PUGLIESE, Giovanni
PUGLIESE, Giovanni. – Nacque a Torino l’11 novembre 1914, unico figlio dell’avvocato astigiano Vittorio Pugliese e della moglie, Andreina De Benedetto.
Frequentò la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Torino, dove si laureò il 12 luglio 1935, discutendo con Gino Segré una tesi dal titolo I negozi simulati nel diritto romano, nel diritto comune e nel diritto attuale.
Continuò a studiare con Segré in un periodo in cui la dottrina civilistica italiana si era emancipata dalla sua dipendenza dal diritto francese per partecipare ai frutti della pandettistica tedesca, e in cui nel contempo si era creato lo spazio per una più moderna lettura della tradizione romanistica. In tempi assai brevi si presentò al mondo scientifico del diritto romano, suo campo prediletto di studio, con la pubblicazione di un libro che riprendeva la parte romanistica della tesi di laurea (La simulazione nei negozi giuridici. Studio di diritto romano, Padova 1938) e soprattutto del volume Actio e diritto subiettivo (Milano 1939), considerato ancora oggi uno dei capolavori della letteratura romanistica del XX secolo, ai quali si affiancò Appunti sui limiti dell’imperium nella repressione penale (Torino 1939).
In quegli anni la dottrina romanistica italiana era dominata da due impostazioni di provenienza tedesca. I contenuti sostanziali del diritto privato romano erano ricostruiti con metodo dommatico, ossia determinando il contenuto delle fonti con una ricerca dei concetti giuridici in esse contenuti, prescindendo dalla dimensione storica che le stesse fonti potevano rivelare. La ricerca del profilo storico era affidata pressoché esclusivamente alla ricerca delle interpolazioni, che gli antichi testi romani avevano subito nella compilazione del Corpus iuris civilis di Giustiniano, specialmente nella sua parte detta Digestum seu Pandectae (composta tra il 530 e il 533), che raccoglieva testi dei giuristi operanti tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C.
Pugliese fu tra i primi romanisti a contrastare le posizioni testé descritte, e lo fece con la concreta impostazione del suo lavoro scientifico, nel quale, già a partire dal citato Actio e diritto subiettivo, emergono delle concezioni metodologiche con valore generale, riassumibili come segue.
Il diritto consiste in un’entità razionale che si attua, e muta, nella storia, e pertanto non ha senso considerare il metodo dommatico e il metodo storico come due alternative della sua elaborazione scientifica. Costruzione concettuale e considerazione dell’evolversi della realtà materiale in cui il diritto si crea e si applica, delle regole e soluzioni positive e della costruzione concettuale stessa costituiscono gli elementi che necessariamente compongono la scienza giuridica. Perciò il metodo della pandettistica tedesca, che nel XIX secolo aveva lo scopo di costruire un ‘diritto romano attuale’ sulla base del Corpus iuris civilis allora vigente in Germania come diritto positivo, era segnato dall’errore di considerare fonti antiche come fonti attuali. La ricerca delle interpolazioni, oltre a non risolvere il problema della storicità del diritto (perché ometteva la considerazione dei due secoli intermedi fra diritto classico e diritto giustinianeo), aveva il grave difetto di costruire il modello classico in modo preconcetto e arbitrario e comunque, per depurare i testi dalle interpolazioni, venivano impiegati criteri filologici, che distraevano l’esegeta dalla problematica propriamente giuridica. Ma un’idea di portata più generale e non esclusivamente legata al lavoro romanistico è quella del carattere unitario del fenomeno giuridico, idea annunziata nella prefazione del volume Actio e diritto subiettivo e poi esposta nella prolusione tenuta all’Università di Macerata (pubblicata nei relativi annali dell’anno 1941). Il diritto, cioè il fenomeno giuridico, per quanto vario e composito, deve essere visto come un unico, e la scienza giuridica come un’unica scienza, per quanto svariate ne possano essere le manifestazioni concrete; una è pure la storia del diritto, e anche la dommatica e la sistematica del diritto si presentano come un problema unitario, perché la considerazione delle diverse loro manifestazioni nei tempi e nei Paesi più lontani non sono se non dati per una riflessione che, da qualunque punto si prendano le mosse, si svolge poi in una prospettiva comune. Tutto ciò non comporta che il giurista, trattando un problema, ne debba sempre ripercorrere la strada per intero, ma ciò gli permette di attingere, per il discorso scientifico, da tutti gli elementi che possono mettersi a partito per la sua costruzione e la sua comprensione. In questa operazione il diritto romano e la sua giurisprudenza rivestiranno un ruolo centrale: ciò dipende dal fatto (storico) che i suoi giuristi hanno impostato il metodo del pensare giuridico e costruito l’insieme dei concetti che ne stanno alla base; ma ciò significa anche che la dommatica moderna potrà ben essere impiegata per spiegare quella dei Romani, non certo per tradirla o modernizzarla, anzi, per far conoscere con precisione a un giurista moderno concetti che possono arricchire la sua conoscenza del diritto nelle tematiche attuali di quello stesso fenomeno (e naturalmente anche viceversa).
