ROSSI, Giovanni
– Non ci sono notizie certe sulla nascita di Rossi. Alcuni lo fanno discendere dal vercellese Giovanni Rosso (o Rossi), che con i fratelli Giovanni e Bernardino fu attivo come stampatore prima a Treviso e poi a Venezia tra il 1480 e il 1519 e di cui si conoscono almeno ventidue edizioni.
Rossi appare come tipografo a Venezia alla metà del Cinquecento, dove stampa ventidue edizioni tra il 1556 e il 1558. La marca che adottò fin dall'inizio, e fu usata poi anche dagli eredi, è il Mercurio alato, con un piede sul globo e nella mano destra il caduceo, a volte in cornice e a volte accompagnata dal motto «Caelo Demissus ab alto». Albano Sorbelli (1929) ne recensisce dieci varianti; in Edit16 ne troviamo descritte tredici. Nel 1559 Rossi si trasferì a Bologna, dove cominciò a stampare insieme ai fratelli Benacci, Alessandro e Giovanni Battista. Le sottoscrizioni utilizzate dalla società furono «Io. Bapt. et Alexander Benacii et Ioannes Rubeus socii»; «Benacii fratres et Ioannes Rubeus socii» e la marca usata sulle edizioni societarie fu quasi sempre il Mercurio alato di Rossi. Durante gli anni del sodalizio con i Benacci, che durò dal 1559 al 1562, Rossi non disdegnò di stampare anche da solo, con edizioni in aumento negli anni, nel 1562 furono almeno quindici. L'importanza che acquisì si notò anche all'interno della società; infatti nell'ultimo anno di collaborazione la sottoscrizione si ribaltò e il nome di Rossi precedette quello dei Benacci. Dopo quasi quattro anni la società si sciolse e Rossi impiantò la sua stamperia e bottega in via S. Mammolo, 41 (l'odierna via Massimo D'Azeglio, 28) a casa Riccoboni, che sappiamo essere stata affittata per lire 260 annue nel 1630. Nella decisione di mettersi in proprio influì sicuramente anche il suo nuovo status di cittadino bolognese, visto che nella seduta del 27 giugno del 1562 il Senato con 27 voti gli concesse la cittadinanza, in ragione della lunga permanenza sul suolo bolognese e per avere sposato la bolognese Agnese Micheli.
Quando Rossi si trasferì a Bologna, in città non era ancora presente una stamperia camerale, intesa come organo ufficiale di governo, con l'esclusiva di stampare tutto ciò che si emanava, dai bandi, avvisi, provisioni alle pubblicazioni più ufficiali. Il 27 ottobre 1587 fu concesso un privilegio di questo tipo dal cardinale Enrico Caetani ad Alessandro Benacci. Esisteva però già da prima un genere di tipografia spesso sovvenzionata e con il lavoro assicurato dagli uffici del governo. Un governo che a Bologna era formato da due autorità che spesso si contrapponevano: quella del cardinale legato, rappresentante dell'autorità pontificia, e quello del Senato, rappresentante dell'autonomia cittadina.
Rossi usufruì di una sovvenzione pubblica, che consisteva in un sussidio di 200 lire annue, per dieci anni. Tale concessione non era riferita al titolo di stampatore camerale, né prevedeva esclusività di stampa di atti ufficiali. Nella delibera senatoria del 20 dicembre 1572, che assegnò tale concessione, si faceva riferimento solo alla perizia e alla sua capacità di stampare «tanto diligentemente e accuratamente da non avere niente da invidiare alle stampe venete, galliche e germaniche e avendo quindi tutto ciò fatto a proprie spese e fatica, il Senato, perchè si potessero eseguire e proseguire più alacremente cose certamente utili ed onorevoli per la città e l'almo ginnasio bolognese, stabilì di fornirgli aiuto con qualche sussidio pubblico». Il sussidio doveva quindi servire per esercitare la stampa in modo più tranquillo e adeguato e a sostenerne le spese giornaliere.
