PLATTI, Giovanni
Compositore, tenore e virtuoso di varî strumenti (oboe, violino, cembalo e forse anche violoncello), di famiglia probabilmente bergamasca, nacque intorno al 1690, se non prima, e morì a Würzburg nel 1762. È, insieme con D. Scarlatti, il più grande cembalista italiano del '700. La sua vita è ancora scarsa di dati e di documenti, ma è chiaro che egli appartiene, su per giù, alla stessa generazione che produsse J. S. Bach, G. F. Händel, D. Scarlatti, N. Porpora, F. M. Veracini, A. Locatelli, A. Vivaldi e T. Muffat. Ma di costoro è il più moderno, insieme con Locatelli e Vivaldi. Prima del 1722, egli è di già in Germania, a Magonza, insieme con la moglie Teresa: non sappiamo ancora se italiana oppure, come altri vorrebbe, nativa di Magonza e cantatrice presso quella corte. Il Principe elettore era zio del principe-vescovo di Würzburg, J. Ph. F. von Schönborn, il quale si recò a visitarlo, con tutta la sua corte, nel 1722 e nel 1724. Perciò, è probabile che il principe-vescovo abbia conosciuto il P. a Magonza, nel 1722. A ogni modo, Teresa P. entra al suo servizio in quest'anno e nel 1724 anche il marito comincia ad essere stipendiato a Würzburg, quale musico di camera. Temporaneamente licenziato - e se ne ignora il motivo - è riammesso, subito dopo, il 18 luglio 1725, con emolumenti eccezionali, ammontanti a più del doppio di quelli del maestro di cappella: fatto che comprova la sua abilità e rinomanza ed esclude un'età troppo giovanile. È riconfermato con un decreto del 1732.
Il flautista J.J. Quantz, che nell'ottobre del 1723 fu a Würzburg, non menziona il P. tra "gli abili artisti" da lui trovati presso la corte del principe-vescovo, anzi nomina soltanto il direttore di orchestra Chelleri e il violinista Vogler. È dunque probabile che, in quell'anno, il P. fosse ancora a Magonza oppure di già a Würzburg, ma soltanto quale privato e che, perciò, non abbia avuto occasione di farsi udire dal flautista di Federico il Grande. Altri dati che si posseggono sulla sua vita concorrono a darci un'alta idea della fama da lui conseguita nella Germania meridionale. Così, nel 1732, ottiene un supplemento di 100 fiorini per la carica di maestro di canto o piuttosto di cantor e consegue il titolo di virtuoso di camera, mentre la sua attività (e probabilmente non soltanto quale maestro di canto) si estende alla vicina Bamberga. Tuttavia nel 1742, o prima, dedica la sua opera I di sonate per cembalo alla principessa di Öttingen, forse nella speranza di essere chiamato a servire alla corte di Maihingen.
Nel 1746, alla morte di Federico Carlo di Schönborn, la cappella vescovile attraversa una grave crisi, ma il P. vi resta addetto di sicuro sino al 1749, e, forse, anche più oltre. Tuttavia, nel 1756, il principe-vescovo risolve d'inviare a Venezia due cantatrici della corte per studiarvi il canto: segno che, a quella data, il P. non era più in servizio, forse a cagione della tarda età. Altra riprova dell'alta fama da lui conseguita è data dal fatto che Johann Ulrich Haffner, "sonatore di liuto" ed editore di musica a Norimberga, inaugura la sua officina pubblicando l'una sull'altra quattro opere del Platti.
