RASORI, Giovanni
Patriota e medico, nato a Parma il 20 agosto 1766, morto a Milano il 13 aprile 1837. Laureatosi a Pavia, fu propugnatore ardente delle dottrine del Brown e nel 1792 ne pubblicò gli Elementi tradotti in italiano. Si recò poi a Londra dove frequentò la celebre scuola chirurgica di J. Hunter e conobbe Erasmo Darwin e altri illustri scienziati. Nel 1796 era a Milano collaboratore del Giornale degli amici della libertà e dell'eguaglianza e ottenne nell'ottobre l'ufficio di rettore del Collegio Ghisleri e nel dicembre la cattedra di patologia medica nell'università di Pavia. Alla fine del 1797 fu chiamato a Milano come segretario generale al Ministero degl'interni della Cisalpina: nell'autunno dell'anno dopo ritornò alla cattedra e fu acclamato appena trentenne rettore dell'università. Egli cominciò allora la sua riforma del sistema browniano, fece sue alcune argomentazioni degli avversarî e fondò la dottrina dei controstimoli, sostanze che spiegando un'azione contraria a quella degli stimoli diminuiscono l'eccitabilità. Fece in quel tempo un discorso Sul preteso genio di Ippocrate (1799) che suscitò scalpore e terribili inimicizie contro di lui nei circoli universitarî, avendo egli sostenuto che era necessario dar fuoco a tutti i libri di medicina per tener fede soltanto ai nuovi principî. Volontario di guerra nell'esercito cisalpino combatté nella medesima brigata con Ugo Foscolo; in seguito a un'epidemia di tifo petecchiale scoppiata a Genova scrisse e pubblicò (1801) la Istoria della febbre epidemica, nella quale descrisse quell'epidemia. In quest'opera che ebbe quattro edizioni milanesi, una tedesca e una francese abbozzò i principî della sua filosofia scientifica, abbandonò definitivamente il sistema di Brown e cambiò tutta la terminologia, sostituendo all'indicazione della stenia quella di diatesi di stimolo, ed alla astenia, la diatesi di controstimolo. La diagnosi secondo il Rasori non può essere fatta con sicurezza che ex iuvantibus et nocentibus. Il tartaro stibiato e il salasso costituivano la base fondamentale della terapia rasoriana che ebbe risultati addirittura catastrofici. Dopo la battaglia di Marengo gli fu offerto il posto di ministro degli Interni, ma egli rifiutò e accettò quello di protomedico dello stato e provvide a costituire un regolare servizio di sanità pubblica. Nel 1806 fu chiamato a insegnare nella clinica medica dell'ospedale di Milano, ma dopo il crollo del Regno italico dovette abbandonare il suo posto. Partecipe alla congiura militare dell'aprile 1814, tradito da una spia, fu arrestato 13-4 dicembre 1814) e tradotto nelle prigioni della Mainolda a Mantova, dove rimase fino al 9 marzo 1817, poi venne portato a Milano e rinchiuso nella Rocchetta del castello; fu liberato appena nel marzo 1818. Durante la prigionia tradusse le lettere intorno alla mimica dell'Engel e varie poesie del Wieland e del Goethe. Ebbe nel 1818 la nomina a medico di corte di Caterina di Brunswick, principessa di Galles che fu poi regina d'Inghilterra, ma preferì prendere stanza a Milano ove collaborò al Conciliatore dal quale fu poi allontanato per ordine della polizia perché individuo sospetto e vigilato speciale.
Bibl.: G. Del Chiappa, Della via di G. R., Milano 1838: è però un indigesto zibaldone. Precise notizie sul R. in C. Frati, Ricordi di prigionia, memorie autobiografiche e frammenti poetici di G. R., Torino 1919: ivi una compiuta bibliografia. La migliore biografia del R. è quella di A. Monti, G. R. nella storia della scienza e dell'idea nazionale, in Lezioni e conferenze, Pavia 1929.