Le 200 lire di di sussidio annuale sarebbero state prelevate dai proventi della Gabella Grossa (“dazio della mercanzia” i cui proventi servivano a pagare le spese dello Studio bolognese) poiché ne avrebbe beneficiato soprattutto lo Studio. Nella delibera si faceva chiaramente riferimento alla sovvenzione concessa 25 anni prima anche ad Anselmo Giaccarelli. Specifiche pressioni sul Senato bolognese a concedere a Rossi il sussidio pubblico erano venute dal cardinale di S. Sisto e protettore di Bologna Filippo Boncompagni, nipote di Ugo Boncompagni nominato papa Gregorio XIII proprio nel 1572. L'interesse del cardinale probabilmente non era tanto per Rossi quanto per quella Società tipografica bolognese che si costituì il 12 luglio 1572 e di cui facevano parte dodici influenti cittadini bolognesi (Carlo Sigonio, Camillo Paleotti, Filippo Carlo Ghislieri, Francesco Bolognetti, Francesco Maria Bolognetti, Paride Grassi, Giulio Sandelli, Andrea Leoni, Annibale Fioravanti, Cesare Fasanini, Giovanni Francesco Panerazza, Obizzo Budrioli). La direzione scientifica della Società fu affidata a Carlo Sigonio, la direzione tecnica a Rossi. La Società tipografica bolognese si prefigeva di ridare prestigio alla cultura cittadina stampando soprattutto opere di carattere giuridico e le opere dei dottori delle Studio, oltre a quelle dello stesso Sigonio. La stampa doveva essere fatta usando carta di ottima qualità e caratteri nitidi. Nonostante un forte investimento iniziale, la Società non durò più di dieci anni e a causa di difficoltà finanziarie e chiuse i battenti nel 1582, anche se l'ultima opera porta sul frontespizio la data del 1583. Le edizioni drecavano sul frontespizio l'emblema di Bologna: una donna loricata che regge con il braccio sinistro la cornucopia e con il destro lo stendardo con la scritta: «Libertas, motto Bononia docet».
Anche la sovvenzione concessa a Rossi, avendo durata decennale si sarebbe dovuta estinguere a fine 1582, ma questi ottenne una prima proroga di altri dieci anni con un sussidio annuale fissato a 400 lire annue e una seconda proroga, nell'aprile 1593, sempre della durata di dieci anni ma con l'importo abbassato a 300 lire, anche se due anni dopo, in una delibera del 18 aprile 1595 i senatori riportarono il sussidio a 400 lire.
Nella proroga del 1583, a Rossi furono aggiunte delle condizioni da rispettare, prima di tutto mantenere «la sua stampa in ordine di tutto punto da poter servirsene fornita di torchi di caratteri buoni et in spetie della musica... con un capo degli stampatori chiamato Proto che sia sufficiente a tal carico con buono inchiostro acciocchè siano sempre pronti et in essere per beneficio pubblico, et in spetie di questo Studio»; la seconda clausola da rispettare: «che nella sua stampa habbia continuamente da stampare o per sé o per altri et a prezzi c'habbiano del ragionevole, acciocchè non resti infruttuosa la provisione che per tal conto si gli assegna, et vi siano di continuo lavoranti abastanza per potere supplire a bisogni occorrenti»; la terza: «resti obligata la sua persona di star sempre a Bologna durante la detta sua provisione, et se per sorte gli occorresse ad andare fuori di Bologna per qualche sua ragione pertinente all'arte o altro, ne pigli la licenza in scritto da tutti o dalla maggior parte de gli Assonti dello Studio pro tempore lasciando però ordine che la stampa non habbia da cessare di stampare come di sopra mentre fosse per star fuori in viaggio»; quarto e ultimo impegno «che debba far lavorare due torchi et mancando non se gli habbia da pagare la provisione».
