PRIULI, Giovanni
PRIULI, Giovanni. – Nacque a Venezia, in contrada S. Felice, nel 1384 da Costantino di Lorenzo e da una figlia di Giacomo Loredan di Bartolomeo.
Nel 1414 sposò Maria Donà di Nicolò, cugina di Andrea Donà futuro cognato del doge Foscari; allora Priuli si era trasferito a S. Severo, dove suo padre aveva da poco acquistato una grande casa che – progressivamente ristrutturata e abbellita – sarebbe divenuta la residenza di tutti i membri di questo ramo della famiglia. È probabile – così sulla scorta di successive indicazioni – che in gioventù Giovanni Priuli abbia esercitato di persona la mercatura nei fondaci siriaci, anche se le prime testimonianze certe su di lui riguardano incarichi di natura politica: nel 1414 venne impiegato nella squadra navale che operò nell’Adriatico contro Sigismondo, re di Ungheria, e l’anno successivo fu al comando della galera che condusse a Napoli Giacomo di Borbone-La Marche, in occasione del suo matrimonio (10 agosto) con la regina Giovanna II. Eletto provveditore al Sale il 27 aprile 1420, senatore nel 1422, il 28 dicembre 1425 Giovanni Priuli entrò nel consiglio dei Cento savi deputati a occuparsi della guerra contro Filippo Maria Visconti (incarico rinnovato nel 1428), la prima di una serie di conflitti che per vent’anni avrebbero segnato le campagne lombarde. Rientra in quest’ambito la sua partecipazione alla vicenda della condanna a morte di Francesco Bussone, detto il Carmagnola, poiché dall’8 aprile al 5 maggio 1432 fece parte della giunta che procedette nei confronti del condottiero; in seguito (1° ottobre) fu eletto nello stesso Consiglio dei dieci sino al settembre del 1433.
Che Priuli abbia avuto una partecipazione attiva nell’ambito commerciale è peraltro testimoniato non solo indirettamente, ossia dalla sua saltuaria presenza nelle magistrature veneziane, ma anche dal processo contro Alvise Correr e Pietro Morosini (14 febbraio 1434) a motivo di una contestata assicurazione marittima; inoltre, a supporto di un suo interesse verso l’area oltremarina, si registra la sua elezione a capitano a Zara, il 15 maggio 1435.
La città, tenacemente riottosa al dominio veneziano, rappresentava un settore nevralgico per i traffici lungo il litorale dalmatico, da poco e solo in parte tornato sotto il controllo della Repubblica; donde l’azione di Priuli volta a contrastare i ricorrenti umori filoungheresi della nobiltà locale. Al termine del mandato, il 10 agosto 1436 fu eletto consigliere ducale per il sestiere di Castello, carica alla quale fu confermato il 3 gennaio 1438, ma solo fino al 30 settembre di quell’anno, poiché l’indomani entrò a far parte del Consiglio dei dieci.
A parte qualche assenza da Venezia, mai troppo prolungata, dopo il rettorato a Zara Giovanni Priuli rifiutò ogni altro incarico esterno; la sua carriera, infatti, si sarebbe svolta tutta nelle sale del Palazzo ducale, in quelle magistrature di governo che sentiva a lui congeniali e dove meglio poteva far valere la sua abilità politica negli anni che rappresentarono uno degli snodi decisivi per la storia di Venezia, allora impegnata nel lungo duello con Milano per il dominio della Lombardia.
Consigliere ducale nel 1439, il 28 agosto 1440 fu eletto podestà a Brescia, ma rifiutò di andarvi. La città era ancora al centro delle operazioni militari nella guerra contro Filippo Maria Visconti e l’anno prima aveva subito un lungo assedio a opera di Niccolò Piccinino; la mancata accettazione di Priuli dell’incarico destinatogli non mancò di provocare la reazione del Maggior Consiglio, che il successivo 11 novembre lo elesse a una nuova podestaria, stavolta quella padovana, che nel conflitto in corso fungeva da retrovia per i rifornimenti di uomini e mezzi destinati alle truppe; tuttavia Priuli rifiutò nuovamente la nomina, come dimostra l’elezione a podestà di Padova, avvenuta due giorni dopo, il 13 novembre 1440, di Ermolao Donà, che a sua volta avrebbe declinato l’incarico.
