Prati, Giovanni
, Poeta e patriota (Campomaggiore, Trento, 1814 - Roma 1884).
Il suo interesse per l'opera di D. fu più di carattere patriottico che letterario, in senso stretto, in quanto ben poco della sua vasta produzione poetica può farsi derivare dall'insegnamento dell'Alighieri, anche se qualche reminiscenza dantesca può cogliersi nella sua produzione (ad es. nell'Edmenegarda). Infatti i legami con D. vanno individuati nella lettera che il P. indirizzò ad A. de Lamartine, il quale, in un articolo apparso su Le Siècle del 10 dicembre 1856, aveva affermato che il poema dantesco era oscuro, troppo toscano, triviale, nebbioso, un immenso frammento di opera in un piccolo numero di pezzi. Contro questi giudizi insorsero fra gli altri il Guerrazzi e il Prati. Quest'ultimo pubblicò una lettera sulla " Rivista contemporanea " di Torino (VIII [1856] 621-623), riprodotta anche da altri giornali e riviste del tempo, quale, la " Rivista Europea " (15 gennaio 1857).
Nella lettera il P. afferma fra l'altro che pur nella miseria e nell'umiliazione del loro stato gl'Italiani avevano la gloria di possedere un libro, quello di D., scritto con il coraggio e la fede, l'amore e l'ira, a documento di popoli, principi e pontefici, a vergogna dei deboli, a tormento dei vili, a castigo dei traditori, a vendetta dei giusti, a esaltazione di ogni civile e religioso eroismo. Nel poema dantesco - egli dice - si notano vasta unità della mente, profondo genio dell'anima, terribile autorità della parola, racconto e dramma, tragedia e inno, satira ed epopea; composto per tutte le età e per tutti i posteri, è stato consegnato come testamento all'Italia. Continua, quindi, riaffermando il valore dell'opera dantesca e conclude che " chi scrive è poeta anch'egli ed infelice, diversamente da voi, ma gli par quasi lieta ed invidiabile la sua miseria, quando ha tra le mani il libro di Dante e pensa che egli e i suoi fratelli d'infortunio ebbero quel grand'uomo per concittadino, ed hanno quella grande opera come un segno di ciò che è stata l'Italia e di ciò che ancora può essere se il cimitero dei vivi si leva un giorno per stringervi la mano e dirvi che ha perdonato ".
Con uguale animo scrisse una lettera da Trento il 28 gennaio 1865 per annunziare le onoranze che il Trentino irredento si apprestava a tributare al divino poeta nel centenario della nascita (v. A. Fiammazzo, Lettere di Dantisti, in " Giorn. d. " IV [1895] 72; poi Città di Castello 1901).
Bibl. - G. Cenzatti, Alfonso de Lamartine e l'Italia, Livorno 1902; C. Giordano, G.P. e la difesa di D., in " Biblioteca delle Scuole Italiane " XI (1906) 191-192 (poi in G.P., studio biografico con documenti e un'Appendice di cose inedite e rare, Torino 1907); G. Moro, in " Archivio Trentino " XXI (1906) 133 ss. Per notizie di carattere più generale, v. A. Vallone, G.P., in AA.VV., I minori, IV, Milano 1962 (con bibl.).