PUTTI, Giovanni
PUTTI, Giovanni. – Nacque a Bologna il 22 giugno 1771 da Giovanni Matteo e da Anna Cittarelli (Bagattoni, 2007, p. 67 n. 6). Verso la fine degli anni Ottanta iniziò a frequentare l’Accademia di belle arti di Bologna (Accademia Clementina), dove studiò con vari maestri, fra i quali si segnalano Luigi Acquisti e Giacomo Rossi (pp. 56 s.).
Nel 1793 vinse il premio Fiori (conferitogli poi anche l’anno seguente). Nello stesso anno ricevette il premio Marsili-Aldrovandi che gli venne assegnato anche nel 1796 (pp. 67 n. 6; 58 s., 68 nn. 27-35) per l’opera Atlante (Bologna, Pinacoteca nazionale), che all’attuale stato degli studi rappresenta il primo lavoro noto dello scultore.
In essa sono presenti due caratteristiche dello stile di Putti che rimasero pressoché costanti anche nella maturità artistica: l’impostazione teatrale di derivazione barocca e il virtuosismo nella definizione dei panneggi (p. 58).
A partire dalla fine degli anni Novanta lavorò a vari apparati effimeri, opere collettive alle quali partecipavano architetti, scultori, pittori e decoratori, allestite in occasioni di feste pubbliche, private e onoranze funebri di personaggi famosi (pp. 61 s.).
Nel 1803-04 circa realizzò i due geni della morte nel monumento Gandolfi al cimitero Comunale della certosa di Bologna (chiostro III, arco 12; Bagattoni, 2008, pp. 27, 45-49).
Il cimitero della certosa (sede di tutte le opere citate, ove non diversamente indicato) fu il luogo dove l’artista eseguì il maggior numero di commissioni, ordinate dalla ricca borghesia e dalla nobiltà locale, in alcuni casi progettando anche le tombe, altre volte limitandosi all’esecuzione dei progetti altrui, in terracotta (talvolta dipinta di bianco), stucco, scagliola, generalmente con pochi elementi marmorei.
Spesso però non si limitava all’esecuzione pedissequa dei disegni forniti: modificava i progetti, dopo aver inviato i modelli all’Accademia di belle arti per l’approvazione (pp. 30 s., 34 s., 41 nn. 18, 23).
Nel 1804 gli venne assegnato il premio Piccolo della scuola del nudo dell’Accademia e nel 1807 il premio Grande di scultura per il bassorilievo in gesso Ercole bambino che uccide due serpenti (Bologna, Accademia di belle arti; Bagattoni, 2007, p. 62).
Nel 1809 nacque suo figlio Massimiliano (che poi seguì le orme paterne; Ead., 1998, pp. 237, 249). Nello stesso anno realizzò in terracotta le due Piangenti, soprannominate Piagnoni o Piangoloni (di cui una firmata e datata), sui pilastri del cancello di ingresso del cimitero Comunale della certosa.
Restaurate nel 2013, rivelano l’influenza della tradizione della terracotta quattrocentesca bolognese (celebre esempio è il gruppo di Niccolò dell’Arca in S. Maria della Vita) e conservano una matrice stilistica barocca evidente soprattutto nella ricchezza dei panneggi (di queste due figure si conservano anche i due modelli preparatori in una collezione privata bolognese; Bagattoni, 2010, pp. 160 s.).
Sempre nel 1809 Putti si trasferì a Milano alla ricerca di commissioni da parte del nuovo Regno d’Italia di Napoleone (Ead., 2007, pp. 61 s.). Nel 1810 vinse il premio Grande Curlandese di scultura dell’Accademia di Bologna con il bassorilievo in gesso Euriclea nutrice d’Ulisse (Bologna, Accademia di belle arti).
A Milano, nei primi anni Dieci, partecipò al cantiere scultoreo del duomo con alcune statue. Lavorò anche nel cantiere dell’arco del Sempione (poi denominato arco della Pace), sull’attico del quale sono ancora ubicate quattro Vittorie equestri modellate da lui e fuse in bronzo dai fratelli Luigi, Giovanni e Antonio Manfredini, i cui cavalli sono fortemente ispirati a quello del celebre bronzo raffigurante Marco Aurelio (Roma, Musei Capitolini).
Nel 1814, per la caduta dell’impero napoleonico, Putti decise di tornare a Bologna, dove iniziò a lavorare assiduamente a vari monumenti funebri nel cimitero della certosa. Nel 1815 realizzò, su suo progetto, l’elegante monumento Sampieri (chiostro III, arco 54), di impostazione prevalentemente neoclassica.
Alla consueta iconografia della donna adulta che conduce la bambina a compiangere il defunto sul sepolcro lo scultore affidava il compito di insegnare all’osservatore, fin dall’infanzia, la ritualità di un comportamento esemplare per la committenza e la società del tempo.
Fra il 1815 e il 1816 Putti partecipò alla realizzazione del monumento Baldi Comi (poi Ottani; chiostro I), su progetto dell’architetto Angelo Venturoli. Come ben rilevato dalla critica, è uno fra i monumenti più suggestivi del cimitero, grazie al contrasto fra le architetture policrome dipinte a trompe-l’œil sulla parete di fondo da Flaminio Minozzi e Giacomo Savini e le statue bianche modellate a tutto tondo da Putti.