J. U. Haffner (morto nel 1767) fu certo il più importante editore musicale della Germania meridionale nel '700, e le sue edizioni, che oltrepassano in un venticinquennio il numero di centotrenta, si presentano come le più eleganti e nitide di tutte. L'opera I di sonate per cembalo sur le goût italien e l'op. II di sei [ma due] concerti per cembalo vendute in commissione presso Peter Conrad Monath a Norimberga e a Vienna e presso Johann Wendler a Lipsia, figurano negli elenchi delle musiche offerte alla fiera di Pasqua lipsiense del 1743 mentre l'opera III di sonate per flauto appare soltanto nei cataloghi della fiera omonima del 1750. Essa, è bene notarlo, viene sesta nell'ordine delle edizioni haffneriane e perciò dovrebbe essere apparsa lo stesso anno delle opere I e II, ossia prima del 1743. A ogni modo, è accertato che le opere I e II, e probabilmente anche la III, non possono essere state pubblicate più tardi del marzo 1743, mentre è possibile siano state messe in commercio - almeno a Norimberga - qualche anno prima, se si pensi che l'op. II di Ph. E. Bach, edita pure da J. U. Haffner, passa per essere stata pubblicata nel 1742 (secondo A. Wotquenne che segue, in questo, lo Stockhausen) e che essa porta il numero quindici nella serie delle edizioni, mentre l'opera I del P. porta il numero due. Nel 1771 il P. è ancora menzionato, e precisamente dallo Stockhausen, tra i "buoni autori", mentre lo stile era ormai quello della sentimentalità mozartiana. L'opera I e l'opera II comprendono dodici sonate in più tempi - tre o quattro - tutte di eccezionale valore artistico e alquanto diverse di stile: talune più arcaiche ed architettoniche, altre più affettuose ed impressionistiche, mentre, qua e là tempi arditissimi precorrono costruttività, stilemi e accenti della fine del secolo. Perciò, è necessario ammettere che l'op. I e l'op. II rappresentino un'antologia della produzione plattiana nel periodo che corre da una data incerta, ma anteriore al 1724, a un'altra anteriore al 1743 e, ad ogni modo, non troppo posteriore al 1736: in quanto che il basso albertino, che comincia a diffondersi in quest'anno in Germania, per opera di F. A. Maichelbeck, e che presto diverrà popolare, non vi si fa notare mentre apparirà in alcune sonate rimaste manoscritte, le quali, perché ricopiate da C. Graupner, che divenne cieco nel 1750, non possono essere posteriori a questa data. Nulla di più naturale che il P., partito dall'Italia forse anche prima del 1722, abbia conosciuto il basso albertino soltanto attraverso il Maichelbeck e i cembalisti tedeschi. Il divario di stile che si osserva tra queste sonate manoscritte e le altre pubblicate da J.U. Haffner è grande e ci conferma che almeno alcune composizioni per cembalo risalgono ai primissimi decennî del secolo e probabilmente alla prima giovinezza italiana dell'autore. Ma su questo periodo non abbiamo sinora la più piccola informazione.
Rimangono inoltre del P. cinque concerti per cembalo in manoscritto, un concerto per violino sul gusto di Mauro [d'Alai], una sonata per due oboi e basso e inoltre nella biblioteca del conte di Schönborn venti sonate a tre, quattro Ricercate (sic) per violino e violoncello, ventidue concerti a violoncello obbligato, 12 concerti a 3, in parte identici ai precedenti, un concerto per oboe, una sonata a violino e basso, 12 sonate per violoncello e basso, datate dal 1725.
Sono anche da menzionare le sue composizioni vocali, ossia due messe, una Serenata del 1729, due cantate, un'Arianna, un'azione sacra, Sedecia, e due oratorî: S. Elena al Calvario, del 1732, e Franconia cristiana; finalmente un Miserere: il quale conferma, col suo stile caldo e severo e con la profonda bellezza della musica - particolarmente delle arie - che il P. è un compositore di primo piano, di alta ispirazione e di tecnica sicura. La freschezza di sentimento e la ricchezza espressiva del suo stile, circoscritto entro le date qui rigorosamente delimitate, lo qualificano nettamente quale uno dei fondatori dello stile preromantico, impressionistico e drammatico della Sonata. Egli è inoltre il principale propagatore di questo stile nella Germania: la quale era già preparata ad accoglierlo, dopo la larga diffusione del concerto nuovo alla Vivaldi. Il P. deve essere dunque considerato creatore della Sonata drammatica moderna ed inspiratore dello stesso Ph. E. Bach.
Bibl.: F. Torrefranca, La creazione della Sonata drammatica moderna rivendicata all'Italia, in Rivista musicale italiana, 1910-11; id., La Sonata italiana per clavicembalo nella prima metà del Settecento ed i concerti di G. P., in Report of the fourth Congress of the International Musical Society, Londra 1912; O. Kaul, Geschichte der Würzbürger Hofcapelle, Würzburg 1928; F. Torrefranca, Le origini italiane del romanticismo musicale, Torino 1930, pp. 72-103, 436-58, 535-37 e passim.