falaschi, Roma 1983; Rosmunda, in Teatro del Cinquecento, a cura di R. Cremante, 1° vol., La tragedia, Milano-Napoli 1988, pp. 165-257.

Per gli studi critici si vedano: G. Mazzoni, Noterelle su Giovanni Rucellai, «Il propugnatore», nuova serie, 1890, 3, pp. 374-88; Una lettera di G.G. Trissino a Giovanni Rucellai, edita da G. Mazzoni, «Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti», 1890-1891, 38, pp. 517-21; F. Gilbert, Bernardo Rucellai and the Orti Oricellari: a study on the origin of modern political thought, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 1949, 12, pp. 101-31 (trad. it. in Id., Machiavelli e il suo tempo, Bologna 1977, pp. 15-66); F.W. Kent, Due lettere inedite di Giovanni di Bernardo Rucellai, «Giornale storico della letteratura italiana», 1972, 149, pp. 565-69; C. Dionisotti, Machiavellerie. Storia e fortuna di Machiavelli, Torino 1980, pp. 138, 142-46, 151, 176, 321-22, 330-33, 379, 416; F. Bausi, Machiavelli, Roma 2005, pp. 69, 81; V. Gallo, Da Trissino a Giraldi: miti e topica tragica, Manziana 2005, pp. 63-156; R. Bruscagli, Protomachiavellismo della Rosmunda, in Studi di storia dello spettacolo. Omaggio a Siro Ferrone, a cura di S. Mazzoni, Firenze 2011, pp. 87-94.

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