Nel 1940 sposò Vittoria Silva, da cui ebbe tre figli: Alessandra, Isabella, a lungo magistrato a Milano, e Andrea. Sempre in quell’anno vinse il concorso bandito per la cattedra di diritto romano dell’Università di Sassari (dove già dal gennaio del 1939 gli era stato conferito l’incarico d’insegnamento della stessa materia), venendo chiamato all’Università di Macerata (1940), poi a Trieste (1942), a Genova (1947) e quindi a Milano, dove rimase per un lungo periodo (1948-60) e poté svolgere appieno il suo insegnamento nelle dimensioni da lui predilette: come titolare del corso di istituzioni di diritto romano (per gli studenti del primo anno) e il parallelo incarico del corso di esegesi delle fonti del diritto romano (opzionale). La produzione scientifica nell’arco temporale appena considerato si sostanziò nei due volumi delle dispense del corso biennale di diritto romano sul processo civile tenuto a Genova (Il processo formulare, I, 1947-1948; II, 1948-1949: questa trattazione venne completata a Roma, con l’analoga dispensa sulle legis actiones, relative al corso di diritto romano del 1961-62); a Milano (1951) pubblicò anche gli Studi sull’iniuria. Tuttavia una parte assai rilevante della produzione romanistica di Pugliese fu affidata a una copiosa serie di articoli, pubblicati sulle principali riviste specializzate o in raccolte di scritti di autori vari, ora in buona parte ripubblicati nei primi tre volumi dei suoi Scritti giuridici scelti (a cura di G. Sacconi - I. Buti, Napoli 1985), ai quali si aggiunsero i lavori contenuti nel volume degli Scritti giuridici 1985-1995 (a cura di L. Vacca, Napoli 2007).
Nel campo del diritto civile attuale i libri furono tutti scritti per uno specifico incarico proveniente dagli editori. Il primo, d’altronde, non poté mai essere pubblicato: si trattava del volume relativo a comunione e condominio per il Commentario del codice civile curato da Antonio Scialoja e Giuseppe Branca, ma (erano i tempi dell’insegnamento di Pugliese a Trieste e quindi dei primi anni del dopoguerra) il manoscritto, pressoché ultimato, venne smarrito, sicché il contributo di Pugliese alla stessa opera collettiva fu poi quello sulla superficie, pubblicato nel 1947. Ma la più importante opera resta il volume Usufrutto, uso, abitazione, pubblicato (in prima edizione nel 1954) per il Trattato di diritto civile di Filippo Vassalli. Accanto a questi volumi, Pugliese fu attivo, specialmente nel periodo milanese, con una ricca sequenza di articoli (anche note a sentenza), ora in parte raccolti nei volumi IV e V dei citati Scritti giuridici scelti e nel volume Scritti giuridici. 1985-1995, insieme a scritti comparatistici e sulla tematica dei diritti fondamentali.
Da Milano fu chiamato all’Università di Roma (1960), dove insegnò soprattutto il diritto romano (biennale). Fu l’interesse per la comparazione ad animare in particolare gli ultimi vent’anni della sua vita, proprio grazie all’amicizia che strinse con il collega comparatista Gino Gorla, a cui subentrò sulla cattedra di diritto privato comparato nell’ultimo anno d’insegnamento (1983-84).
Pugliese considerava il diritto comparato come un punto privilegiato di osservazione dal quale si viene a scorgere quello che è uno stato di cose generale: è nella comparazione che si scorge con evidenza l’unità del fenomeno giuridico, e d’altro canto la comparazione stessa può farsi solo considerando insieme alle strutture giuridiche anche la loro storia.
Nel 1980 fu insignito del premio Feltrinelli per le scienze giuridiche e nel 1989 ebbe – primo storico del diritto a ottenere tale riconoscimento – un Forschungspreis della Alexander-von-Humboldt-Stiftung. Fu membro dell’Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere e dell’Accademia nazionale dei Lincei, nella quale percorse l’intero iter della gerarchia interna, arrivando nel 1994 a essere accademico amministratore. Fu anche doctor honoris causa delle università di Bordeaux e Göttingen.
Anche dopo la fine della carriera di docente, Pugliese continuò a essere scientificamente attivo, riuscendo a realizzare l’idea, nata già negli anni della docenza milanese, di scrivere un manuale istituzionale: e ciò avvenne con l’opera (scritta con la collaborazione di Francesco Sitzia e Letizia Vacca), Istituzioni di diritto romano, la cui forma veramente compiuta si ebbe con la terza edizione (Torino 1991). La prospettazione, per la rilevanza attuale dello studio del diritto romano, del suo possibile apporto alla costruzione della teoria generale del diritto, emerge anche nella voce Diritto, scritta in modo magistrale per l’Enciclopedia delle scienze sociali (III, Roma 1993, pp. 34-77).
Romanistico fu il suo ultimo articolo (Aspetti del rapporto fra diritto e processo in Roma antica), terminato poco prima della morte, pubblicato postumo nella rivista Seminarios complutenses de derecho romano (VI, datato 1994 per ragioni editoriali).
La morte lo colse a Milano il 28 marzo 1995.
Opere. A quelle citate si deve aggiungere Mein Lebensweg mit dem römischen Recht, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Romanistische Abteilung, CVIII (1991) pp. 685 ss. (ripubblicato in Scritti giuridici. 1985-1995, pp. 303 ss.).
Fonti e Bibl.: G. P.: a dieci anni dalla scomparsa, in Accademia dei Lincei, s. 9, XVII (2006), 4, pp. 573 ss.; Diritto romano, tradizione romanistica e formazione del diritto europeo. Giornate di studio in ricordo di G. P., a cura di L. Vacca, Padova 2008; M.R. Cimma, G. P., in Storia dell’Università di Sassari, a cura di A. Mattone, II, Nuoro 2010, pp. 62 s.; C.A. Cannata, P., G., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), II, Bologna 2013.