Tra le clausole si fa riferimento alla presenza nella stamperia di caratteri musicali e infatti fu proprio Rossi a stampare per la prima volta musica a Bologna nel 1584. Fino ad allora la musica si stampava quasi esclusivamente a Venezia, sia per mancanza di officine e di esperti nella stampa musicale nelle altre città, sia per il valore editoriale che un'opera stampata da tipografie specializzate veneziane, come Amadino, Vincenti, Antonio Gardane e Francesco Rampazetto, assumeva. Rimasero poche comunque le opere musicali stampate a Bologna alla fine Cinquecento e quando si tentò di riprendere nei primi anni del Seicento, a opera del figlio di Rossi, Perseo, suo erede, l'impresa risultò altrettanto ardua poiché i musicisti restarono comunque restii ad affidare le loro fatiche all'officina bolognese. Una testimonianza di ciò si legge nella dedica al Terzo Libro di nuovi Pensieri Ecclesiastici, Da cantarsi con vna, et due Voci in variati modi nel Clauacembalo, Tiorba, Arpichitarrone, et Organo; Opera Trentesima Quinta del R.P.D. Adriano Banchieri Olivetano, et Monaco Professo nell'Onoratissimo Monasterio di S. Michele in Bosco, nuouamente composta, data in luce, et dedicata all'Illustrissimo, et Nobilissimo Senato di Bologna (1613), dove a Perseo Rossi che scrive «Questa è la prima opera da me stampata in materia simile... La gradischino in tanto, col nobilissimo animo loro, essendo fattura di Musico celebre Cittadino Bolognese..., il quale con infinito suo gusto è condesceso à questa mia dedicatione» risponde una protesta dell'Autore che fa capire come la scelta dell'editore sia stata imposta «producendo questo mio terzo libro musicale in luce sotto la nuova stampa di Bologna, mia Patria, a requisitione di chi comandar me lo può». Dopo l'avventura musicale della stamperia Rossi bisognò arrivare agli anni Quaranta del Seicento perchè iniziasse il periodo aureo della editoria musicale a Bologna.
Rossi morì a Bologna il 30 settembre 1595; venne sepolto nella chiesa della Ss. Annunziata; e lasciò come erede il figlio Perseo, appena ventenne (era nato nel 1575).
In punto di morte, cercò di convincere con un memoriale il Senato, affinchè la sovvenzione di cui godeva passasse al figlio, ma essendo arrivata al Senato la medesima richiesta da parte di Vittorio Benacci si decise di non concedere alcun sussidio a nessun tipografo negli anni 1596-98. Solo a dicembre 1598 il Senato pensò di riassegnare il sussidio a tutti e due ma ne dimezzò il valore. Perseo Rossi (che raramente usò il suo nome nelle sottoscrizioni preferendo la ragione sociale «Eredi del Rossi») godette di tale emulamento per trenta anni, morì infatti nel 1629 senza lasciare né testamento nè figli che potessero continuare l'attività. Erede fu la sorella Delia, vedova di Cesare Salvietti, che «per gli heredi di Perseo Rossi» sottopose al Senato un altro memoriale in cui si chiedeva il mantenimento del sussidio annuo; la richiesta fu rigettata e si concluse così anche l'attività della stamperia.
La produzione della tipografia di Rossi fu variegata. Una delle prime opere stampate a Venezia con la data certa del 1556 e la sua sottoscrizione nel colophon è De mensibus mulierum, et hominis... (1556) di Jacques Dubois. Il frontespizio è sottoscritto da Giovanni Camocio e reca la marca di quest'ultimo: una piramide sostenuta da quattro sfere su un piedistallo con il motto, «Prudentia perpetua». La produzione veneziana comprende soprattutto le opere di Paolo Giovio; un raro opuscolo Recettario utilissimo et molto necessario a tutti gli spetiali; che vogliono preparar le medicine regolatamente, da diversi et eccellenti medici riveduto et approvato. Et nuovamente mandato in luce, a cura dell'Arte de' medici e speziali di Firenze; una traduzione in castigliano di Antonio Cornazzano, Las reglas militares de Antonio Cornazano, traduzidas en romance castellano, por Lorenco Suarez de Figueroa, alcayde del castillo de Novara (En Venetia, por Ioan de Rossi, 1558); e quella che potrebbe essere l'ultima opera stampata da Rossi a Venezia probabilmente a fine 1558 e inizio 1559: De ratione victus in singulis febribus secundum Hippocratem, in genere et sigillatim libri III. Authore Brudo Lusitano medico, Dionysij filio del portoghese Brudo Manuel, con data 1559 sul frontespizio e 1558 nel colophon.