Rispetto al progetto di Venturoli, lo scultore modificò parzialmente le posture dei personaggi. Nel volto della figura della piangente, riverso in basso e nascosto dal cappuccio, secondo la critica venne ritratto il committente Giovan Battista Comi nell’atto di piangere la consorte Carolina Baldi (Bagattoni, 2009b, pp. 112 s.). Dando una precisa identità maschile a un’iconografia tradizionalmente femminile, l’artista si permise una licenza che testimonia l’estro e il prestigio di cui godeva fra i committenti.
Nel 1817 eseguì il monumento di Alessandro Casali (chiostro III, arco 96). Nel 1818 realizzò varie opere, fra le quali si segnalano il monumento Barbieri Mattioli (chiostro III, arco 92), su disegno dell’architetto Angelo Venturoli, e il monumento Buratti (chiostro III, arco 45), da lui ideato, firmato e datato (Bagattoni, 2008, pp. 86-90). Nel 1822 realizzò il monumento Fornasari (chiostro I), composto da una figura di piangente davanti alla lapide.
La figura velata, di notevole fattura, risulta fra le migliori realizzazioni dell’artista e secondo la critica è ispirata a una analoga scolpita in marmo da Giacomo De Maria nel monumento Caprara, sempre nel cimitero della certosa (chiostro III, arco 65; cfr. Mampieri, 1998, pp. 222 s.).
Nel 1824 fu nominato accademico d’onore dalla Pontificia Accademia di belle arti di Bologna (Bagattoni, 2008, p. 38). In questi anni gli studiosi gli attribuiscono l’esecuzione di vari presepi, fra i quali se ne segnalano due firmati e datati 1824 e 1825 (Bologna, chiesa di S. Benedetto e santuario di S. Luca; cfr. Mampieri, 2011, pp. 104 s., 242 s.). Nel 1830 realizzò il monumento di Francesco Benedetti Forestieri in stile neogotico (cimitero della certosa, sala della Pietà; Bagattoni, 2008, pp. 190-194).
Morì a Bologna il 9 marzo 1847 (Bagattoni, 2007, p. 67 n. 10).
Varie sculture e terrecotte dipinte di sicura mano o di probabile attribuzione sono conservate prevalentemente in area bolognese, soprattutto nelle chiese.
Fonti e Bibl.: Collezione dei Monumenti Sepolcrali del Cimitero di Bologna pubblicata da Giovanni Zecchi..., I, Bologna 1825, pp. 1, 4, 6 s., 17 s., 24, 31 s., 35, 37, III, 1827, pp. 85, 100, 103, 119; C. Lorenzetti, G. P., in Presepi e terrecotte nei musei civici di Bologna (catal.), a cura di R. Grandi et al., Bologna 1991, pp. 156-159; E. Bagattoni, Massimiliano Putti, in La Certosa di Bologna. Immortalità della memoria, a cura di G. Pesci, Bologna 1998, pp. 237, 249; A. Mampieri, Giacomo De Maria, ibid., pp. 222 s.; E. Bagattoni, G. P. tra Antico Regime e Impero. Dalla formazione all’affermazione di un protagonista bolognese della scultura neoclassica, in Arte a Bologna, 2007, n. 6, pp. 56-72; Ead., Tra pathos e allegoria: i monumenti funerari di G. P. alla Certosa di Bologna, Cesena 2008 (con bibl. precedente); Ead., Ingresso monumentale del cimitero, in La Certosa di Bologna: un libro aperto sulla storia (catal.), a cura di R. Martorelli, Bologna 2009a, pp. 48 s.; Ead., Monumento Ottani, già Baldi Comi, ibid., 2009b, pp. 112 s.; Ead., Due bozzetti per i «Piangoloni» della Certosa, in Luci sulle tenebre. Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna (catal.), a cura di B. Buscaroli - R. Martorelli, Bologna 2010, pp. 160 s.; Ead., I monumenti sepolcrali del cimitero della Certosa di Bologna in età napoleonica e di restaurazione fra tradizione artistica e neoclassicismo, in Conservation science in cultural heritage, 2011, n. 11 (anche in inglese), http://conservation-science.unibo.it/article/ view/2694/2093 (23 marzo 2016); A. Mampieri, Immagini per pregare. La scultura devozionale a Bologna tra Sette e Ottocento, in Il fascino della terracotta. Cesare Tiazzi, uno scultore tra Cento e Bologna, 1743-1809 (catal., Cento), a cura di G. Adani - C. Grimaldi Fava - A. Mampieri, Cinisello Balsamo 2011, pp. 104 s., 242 s.; E. Bagattoni, Sull’arte neoclassica della Certosa di Bologna: dal prevalere della pittura all’affermazione della scultura, in Lo splendore della scultura nei cimiteri europei. Atti del Convegno..., Verona... 2006, a cura di M. Felicori - F. Sborgi, Bologna 2012, pp. 238-243.