Le tiepide risposte di Priuli agli obblighi del servizio pubblico lontano dalla famiglia, e verosimilmente dagli affari, non ne pregiudicarono tuttavia il prestigio, non più di tanto almeno, poiché risulta a capo del Consiglio dei dieci nel 1442, allorché venne ballottato, pur senza riuscire eletto, procuratore di S. Marco de citra; la cosa si ripeté il 13 gennaio 1443 quando, essendosi portati a nove questi membri con la creazione della Procuratoria de supra, Priuli entrò nel novero dei tre nuovi eletti. Così Marino Sanudo (Le vite dei dogi, 1999, p. 371): tuttavia la notizia risulta inesatta, dal momento che egli sarebbe in realtà pervenuto all’alta carica solo dieci anni più tardi.
Nell’ottobre del 1444 fu eletto nel Consiglio dei dieci, ma rifiutò optando invece, qualche giorno dopo (25 ottobre), per la nomina a consigliere ducale; ciononostante qualche mese più tardi, nel febbraio del 1445, venne cooptato nella giunta dei dieci chiamata a giudicare Jacopo Foscari, figlio del doge.
Si apriva allora una grave crisi interna che vedeva protagonista il vertice della costituzione veneziana e che si sarebbe protratta per anni; donde una nuova elezione – stavolta accettata – di Giovanni Priuli a membro del Consiglio dei dieci (1° ottobre 1445), seguita da altra cooptazione nella giunta che il 28 novembre 1446 decise la commutazione dell’esilio inflitto al giovane Foscari dal lontano Peloponneso al più vicino Trevigiano.
Uscito di carica il 30 settembre 1446, il 29 gennaio 1447 Giovanni Priuli divenne ancora una volta consigliere ducale; seguirono anni di silenzio sul suo nome, ignorato dalle fonti sino al 7 gennaio 1454, allorché fu eletto procuratore di S. Marco de citra, primo della famiglia, a detta di Girolamo Alessandro Cappellari Vivaro, ad assumere tale onore. Ricoprì un’ultima carica, quella di savio del Consiglio – a conferma della considerazione che riscuoteva nel ristretto ambito della guida politica della Repubblica – dove fu eletto il 7 settembre dello stesso 1454. Aveva servito per molti anni in una delle fasi più dinamiche e cruciali della politica veneziana, di cui ora poteva contribuire a gestire un percorso meno concitato, quantomeno in Italia dopo la pace di Lodi (1454), mentre si apriva in Oriente uno scenario preoccupante, dal momento che Costantinopoli da un anno era divenuta la capitale dell’Impero ottomano.
Morì di lì a poco, a Venezia, il 28 dicembre 1456, lasciando quattro figli maschi e una femmina: Elisabetta, Marco, Zaccaria, Costantino e quel Francesco che sarebbe divenuto capitano generale da Mar.
Fu sepolto nel chiostro della chiesa di S. Andrea della Certosa, con un’epigrafe che ne esaltava l’onestà e la purezza dei costumi; reticente peraltro, sul valore dell’uomo, la stringata segnalazione della scomparsa riportata da Sanudo (Le vite dei dogi, cit., p. 526): «fo eletto Procurator di San Marcho, in luogo di sier Zuane d’i Priuli morite».
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VI, pp. 237, 248; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3784: G. Priuli, Arbore della nobilissima famiglia Priuli…, pp. 73-75; Segretario alle voci, Misti, reg. 4, cc. 20v, 57v, 91v, 92v, 96v-97r, 103r-v, 105v, 113v-114v, 118r, 131v, 148v; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. It., cl. VII, cod. 17 (= 8306): G.A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, c. 243r; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, p. 70 (epigrafe del suo sepolcro), IV, Venezia 1834, p, 630; K. Nehlsen-von Stryk, L’assicurazione marittima a Venezia nel XV secolo, Roma 1988, p. 540; M. Sanudo, Le vite dei dogi. 1423-1474, a cura di A. Caracciolo Aricò, I, Venezia 1999, pp. 50, 120, 371, 406, 421, 526, 593.
G. Gullino, La saga dei Foscari. Storia di un enigma, Sommacampagna 2005, p. 113; J.-Ch. Rössler, I palazzi veneziani. Storia, architettura, restauri. Il Trecento e il Quattrocento, Venezia 2010, p. 54.