Si contano circa cinquecento diverse edizioni stampate a Bologna tra il 1559 e il 1595. Tra le edizioni stampate da solo negli anni del sodalizio con Benacci si conoscono almeno una edizione del 1559: L'essequie funerali dell'invittissimo Ferdinando imperatore I de Romani, fatte ultimamente nella città di Bruscelles alla presenza di Madama illustrissima de Parma, due edizioni del 1560; sei le edizioni nel 1561 e tra queste Il paradiso di delitie spirituali che contiene la vita della Madonna, estratta dal santo Evangelio, et da diversi santi autori, per don Serafino da Bologna canonico regolare. Con molti documenti, et instruttioni spirituali, et altre orationi divote, et utilissime all'anime nostre, stampata a opera di Rossi nelle case di Antonio Giaccarelli. Probabilmente lo stampatore stava già approntando la sua nuova bottega.
Le prima opere musicali che uscìrono dai torchi bolognesi furono Il secondo libro di Madrigali a cinque voci. Nuovamente da lui composti e datti in luce di Camillo Cortellini detto il Violino, nel 1584, e lo stesso anno, ancora di Cortellini, Madrigale a cinque voci; nel 1587 stampò Musica d'Ascanio Trombetti musico dell'illustrissima Signoria di Bologna fatta sopra le Conclusioni di Legge difese dall'illustre sig. Alessandro Viustini piacentino.
Stampò inoltre le opere di Giulio Cesare Croce e di Giovanni Della Casa, il Compendio dell'arte essorcistica, et possibilita delle mirabili et stupende operationi delli demoni, et de' malefici; con li rimedi opportuni alle infirmità maleficiali di Girolamo Menghiche, opera che ebbe notevole fortuna editoriale, epitalami, bandi, avvisi, ordinazioni, alcune tesi, rarità come Discorso sopra gli accidenti del parto mostruoso nato d'una hebrea nel ghetto di Venetia, nell'anno 1575 a di XXVI di maggio. Dove si ragiona altamente del futuro destino de gli hebrei. Di nuovo ristampato, e con le annotationi di Gio. Giuseppe Gregorio cremonese ampliato, la Narratione delle sontuosissime essequie, fatte nella morte del serenissimo Francesco de' Medici (1587). Solo su due pubblicazioni di tipo ufficiale Rossi aggiunse alla sottoscrizione la qualifica di «impressore episcopale»: Ordinationi publicate nella sinodo diocesana di Bologna, sotto il di 16 d'ottobre 1566 e Ordinationi publicate nella sinodo diocesana di Bologna. Sotto il di 16 d'ottobre 1566. Con gli avertimenti per il sacerdote, che ha da celebrare la santa messa (1567).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Senato, Partiti, vol. 8 (anni 1562-69), c. 12r (seduta del 27 giugno 1562); Senato, Partiti, vol. 9 (anni 1569-1575), c. 99 (seduta del 20 dicembre 1572); Senato, Partiti, vol. 10 (anni 1576-1582), cc. 194v-195r (seduta del 28 giugno 1582); Senato, Partiti, vol. 12 (anni 1588-95), cc. 154v-155r (seduta del 13 aprile 1593) e c. 187r (seduta del 18 aprile 1595); Bologna, Arch. arcivescovile, Registri battesimali della cattedrale (alla data 16 gennaio 1575); Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., B.1319: B. Monti, Notizie dei stampatori e librari per opera dei quali fu esercitata in Bologna la stampa, pp. 1881 s. (con errori di ricostruzione dell'attività di G. R.); B.915: B. Carrati, Libri dei morti, pp. 330 (30 settembre 1595, morte di G. R.), 336 (9 agosto 1629, morte di Perseo Rossi).
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